LA NUOVA SF15-T SPIEGATA PEZZO PER PEZZO

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La SF15-T è la 61° monoposto costruita dalla Ferrari per partecipare al Campionato del Mondo di Formula 1. E’ la seconda monoposto realizzata dalla Ferrari dalla reintroduzione dei motori turbo (unità ibride V6 turbo di 1600cc che si servono di due motori elettrici di supporto). Il primo anno con il nuovo regolamento tecnico si è rivelato estremamente difficile per la Scuderia e quanto appreso nella scorsa stagione è stato efficacemente applicato sulla SF15-T per creare una monoposto che, a tutti gli effetti, risulta essere un sostanziale passo avanti rispetto alla F14T

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Analizziamo nel dettaglio i Dati Tecnici della SF15-T:

Telaio in materiale composito a nido d’ape con fibra di carbonio:                             Il telaio di una monoposto di F1 è l’elemento strutturale più complesso da realizzare per cui richiedendo più tempo viene subito commissionata la sua progettazione e costruzione. Esso è costruito interamente in materiale composito, cioè un materiale composto da un’anima a nido d’ape in alluminio ricoperta ai due lati da più strati di fibra di carbonio impregnati di resina epossidica che conferisce una notevole durezza al composito una volta essiccata con un procedimento ad alta temperatura e pressione. Per semplificare la produzione,il telaio è realizzato in più parti denominate pannelli,essenzialmente due pannelli trasversali,uno frontale attraverso cui passano le gambe del pilota e l’altro posteriore appena dietro il sedile che contribuisce ad una migliore rigidezza torsionale,più due gusci,uno inferiore l’altro superiore su cui viene poi montata una struttura di protezione al ribaltamento (rollbar). Tutte le parti una volta ultimate vengono collegate mediante speciali adesivi.

Cambio longitudinale Ferrari:

La scatola del cambio è ancora in carbonio e risulta essere posizionata longitudinalmente rispetto alla vettura. Questa soluzione è adottata in quanto, essendo il motore montato all’interno del passo (distanza tra l’asse di una ruota anteriore e l’asse della posteriore posta sullo stesso lato) e posizionato in senso longitudinale (parallelo al senso di marcia della monoposto), per una gestione ottimale dei pesi la soluzione migliore è proprio quella del cambio longitudinale.

Differenziale autobloccante a controllo idraulico:

Il compito del differenziale è quello di consentire, allorché il veicolo affronta una curva o quando procede su fondi sconnessi, diversi regimi di rotazione delle ruote motrici. Durante una curva è chiaro che la ruota esterna compie un percorso molto maggiore rispetto a quella interna, inoltre la ruota interna alla curva incontra una maggiore resistenza al moto. Durante la marcia in rettilineo, a causa delle irregolarità del fondo stradale, è comunque importante il compito del differenziale in quanto anche tali irregolarità causano differenti velocità di rotazione delle ruote. Si ricorre al differenziale autobloccante quando è richiesta un’importante precisione del veicolo e di guida. La peculiarità dei differenziali autobloccanti è quella di poter avere tarature di bloccaggio differenti per la fase di accelerazione e per quella di rilascio. Ad esempio, quando una ruota perde aderenza e slitta o va a vuoto a causa di un tratto di strada che offre un basso coefficiente di aderenza, essa non riesce a trasmettere al suolo una forza di trazione sufficiente a muovere il veicolo. Grazie al dispositivo di bloccaggio essa viene opportunamente frenata per permettere al differenziale di trasmettere più coppia motrice alla ruota che dispone del corretto grip. Inoltre grazie al controllo idraulico, il bloccaggio non avviene secondo una percentuale predeterminata, ma secondo una modalità progressiva che può arrivare al limite del 100% di bloccaggio. Il bloccaggio parziale o totale del differenziale avviene pertanto tramite particolari attuatori elettroidraulici controllati da una centralina elettronica. Quest’ultima, sulla base delle informazioni ricevute da appositi sensori posti sul motore, sul cambio, sullo sterzo e sui freni, decide quando, e quanto, bloccare il differenziale. Questa soluzione permette di ottenere e garantire una maggiore motricità in fase di accelerazione, nonché una elevata precisione, stabilità e maneggevolezza in ingresso curva. Ed è proprio all’ingresso delle curve più tecniche che il differenziale viene completamente bloccato conferendo al retrotreno la massima stabilità. Nel momento in cui poi si alleggerisce la pressione sul pedale del freno e si gira lo sterzo, il differenziale si apre gradualmente per limitare il sottosterzo e facilitare l’inserimento in curva. Quindi si riblocca parzialmente in modo da stabilizzare l’assetto. Infine, dal punto di corda, ossia dal punto in cui si ricomincia ad aprire il gas, il differenziale si riapre tutto e si mantiene pronto a chiudersi nuovamente qualora la ruota interna iniziasse a pattinare sull’asfalto.

Comando semiautomatico sequenziale a controllo elettronico con cambiata veloce:

Con il comando semiautomatico sequenziale è il pilota che comanda l’inserimento delle marce, in sequenza, semplicemente agendo su due pulsanti o due levette (una per salire di rapporto e l’altra per scalare le marce). Il controllo elettronico consiste nella presenza di una centralina elettronica che per mezzo di opportuni attuatori (dispositivi capaci di trasformare un segnale di input, tipicamente elettrico, in movimento) provvede ai movimenti di frizione. Tale centralina provvede ad eseguire il processo di stacco della frizione, il passaggio di rapporto di trasmissione ed il successivo riattacco della frizione. Durante questa operazione viene comunicato alla centralina di controllo del motore di ignorare la richiesta di coppia motrice proveniente dal pedale dell’acceleratore per lasciar scendere il regime di giri negli incrementi di marcia oppure per accelerare il motore nelle scalate di rapporto. Inoltre, grazie all’introduzione del cambio ad innesti continui, che rappresenta un’ evoluzione del cambio semiautomatico di base, si è riusciti ad ottenere un cambio istantaneo della marcia: appena si preme la leva dietro il volante la marcia viene innestata, senza che ci sia il tempo di transito da una marcia all’altra, quindi si ha sempre la motricità anche durante la cambiata. Il tutto è permesso grazie a un nuovo sistema i selettori, che richiedono due forchette di selezione, anziché una, ma in compenso non richiede l’uso del sincronizzatore.

Numero di marce 8 + Rm:

L’obbligo di 8 rapporti da utilizzare per tutta la durata della stagione dopo la prima gara e l’esperienza fatta lo scorso anno ha permesso di scegliere attentamente questi rapporti per il miglior impiego nell’arco di tutto il campionato.

Freni a disco autoventilanti in carbonio Brembo (ant. e post.) e sistema di controllo elettronico sui freni posteriori:
I freni a disco costituiscono la parte dell’impianto frenante a disco che ruota assieme alla ruota e risulta molto importante sia per quanto riguarda la potenza frenante sia per quanto riguarda la guidabilità e l’utilizzo del mezzo. I freni a disco autoventilati (Figura sotto), sono costituiti da due dischi con una sola faccia di contatto uniti tra loro in modo da lasciare comunque un passaggio per l’aria al loro interno durante il normale funzionamento, in modo da dissipare una maggiore quantità di calore. Il materiale utilizzato è il carbonio in quanto, il suo coefficiente d’attrito aumenta al crescere della temperatura, ossia frena meglio quando è caldo (al contrario dell’acciaio). Risulta quindi ovvio il vantaggio in termini di prestazione rispetto all’acciaio. La frenata avviene infatti per “fusione” delle pastiglie al disco i cui pezzi di giunzione vengono letteralmente strappati durante la frenata. Sono realizzati dalla Brembo, azienda italiana riconosciuta come leader mondiale nella produzione di impianti frenanti per veicoli. La vera innovazione nell’impianto frenante è comunque avvenuta l’anno scorso con l’introduzione di un sistema di controllo elettronico sui freni posteriori (Brake by wire), confermato ovviamente nella nuova SF15-T, un elemento che aiuterà i piloti nella modulazione della frenata nei momenti in cui il MGU-K (Motor Generator Unit – Kinetic) entrerà in fase di ricarica. Il MGU-K nelle fasi della frenata disturba i piloti nelle staccate in quanto, recuperando energia dall’albero motore, aggiunge una forza frenante alla monoposto, modificando e variando quindi la frenata che il pilota vuole imprimere. Con questo nuovo sistema, durante ogni evento di frenata una centralina di controllo tiene conto di quale sia l’esigenza del pilota di intervenire sul pedale del freno e del livello di energia recuperata, richiesto dalla MGU-K per ricaricare la batteria dove l’energia stessa viene immagazzinata (questo parametro può essere cambiato dal pilota tramite le apposite impostazioni sul volante). Poi la centralina di controllo dell’energia riduce la quantità di pressione che viene inviata ai freni posteriori. Tutto avviene sulla base della forza frenante richiesta dal pilota e della quantità di energia che viene raccolta nella stessa fase dalla MGU-K.

Disco Freno

Peso con acqua, olio e pilota …702 kg:

Il regolamento prevede un aumento di 11 kg del peso minimo della vettura rispetto alla monoposto 2014. La SF15-T sfrutta questo maggiore peso con alcune caratteristiche aggiuntive in termini di performance nascoste sotto la carrozzeria, mantenendo però un efficiente livello di zavorra per regolare al meglio il baricentro della monoposto.

Ruote OZ (anteriori e posteriori) 13″:

Piccoli i cambiamenti sugli pneumatici 2015 rispetto alla scorsa stagione. Una nuova costruzione al posteriore, provata da tutte le squadre al termine dello scorso anno, garantisce un miglior grip, soprattutto in fase combinata di percorrenza curva e trazione. La gamma di mescole per la stagione e la scelta per ogni circuito sarà molto simile al 2014. Tuttavia, il livello di prestazioni della SF15-T sarà molto più elevato rispetto alla F14-T, permettendo di sfruttare tutta la performance di cui dispone la gomma.

Per quanto riguarda il motore ed il sistema ERS (Energy Recovery System) non ci sono stati grossi cambiamenti rispetto alla monoposto F14-T
Motore
• Cilindrata: 1 600 cm³
• Giri massimi: 15 000 giri/min
• Sovralimentazione: turbo singolo
• Portata benzina: massimo 100 kg/hr max
• Quantità benzina: 100 kg
• Num. cilindri e disposizione: V6 a 90°
• Potenza: 650 CV + 160 del sistema ERS
• Alesaggio: 80 mm
• Corsa: 53 mm
• Valvole: 4 per cilindro
• Iniezione: 500 bar – diretta
• Unità motore consentite durante l’anno: 5

Sistema ERS
• Energia batteria (a giro) 4 MJ
• Potenza MGU-K: 120 kW
• Giri max MGU-K: 50 000 giri/min
• Giri max MGU-H: 125 000 giri/min

Vediamo a tal proposito che cosa si intende con il termine Power Unit, spiegando nel dettaglio le sue varie componenti.

Questo termine indica l’insieme delle seguenti componenti:

il motore endotermico V6 1600 cm³;

il sistema ERS composto da: MGU-K, MGU-H, batterie ed elettronica di controllo (ECU);

il turbo;

il cambio.

I motori turbo, chiamati anche propulsori sovralimentati, sono caratterizzati dall’ immissione nei cilindri di una massa di aria e combustibile superiore a quella che il motore sarebbe in grado di aspirare naturalmente. Il turbocompressore non è altro che un compressore centrifugo, trascinato per mezzo di un alberino da una turbina centripeta che è mossa a sua volta dal flusso dei gas di scarico che la investono; le due giranti sono simili, soltanto che hanno i flussi di entrata ed uscita invertiti.
Più veloce gira la turbina e meno fatica essa fa a pompare ulteriormente l’aria in quanto la portata d’aria lavorata cresce con il quadrato della velocità di rotazione. Questo particolare va a determinare:

– una lentezza di risposta iniziale che è chiamata in gergo tecnico “turbolag“. A regimi di rotazione bassi la spinta dei gas di scarico non è sufficiente a far girare velocemente le pale della turbina, la pressione di alimentazione del motore non supera quella atmosferica;

escalation di potenza, in quanto, insistendo con la richiesta di potenza, il flusso e la temperatura dei gas prodotti dalla combustione aumentano ed appena questi sono sufficienti a fornire una sovrapressione s’innesca una reazione a catena che porta ad una vera e propria esplosione di potenza che viene limitata dall’apertura della valvola Wastegate.

Com’è fatto un turbo-compressore

Analizzato nelle sue varie parti è composto da:

1- una prima ventola mossa dai gas di scarico racchiusa in un corpo, detto chiocciola, normalmente in ghisa ed avente la forma di una spirale (la turbina);
2- un corpo centrale destinato a supportare i cuscinetti e la lubrificazione dell’asse che unisce le due ventole;
3- una seconda ventola destinata a succhiare ed a comprimere l’aria racchiusa in un corpo di alluminio con la forma sempre a spirale detta girante del compressore; è questa la più importante delle due perché il diametro, l’inclinazione e l’altezza delle pale, il regime di rotazione messi in rapporto fra loro danno il campo operativo entro il quale dovrà svolgere la propria funzione l’intera turbina, nonché il suo rendimento.

La valvola Wastegate
Si tratta di un dispositivo che, comandato dalla pressione esistente nel lato aspirazione, produce l’apertura di una valvola prima della turbina e lascia fuoriuscire nello scarico parte dei gas combusti che altrimenti porterebbero la turbina a girare ad una velocità eccessiva pompando quindi troppa aria ed aumentando così esageratamente la pressione; ciò evita l’autodistruzione del motore.
L’azionamento di questa valvola può essere meccanico, pneumatico o elettronico (gestito da una centralina) e normalmente è prevista una certa regolazione della Wastegate in modo da ottimizzarne il funzionamento.
Può essere collocata a ridosso della chiocciola o piazzata sul collettore di scarico per indirizzare una porzione dei gas combusti direttamente a valle del turbocompressore senza attraversarlo.

L’intercooler
Svolge la funzione di raffreddare l’aria di alimentazione del motore, infatti più aumenta la temperatura dell’aria più essa si espande e diventa meno densa e quindi a parità di pressione pompiamo meno aria nel motore; il rendimento dello stesso cala ed aumenta immediatamente quello che è il maggior pericolo di un motore turbo: l’autoaccensione.
Per svolgere bene il suo compito l’intercooler ha bisogno di un grande flusso d’aria che lo attraversi e pertanto sia davanti che dietro nulla deve impedire il libero fluire dell’aria ed è anche chiaro che maggiori saranno le dimensioni della superficie dissipante maggiore sarà la potenza a parità di pressione.

I motori elettrici che compongono la Power Unit

Il regolamento tecnico, oltre alla MGU-K (vecchio Kers)prevede l’utilizzo di un secondo motore elettrico (MGU-H) collegato direttamente al turbo. Nell’acronimo la H sta per heat (calore) in quanto recupera i gas di scarico. L’attivazione di questo secondo motore è bidirezionale in quanto può essere il turbo che fa girare il motore ma vale anche il viceversa. In poche parole, questo secondo motore elettrico, verrà utilizzato per eliminare o ridurre l’effetto che abbiamo analizzato sopra chiamato turbo lag. A regimi di rotazione bassi (es. uscita da una curva lenta) la spinta dei gas di scarico non sarebbe sufficiente a far girare velocemente le pale della turbina e quindi viene sfruttato il secondo motore elettrico per far girare l’alberino incrementando la pressione di alimentazione del motore. E’ molto importante capire che la potenza recuperata dalla MGU-H non va a sommarsi a quella dell’ERS in quanto questo secondo motore elettrico non è collegato alla trasmissione. La potenza in surplus, sotto forma di energia elettrica, la può inviare direttamente alle batterie, che avranno una capacità di 4MJ, o all’albero motore elettrico, che però, non può erogare, per regolamento, più di 164 Cv. Il sistema ERS potrà essere utilizzato per 33,3 s e svilupperà, come ricordato sopra, una potenza di 164 Cv . I motori termici erogheranno, da soli, una potenza di circa 600 Cv. Quando non sarà in funzione il sistema ERS la potenza complessiva della Power Unit non sarà data esclusivamente dal motore termico (600 Cv) in quanto, come ho cercato di spiegare in alto, l’energia elettrica prodotta dal turbo può essere mandata direttamente al motore MGU-K senza passare dalla batteria. Sicuramente le potenze che si raggiungeranno non saranno paragonabili ai 164 Cv dell’ERS ma non saranno per niente trascurabili.

In fondo potrete vedere un video riguardante il funzionamento di un motore turbo e del dispositivo elettronico ERS della monoposto dello scorso anno ma comunque identici, a livello di funzionamento, a quelli della SF15-T.

Confronto tra F14-T e SF15-T

Per finire vediamo i cambiamenti maggiori che si possono osservare nella nuova monoposto. Oltre ai già discussi cambiamenti riguardanti il peso della vettura e i piccoli miglioramenti sugli pneumatici, è possibile osservare degli sviluppi nel telaio, nel retrotreno, nell’integrazione telaio-motore, nel sistema di frenata Brake by Wire ed in fine nella frizione

Telaio più basso davanti

Visivamente la differenza più evidente tra la SF15-T e la monoposto che l’ha preceduta è l’abbassamento della parte anteriore, in conformità ai cambiamenti regolamentari per la stagione 2015. Dopo diverse stagioni caratterizzate da un’estetica piuttosto sgradevole, nel 2015 il regolamento permette di avere sulla SF15-T un musetto dalla forma più attraente, che garantisce anche eccellenti prestazioni aerodinamiche. Ad eccezione del muso, i regolamenti 2015 sono rimasti sostanzialmente invariati. Questo ha permesso alla squadra di avere una solida base su cui progettare un telaio molto più competitivo rispetto allo scorso anno.

Retrotreno compatto

Un veloce sguardo alla zona posteriore della monoposto rivela subito un retrotreno molto più compatto, che permette di generare un maggiore carico aerodinamico dalle superfici critiche che contraddistinguono questa zona. La famiglia di alettoni posteriori è stata profondamente riprogettata per garantire una maggiore stabilità nelle prestazioni nella percorrenza delle curve, oltre a un maggiore effetto DRS (Drag Reduction System) lungo i rettilinei. (DRS: è un flap regolabile posto sull’ala posteriore che se aperto consente di ridurre la deportanza, aumentando significativamente la velocità e, di conseguenza, le possibilità di sorpasso sull’auto che precede. Quando è chiuso garantisce una maggiore aderenza, utile nelle curve medio-lente). I condotti dei freni anteriori e posteriori sono stati rimodellati al fine di garantire un maggiore raffreddamento di pinze e dischi freno, oltre a generare un maggiore carico aerodinamico rispetto agli stessi elementi della stagione 2014.

Integrazione telaio-motore

Come nel 2014, l’attuale regolamento pone un forte accento sull’elevato livello di integrazione tra Power Unit e telaio. Integrazione non equivale semplicemente alla giusta collocazione della miriade di componenti all’interno della vettura, ma si esplica con una Power Unit e un telaio progettati specificatamente affinché la vettura abbia le migliori prestazioni possibili. Specifici obiettivi progettuali scelti con grande attenzione fanno sì che la SF15-T possa vantare un livello di raffreddamento ottimale, a garanzia di migliori livelli di downforce e potenza. Oltre all’attento studio del flusso d’aria interno, la SF15-T ha una migliore configurazione dei radiatori, che garantisce diversi decimi di secondo al giro rispetto allo scorso anno.

Frenata Brake By Wire

Il BBW è stato notevolmente migliorato nel corso della stagione 2014 e sulla SF15-T questo aspetto è stato ottimizzato ulteriormente per una risposta in frenata che garantisca al pilota maggiore sensibilità nelle staccate al limite.

Frizione

La frizione, tradizionalmente uno dei punti di forza della Scuderia, è stata ulteriormente migliorata con una serie di precise modifiche per consentire alla SF15-T una buona performance in fase di partenza.

A cura di Giuseppe Leone

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