Oga Magoga | Intervista Indie Italia Mag

Vengono da Siena, si vestono di nero e vogliono rappresentare il buio dentro il quale ci si può specchiare e amare. Sono gli Oga Magoga, band attiva da 2013, anno in cui esce il loro primo album omonimo, autoprodotto e interamente registrato da Simone Angeli, con l’aggiunta di una sezione di fiata.

La band si è poi ampliata, fino ad arrivare all’attuale formazione composta da Simone Angeli, Anton Sconosciuto, Wally Neri e Duccio Nencioni. La band si ispira a diversi periodi musicali, dagli anni ’60 al Britpop inglese, fino ad arrivare al più contemporaneo indie italiano e internazionale.

Nel novembre 2016 esce il loro primo EP, “E di fronte buio” e nel 2017 escono “Shambala” e “Phalena”, che raccontano rispettivamente la fine del rapporto amoroso di Glauco, protagonista dell’Ep “E di fuori buio” e la forza di “uscire” di nuovo del protagonista, afflitto da attacchi di panico.

La band ha pubblicato quest’anno l’album “Apollineo / Dionisiaco” e prossimamente uscirà anche un docu-film, realizzato dal videomaker Pietro Lorenzini.

INTERVISTANDO GLI OGA MAGOGA

Ciao ragazzi. Come avete scelto il vostro nome, Oga Magoga?

Ho scelto questo nome quando ancora non eravamo una band. In seguito ad un periodo piuttosto difficile per me, ho cominciato a ridare colore alla mia vita, a ciò che mi circondava. In quel filtro che stava tra me e le cose, il mondo circostante, ho imparato a sguazzarci e a muovermici, e pian piano è diventato per me un luogo caro.

Dovevo soltanto dargli un nome: Oga Magoga in varie culture significa “mondo del sogno”, in quella ebraica sta a intendere mondi sconosciuti oltre le montagne, questo voleva dire per me riuscire a scavalcare quelle montagne e a ridare, in quel mondo del sogno che stava “oltre”, quel colore che la quotidianità ti fa perdere.

Nelle mie canzoni parlo di momenti, parlo dei colori di quei momenti, il nome alla band che sarebbe stata l’avevo trovato. E poi è un nome difficile da dimenticare, una volta imparatolo certo.

Il vostro EP “E di fronte buio” racconta la storia di Glauco, che viene messo di fronte a diversi dubbi e interrogativi. Mi raccontate la storia di questo vostro progetto? Chi è Glauco per voi?

Dopo un album, il primo “Oga Magoga” del 2013, una manciata di singoli, e una demo di 7 pezzi, è stata la volta di “e di fronte Buio” e l’inizio della storia di Glauco. Glauco è il personaggio che ci serviva, di cui parliamo per parlare di noi. La proiezione di noi stessi, come a guardarci in terza persona, mentre ci raccontiamo.

In “e di fronte Buio” 2016, Glauco si chiede cosa sia l’amore, e il come possa fare per tornare ad amarsi. Tutto è incentrato sulla figura del Buio, un buio teatrale, se si intende la propria vita come un teatrino delle giornate che viviamo. In quel Buio l’uomo spera esserci la persona amata e dovrà lottare per mettere se stesso là fuori, a guardarsi con occhio esterno e amarsi.

Per realizzare il vostro ultimo lavoro, “Apollineo / Dionisiaco”, avete arruolato musicisti in giro per l’Appennino Tosco-Romagnolo. “Tutti possono diventare ed essere Oga Magoga”. Cosa vuol dire questo per voi?

Nel 2017 facciamo uscire in maniera del tutto autoprodotta i primi 2 capitoli della saga di Glauco, “Shambala” e “Phalena”, rispettivamente la partenza da se stesso e la chiusura nel mondo interiore del nostro alter ego. “Apollineo/Dionisiaco” è quindi l’uscita da questo mondo di paure che Glauco vive e la nostra personalissima uscita nel mondo musicale, con un album firmato Millesseidischi, casa editrice A Buzz Supreme.

Per realizzare l’album volevamo uscire anche fisicamente dai nostri confini e dalla nostra confort zone e siamo andati con il nostro furgone in giro per l’Appennino Tosco-Romagnolo in cerca di musicisti da inserire nell’album. Siamo partiti con una manciata di tracce chitarra e batteria e siamo tornati con un’orchestra.

Trovare gente, suonarci insieme, influenzarci a vicenda, era questo il nostro modo di unire il lato apollineo e il lato dionisiaco, per uscire da una concezione sterile di noi stessi, per affrontare le paure e riuscire a viverci in terza persona, difatti abbiamo documentato il tutto giorno per giorno in dei videodiari grazie all’aiuto del nostro amico e videomaker Pietro Lorenzini.

Prossimamente uscirà un docu-film sul vostro ultimo lavoro realizzato da Pietro Lorenzini. Com’è stato avere qualcuno che vi seguisse in quello che facevate h24?

Come dicevamo, la nostra esperienza, durata 10 giorni lungo l’Appennino, è stata documentata giorno per giorno, ed è per questo che insieme a Pietro (il videomaker) abbiamo pensato di trarne un docufilm. È stato bello per noi essere ripresi h24, soprattutto perché ci ha permesso di stringere un rapporto ancora più intimo con i nostri fan, e di far vedere sia il serio che il faceto.

Parliamo delle vostre influenze. Vi piacciono i Beatles e i Beach Boys, ma anche i Temples e Mac De Marco. Un “miscuglio” di influenze, da voi definite BEATpastiche!Che significato ha per voi questo termine e da dove arriva?

Si, chiaramente ha un significato per noi. Come band prendiamo e peschiamo da ogni contenitore musicale il più possibile, per arricchirci e per arricchire le nostre composizioni. Come compositore mi sento di dire che le mie radici affondano nel BEAT anni ’60 e nella prima psichedelia, ma non escludo il primo punk dei ’70 e le ondate alternative, indie e britpop degli anni ’90.

Dopodiché dal 2000 in poi è stato un susseguirsi di ondate improvvise di generi e band che riprendavano, modernizzavano, sperimentavano, e non mi stancherò mai di cercare continuamente cose nuove da ascoltare. Insieme ad Anton, il batterista della band, cerchiamo ormai da anni di sorprenderci a vicenda con scoperte musicali nuove che cerchiamo poi in sala prove di fare nostre, in un lavoro costante di crescita.

Abbiamo quindi creato questo termine BEATpastiche! per definire quello che da anni è il nostro genere musicale. Il pastiche da dizionario è una tecnica compositiva che fonde insieme sottocodici, registri, lingue e stili diversi.

Quali gruppi e cantanti, del passato e del presente, vi hanno influenzato?

Non possiamo non citare i Beatles tra i nostri ascolti più frequenti, i Beach Boys, i Kinks, i Velvet Underground, ma anche Television, Richard Hell, Pixies, Pavement, Oasis, Blur e Pulp. I più recenti Mac de Marco, Lemon Twigs, Bane’s World. Dobbiamo dire però che noi cantiamo in italiano, e allora non si può non nominare tutta la scena italiana, dai classici Battisti, Gaetano, ai recenti dell’indie attuale, da Bugo a Calcutta.

Il primo singolo estratto da “Apollineo / Dionisiaco” è stato “l’odore della notte”. Di questo brano è uscito anche un video. Mi raccontate un po’ la storia di questa canzone?

“L’odore Della Notte” è la prima canzone dell’album. Glauco vaga per la notte, tra i suoi problemi di insonnia e i suoi pensieri, si chiede cosa gli riserverà il futuro, di quale persone potrà fidarsi, e se varrà più la pena perdersi in uno sguardo fugace che lo porterà fuori dalla realtà, oppure immergersi nel quotidiano. Apollineo o dionisiaco?

Com’è cambiato, secondo voi, il vostro modo di suonare e di porvi nei confronti della musica dal vostro primo album al vostro ultimo lavoro?

Più che di approccio o modi di suonare differenti si può parlare di cambi di line-up dal 2013 a ora. Inizialmente ero soltanto io a suonare tutti gli strumenti, tranne una piccola sezione fiati, composta da clarinetto e tromba, poi siamo arrivati fino a 7 membri. Di questo primo nucleo nel 2015 siamo rimasti soltanto io e Anton. Siamo passati a una formazione a 4 elementi con l’inserimento di Valerio al basso e Niccolò alla chitarra. Dopo Niccolò alla chitarra è arrivato Duccio, ed eccoci qua.

In “Apollineo / Dionisiaco” ci sono in intro e un outro, ma anche un Apollineo Theme e un Dionisiaco Theme. Che significato attribuite a questi quattro pezzi strumentali?

Ogni nostro album ha dei brani strumentali che utilizziamo per spiegare anche senza parole le emozioni che stanno nelle storie che vogliamo raccontare. In “Apollineo/Dionisiaco” l’Intro simboleggia l’uscita di Glauco dal proprio mondo interiore, una sorta di ritorno alla realtà, l’Outro, che non è altro che lo stesso crescendo di strumenti ma in reverse, serve a chiudere il cerchio di questa ring composition, come se il processo di unione dei lati apollineo e dionisiaco dovesse essere ripetuto infinite volte per poter andar avanti.

I due temi al pianoforte aprono i 2 lati dell’album, e mescolano le carte. Il lato Apollineo ha come tema le linee musicali di Penelope, che è sull’altro lato, il lato Dionisiaco ha come tema le linee di Euridice, questa invece sul primo lato. Come a dire che l’apollineo non può esistere senza il dionisiaco e viceversa.

Progetti per il futuro? Vi vedremo in tour questa primavera – estate?

Progetti per il futuro? Suonare il più possibile e cercare di far sentire a più gente possibile le nostre canzoni, per poter continuare a fare sempre più musica. Abbiamo già delle date sia per questa primavera che per quest’estate e ne annunceremo presto delle altre. Che dire, ci vediamo In giro!

Simone degli Oga Magoga

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