Le Larve

“Ho visto la Madonna” ed il rock maleducato de Le Larve | Intervista

Jacopo Castagna, in arte Le Larve, è un cantautore polistrumentista nonchè un doppiatore di fama nazionale, con una carriera nel mondo del doppiaggio iniziata alla tenera età di 9 anni.

La passione per la musica fin da piccolissimo accompagna Jacopo, che dapprima si dedica allo studio del pianoforte e della batteria, iniziando in un secondo momento a comporre e cantare i propri brani accompagnato dalla chitarra.

Nel 2016 Le Larve pubblica il suo primo disco “Non sono d’accordo”, presentato al teatro Quirinetta di Roma, per l’occasione sold out; inizia così ad esibirsi con frequenza, sia in solo che con la band al completo, facendosi notare non solo dagli appassionati, ma anche dagli addetti al settore, tanto da strappare un contratto con Universal/Polydor.
L’8 dicembre Le Larve ha pubblicato il suo nuovo singolo “Ho visto la Madonna”, come di consueto con un intento canzonatorio, ma senza alcun riferimento religioso. Abbiamo intervistato Jacopo per scoprire di più su di lui e sulla sua nuova canzone.

Intervistando Le Larve

Le Larve è un progetto fondamentalmente punk-rock nello spirito in un mondo generalmente chiamato indie; non pensi però che si stia ritornando, per molti aspetti (sia il suonato che la produzione degli album) ad un sound prettamente “chitarristico” in Italia? 

Alla fine ognuno fa come gli pare, c’è chi le chitarre le usava e ora non le usa più, c’è chi le ha sempre usate, chi magari le tira fuori al terzo disco; un pezzo dev’essere credibile indipendente dalle logiche di mercato. Questo è un pezzo con delle chitarre maleducate, zozze, e mi piace così.

In Ho visto la Madonna mi ha colpito la frase “Ho conosciuto un cantautore […] sono sette anni che suona nei pub, per adesso ha tredici fan” che è quasi un controsenso al giorno d’oggi, in cui la gavetta sembra essere sempre di meno un’esigenza. Come è cresciuta la tua passione per la musica legata alla tua carriera?

La gavetta è importante perché serve a fare pratica, ad approcciarsi col palco, a confrontarsi, e a vivere dei contesti, che per quanto a volte non siano davvero gratificanti, sono essenziali per plasmare la propria sensibilità artistica.

A me piace suonare dal vivo; ma è una cosa che soffro molto, ho molta ansia da prestazione prima dei live ma proprio questa mano al collo è quella che mi da una botta chimica pazzesca nel momento in cui prendo confidenza con il palco, e mi diverto, sto bene.

Certo è bello sapere che la tua musica gira, ma è tutto virtuale, ma la mia passione e ambizione e paura e motivo per cui lo faccio è il confronto con il pubblico, i concerti; è la gavetta, e non finisce mai, perché dal punto di arrivo puoi solo scendere.

Il brano ha un testo molto narrativo che dipinge perfettamente l’arco della serata ed è una cosa che mi ha molto colpito. Solitamente scrivi le canzoni di getto, raccontando in modo “semplice” oppure ti prendi più tempo per arrivare al prodotto finito?

La mia scrittura parte sempre da un raptus, una scintilla su cui poi lavoro, e a volte ho tutto in testa sin da subito mentre a volte serve più tempo.

Riallacciandomi alla domanda precedente, viste le tue doti da polistrumentista, scrivi in totale autonomia gli arrangiamenti dei brani oppure preferisci lasciare assoluta libertà ai musicisti che collaborano con te?

I pezzi li scrivo io, o con la chitarra o con il piano. Successivamente preproduco le tracce con Stefano Maura, il mio braccio destro e chitarrista del progetto; scriviamo gli obbligati, arrangiamo, lavoriamo sull’idea del suono; poi con gli altri ragazzi incidiamo e facciamo un nostro mix, che proponiamo all’etichetta; a volte ci mettono un po’ le mani come nel caso di lunedì, che aveva una struttura un po’ diversa in originale, a volte no, come con semplice o questo pezzo in cui non hanno toccato nulla se non il master nel caso di semplice.

Il tuo primo album “Non sono d’accordo” era composto da 12 brani, mentre di recente hai deciso di pubblicare più singoli senza che essi fossero legati ad un disco: cosa possiamo aspettarci dalle tue prossime uscite?

Non è un segreto che io un disco ce l’ho pronto da tempo, ma mi affido totalmente sul discorso delle uscite, perché non ho la presunzione di saper fare il lavoro di management meglio di chi lo fa di mestiere, dunque, certo è che le larve è un progetto che continuerà a esistere nel tempo perché ci sono già pronte diverse altre canzoni.

Una domanda che va in un certo senso fuori dall’ambito musicale – Oltre a portare avanti Le Larve, continui una carriera da doppiatore che hai iniziato fin da giovanissimo: cosa si prova di diverso sentendo la propria voce prestata ad una “terza persona”, rispetto a quando ascolti i tuoi stessi dischi? 

È sempre un compromesso, ciò che esce fuori e ciò che avevi in testa, io noto tutte le imperfezioni a volte le soffro parecchio, il mio primo disco non suona proprio come L avevo concepito; nel doppiaggio mi capita di rado di risentirmi perché non guardo molta tv, ma ogni tanto su netflix mi becco e mi viene da ridere, non so perché.

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