Achille Lauro: Recensione di 1969 | Indie Italia Mag

Di Nicolò Granone

È arrivata l’apocalisse nella musica italiana. Achille Lauro ha pubblicato il suo nuovo Cd, sicuramente qualcosa nel suo modo di cantare ed esporsi davanti al pubblico è cambiato.

Possiamo definirlo ancora un rapper o è nata una nuova rockstar?

Sanremo era solo un bluff e nel disco torneranno le sonorità samba trap di “Pour L’amour”?

Scopriamolo insieme entrando dentro questa nuova rivoluzione chiamata 1969.

ROLLS ROYCE

La canzone preferita da Valerio Staffelli. L’inno al consumo d’ecstasy. La vita Spericolata 2.0.

Ecco probabilmente solo una di queste tre affermazioni è vera. Ma è anche il carpe diem esaltato al massimo e portato alla sua follia, in un’epoca capitalistica dove l’idea di avere belle macchine, come una Rolls Royce, o del vestirsi bene, con abiti Michael Kors, è diventata ormai espressione e simbolo di felicità.

Ma Achille non si accontenta, vuole spingersi al massimo citando Hendrix, Elvis, Gascoigne icone di una vita sregolata. Una vita così con inevitabilmente una fine così. Inoltre la sua esibizione sul Palco dell’Ariston, sdraiato sul pianoforte rimarrà nella storia del Festival, così come aver pronunciato in prima serata su Rai 1 la frase non è amore è un sexy shop, oh Dio!

I vecchietti abituati al dialetto di Montalbano e alla simpatia di Amadeus saranno ancora confusi e sotto shock, ma in fondo non è follia è solo vivere e no non c’è niente da capire.

C’EST LA VIE

Il secondo singolo estratto dall’album è una dichiarazione d’amore in perfetto stile poeti maledetti, Baudelair e amici vari. I sentimenti sono qualcosa di estremamente irrazionale, istintivo e incosciente. Ci si potrebbe gettare in mezzo al fuoco e nulla potrebbe fermare lo sventurato, colpito dall’ardore verso una donna rappresentata nella sua versione tentatrice e demoniaca, Tu sei Lucifero vestita si con orli e perle.

Vi è una richiesta d’aiuto e pietà verso una persona che non ricambia lo stesso sentimento, ma continua a lasciare false speranza. Capisci so che puoi farlo, finiscimi. Aspetto la fine, tradiscimi, poi dimmi è finita, zittiscimi. Pero’ c’èst la vie, quindi ci prenderemo sempre le cotte sbagliate, per le persone sbagliate, al momento sbagliato.

CADILLAC

Rombo di motori annunciato dal titolo, anche se poi all’ascolto ne viene fuori un pezzo molto simile a Rolls Royce e meno potente. Positiva la confusione e la caciara del Rapapàpà, ignorante al punto giusto che rimanda allo stile di vita di Paura e delirio a Las Vegas, tra vestiti strani, camicie a pois e tanto rum e cola.

Se la polizia proverà a fermare questi pazzoidi della musica italiana, aprendo il bagagliaio di Achille Lauro e Boss Doms, troverà solo bottiglie d’acqua naturale, perché in fondo anche se hanno i tatuaggi in faccia sono diventati dei bravi ragazzi.

JE T’AIME feat Coez

Senza dubbio la canzone più pop dell’album, buona se fosse stata messa dentro È sempre bello, ma simile a tutto il mood dell’ultimo disco di Coez, mentre inserita in questo contesto più punkrock risulta essere una vera e propria chicca. Si vuole esaltare un idea di bellezza e potere, che non si limita al classico stile Trap fatto di mazzette di banconote, donne e feste sfrenate, ma aspira qualcosa di più epico e immortale.

Voglio una villa come il Colosseo, mulini rossi come al Moulin Rouge, più che una vita voglio un museo con le piramidi di vetro, il Louvre. Hollywood Boulevard, guarda giù la città, sta parlando di noi, io la sento da qua.
Ora che rivoluzione è iniziata chi la fermerà? Solo Achille Lauro, come le grandi star può diventare nemico di se stesso, ma sicuramente noi non glielo auguriamo.

ZUCCHERO

Se per qualche strano motivo volete evocare, attraverso un rito satanico, il signor Adelmo Fornaciari, l’inizio di questo brano potrebbe essere la vostra formula magica. Ave Maria, Nino D’angelo invece sembra più un’imprecazione urlata da un tifoso napoletano dopo che Insigne ha tirato un rigore sul Vesuvio.

Come avrete capito il testo è abbastanza criptico, ma la musica e le atmosfere create ci trasportano in un mondo Goth dove per entrare è consigliato indossare le maschere di Eyes Wide Shut.

1969

Ricompro la casa che ci hanno tolto, perchè non avevi soldi a ma’.

Achille dopo aver mosso i primi passi con “Scelgo le stelle” nel 2014, ora non solo ha conquistato la Luna, ma vuole conquistare l’intera galassia non dimenticandosi però come tutto è iniziato. La voglia di rivalsa è forte come l’affetto da bravo figliolo che ha per la mamma, che continua a preoccuparsi. Resto stasera ma poi lasciami stà, risponde lui, anche un po’ scocciato. Ovviamente è sottointeso il ti voglio bene, ma devo correre che sta per partire la prossima navicella.

ROMA feat Simon P

È una cinica dichiarazione d’amore per la città eterna, mischiata con il ricordo di una gioventù difficile.
Le nostre vite al margine tu non le immagini, il sangue riempie le mie pagine, la mia barcaccia, ho perso i miei fratelli in questa merda di città, poi mi dispero di felicità.

Roma non fa’ la stupida che stanotte muoio qui con te.Si racconta quel lato oscuro di Roma. L’apice si raggiunge sul finale quando Achille Lauro recita il suo testamento biblico, simile alla passione di Cristo: innalzato a morire su un colle, trafitto nel costato a Vigna, perito e intombato a Sempione, risorto da qualche parte lì, a Montesacro, pe’ i miei ragazzi, pe’ sempre.

Per aggiungere un pò di pepe invece la strofa voglio un armadio con sole Lacoste è un dissing o un omaggio verso un successo di Ketama e la 126 gang, collettivo romano che racconta la vita lungo il Tevere fatta di bire e amori fugaci?

SEXY UGLY

Ne esce fuori un collage nel quale si fondono citazioni pop, punk, rock e underground. Ci sono riferimenti al cinema, alla moda,alla musica e alla poesia che insieme ricordano le varie influenze che creano lo stile personalissimo del cantante e l’arte intera come rivoluzione.

Frammenti che si mescolano e incastrano in un pezzo che forse non vivrà per sempre, ma che sicuramente è Bohemien, è trendy.

DELINQUENTE

Figlio di un Dio, figlio di un bar. Non mi far litigare. A me viene subito in mente il buon vecchio Begbie, di Trainspotting evocato da questa atmosfera british. La canzone perfetta da ascoltare al pub prima di andare allo stadio con cattive intenzioni e pochi buoni propositi.
Lasciatemi stare, baby come on.

SCUSA

1969 si chiude quasi sottovoce e a denti stretti, con un pezzo che potremmo definirlo con il termine Conscious rap.
È la destinazione di un viaggio fatto insieme a star mondiali che abbiamo imparato a conoscere ed amare più per le imperfezioni che per il successo. Una vita vissuta sì al massimo, ma autodistruttiva, piena di insicurezze che cercano di nascondersi sotto i soldi e la fama.

Che si parli di noi, che si dica immortali. Muoio per amore ma l’amore è odiare. Imparare a farlo senza farsi male. Non so più di me.

Lunga vita ad Achille Lauro, ma soprattutto agli haters che forse non vogliono dargli la soddisfazione di riconoscerlo come nuova rockstar della musica italiana.

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