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Francesco Polidori | Intervista Indie Italia Mag

“Meteore” è il primo lavoro in studio di Francesco Polidori. Il cantautore romano di ventitrè anni nell’ambito del “Maionese Project” di “Matilde Dischi” ha pubblicato il suo primo singolo all’inizio di Aprile.

Francesco Polidori si approccia alla musica fin da piccolissimo e si dedica allo studio del pianoforte per oltre dieci anni conseguendo il diploma in solfeggio e teoria musicale a soli quattordici anni.

Impara anche a suonare la chitarra e a scrivere canzoni proprie. I primi brani di Francesco Polidori sono esclusivamente in lingua inglese. Solo in età più adulta abbandona il timore di confrontarsi con l’italiano e inizia a scrivere canzoni nella nostra lingua.

Nel frattempo Francesco continua un suo percorso parallelo alla musica iscrivendosi alla facoltà di psicologia, passaggio fondamentale per la sua definitiva maturazione anche come musicista. Per porre un freno alle sue paure, il giovane cantautore, muta l’idea della musica avuta fino a quel momento e inizia invece proprio a “sfruttare” lo strumento “musica” come strategia di “auto-psicoterapia“.

Mettendo sul piatto delle sue canzoni situazioni estremamente personali per renderle canale tramite il quale sfogarsi ed elaborare i propri dolori. Questo è il motivo per il quale crede fortemente che la parte fondamentale delle sue canzoni siano i testi. Le basi e gli arrangiamenti sono lo strumento tramite il quale veicolare al meglio i messaggi presenti nei suoi testi.

“Meteore” è un brano dalle spiccate sonorità pop con una componente elettronica molto presente. La linea vocale, fresca e leggera, sorregge un testo che parla di un viaggio.

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Viaggio che Francesco Polidori ha fatto con il padre quando era bambino proprio nell’isola greca di Meteora.

“Meteora è una località della Grecia in cui vi è una vasta pianura, squarciata da delle particolari montagne molto alte e strette, che danno una sensazione di ultraterreno, di un qualcosa venuta dal cielo e impattato nell’entroterra greco. Sulle cime di queste montagne dei monaci eremiti hanno costruito dei monasteri a strapiombo con un’idea ben precisa in mente: creare qualcosa che fisicamente stesse sospesa a metà tra il cielo e la terra, tra una linea orizzontale e una linea verticale, così come aspirano ad innalzare il proprio spirito”

Ed è esattamente questo il senso che si ritrova nel primo singolo di questo giovane cantautore della scuola romana: Un viaggio lontano dalle cose terrene tramite il quale ritrovare un contatto con la propria spiritualità che poco si coniuga alla frenesia della vita moderna.

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Il singolo “Meteore” di Francesco Polidori farà parte della Playlist Spotify di Matilde Dischi intitolata “Musica Randagia” e distribuita da “Artist First” nell’ambito del “Maionese Project”.

Ciao Francesco. Sei molto giovane. Quale è stato il tuo percorso musicale che ti ha portato fino a “Meteore”?

Ciao! Il mio percorso musicale è iniziato quando ero davvero piccolo, a 6 anni ho iniziato a studiare musica e a scrivere canzoni.

Scrivevo testi fino a poco tempo fa esclusivamente in inglese ma non riuscivo a sentirmi “a fuoco”, nella mia dimensione.

Circa un anno e mezzo fa, invece, quasi un po’ per gioco mi sono a scrivere il mio primo brano in italiano, e subito ho percepito una piccola svolta dentro di me. Ho ascoltato da sempre i grandi cantautori del passato e le loro poesie mi avevano costruito una sorta di blocco interiore, una paura a confrontarmi con la musica italiana.

Ma superata questa paura iniziale, mi sono sentito sempre più a mio agio con lo scrivere in italiano, ed ho iniziato ad arrangiare i brani in elettronico e a farli girare a varie etichette discografiche.

In mezzo a diverse proposte, è arrivata quella di Matilde Dischi (che era in cima alla mia lista, a dirla tutta), e con Davide Maggioni abbiamo deciso di lanciare “Meteore” con il progetto Maionese Project.

Tu studi Psicologia, una disciplina che, detta in termini semplicistici, si occupa delle persone e di ciò che hanno dentro. Quanto ciò che studi influenza il tuo modo di fare musica e scrivere testi?

Moltissimo. A pensarci bene, in effetti, la mia produzione in italiano è iniziata proprio insieme agli studi in Psicologia, non penso sia un caso.

Per me scrivere è fare una sorta di auto-psicoterapia: cerco di tirare fuori blocchi e dolori che mi porto dentro per osservarli in maniera oggettiva sotto forma di testo.

Tutto questo mi porta ovviamente a scrivere dei testi molto personali, legati alla mia storia e a determinati episodi con dettagli molto precisi, e pensavo che questo fosse più un elemento negativo che altro. Quando ho ricevuto i primi feedback sui brani, invece, e mi sono accorto che le persone riuscivano a sentirli e a farli propri, per me è stata una sorpresa immensa e mi sono convinto che forse potesse essere un valore aggiunto.

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Il sound del tuo brano sembra calarsi in pieno in quella che è la attuale proposta italiana. Chi sono i tuoi riferimenti ed ascolti in questo senso?

Ascolto davvero di tutto da sempre, e col tempo mi sono reso conto che ascoltare così tanta musica, per chi scrive canzoni, può avere sia dei pro che dei contro.

Sicuramente ci sono stati due album che hanno rappresentato un cambiamento dentro di me, e sono “Orizzonti Perduti” di Franco Battiato e “Aurora” de I Cani, mi hanno davvero regalato una prospettiva diversa e unica della scrittura, li ho sentiti in loop per mesi.

Ce ne sarebbero tanti altri importanti, penso anche a Fossati o a Bon Iver.

In un mercato che propone novità quasi quotidiane generando a volte un ascolto “usa e getta” cosa pensi possa avere la tua musica che possa lasciare un segno?

E’ una domanda e una paura che mi sono venute più volte.

Effettivamente ad oggi il panorama musicale è diventato enorme e la concorrenza sempre più spietata, è difficilissimo riuscire ad emergere. La cosa che posso dire è che per fortuna la musica segue da una parte le logiche consumistiche, ma risponde anche a delle esigenze interiori di ognuno, di chi ascolta e di chi suona. Per me innanzitutto la musica è un’esigenza, scrivo per tirare fuori quello che ho dentro in maniera molto intimistica e disinteressata, senza pensare a quanto possa andare o meno un brano. E’ ovvio che poi bisogna fare un lavoro di “vendibilità” sul pezzo, sempre senza snaturarlo.

La differenza, forse, sta appunto nel cercare di scrivere testi che mi appartengono sia per immagini che per linguaggio. La musica e l’arrangiamento a quel punto diventano un veicolo che si adattano ai tempi semplicemente per raggiungere più persone possibili.

Hai collaborato con qualcuno in particolare per l’arrangiamento e la registrazione di “meteore”?

Si, Meteore è il frutto di un lavoro di gruppo in cui ognuno ha messo un po’ di se’.

L’ho scritta come ogni canzone in acustico per pianoforte e voce, e con l’aiuto di un mio amico, Andrea Rufini, è stata poi arrangiata in elettronico. Con Andrea abbiamo lavorato su 3 singoli, ed è stato fondamentale sia negli arrangiamenti che nella struttura dei pezzi.

Le registrazioni e il mix della base, invece, sono state fatte da Matteo Andolina, che è stato una vera e propria guida.

Come dicevo, ognuno ha dato un contributo significativo.

Uscirà il video-clip di “Meteore”?

E’ ancora tutto in fase di lavoro, vediamo andando avanti come si metteranno le cose.

In ogni caso, mi piacerebbe lavorare su un acustico di “Meteore“, per mostrarne anche un altro lato.

Stai lavorando ad altri brani, magari un disco?

Con Matilde Dischi stiamo cercando di capire come muoverci adesso, siamo più indirizzati verso un EP che un album, ma si vedrà.

Probabilmente il prossimo singolo uscirà prima dell’estate, e posso dire che sarà parecchio diverso da “Meteore“.

Ascolta Francesco Polidori nella playlist Spotify di Indie Italia Mag

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