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Malinverni: Dentro la notte ritrovo la serenità | Intervista

“Malinverni è un cantautore che si ostina a fare musica che non funziona in un periodo storico in cui seguire le tendenze sarebbe anche cosa buona e giusta”

Dentro la notte, il nuovo singolo di Malinverni, è una riflessione su come la nostra generazione, sia stata gettata in pasto ad un contesto sociale totalmente fuori controllo. La sensazione di dover scappare da qualcosa è costante nei futuri trentenni, dal momento che il senso di inutile e di precario è diventato troppo opprimente. 

Se non hai gli anticorpi, se non sai stare al gioco, sei emarginato anche da te stesso.

Malinverni si sente un cantautore non solo perché scrive musica e testi delle sue canzoni, ma soprattutto perché i suoi brani nascono dall’esigenza di raccontare qualcosa e non sono canzoni uguali e fatte con lo stampino.

C’è una tendenza verso melodie che possano restare in testa accompagnate da versi assolutamente pessimisti e simpaticamente cinici. 

Non si definisce indie perché è nato negli anni 90 e quella parola per lui ha un significato preciso, distante da come viene inteso ora. Meglio indipendente, cioè con la totale libertà di essere artista.

E voi siete pronti a tuffarvi Dentro la notte ed uscire con un po’ di pessimismo cosmico, ma allo stesso tempo felici e senza voce?

INTERVISTANDO MALINVERNI

Perché hai scelto Malinverni come nome?

Malinverni perché, un paio di inverni  fa, me la sono passata “male”. Da questa “crasi”(ho fatto il classico, si vede da queste cazzate), è nato questo nome. Anche perché mi chiamo Matteo, e sciaguratamente ci sono persone col mio stesso nome che sono molto più sotto i riflettori di me. E fanno anche molti più danni. Da qui la scelta del nome d’arte.

La verità è che il tuo modo di fare musica mi ha molto affascinato. Qual è la tua ricetta?

La mia ricetta è spogliarmi di ogni sovrastruttura, scrivere ciò che mi fa paura. La paura fa appunto paura, anche a scriverla. Dopo anni passati a fare esercizio di scrittura, ho trovato una chiave per raccontare me e ciò che mi sta intorno senza sentirmi un coglione totale (dico un sacco di parolacce, pure nelle canzoni).

In generale cerco di trovare armonie efficaci, melodie che possono restare in testa. Il punto però è che se non ho un’idea di testo, uno spunto o una frase da cui partire, non scrivo niente e mi metto a fare altro. Se non ho urgenza di fare una canzone, non la faccio e basta. Non sono un mestierante.

La nostra generazione ha la rabbia giusta per emergere o ormai è sfiduciata?

La nostra generazione è fottutamente preoccupata dal fatto di dover “tirare a campare”. Questo ci impedisce di emergere perché la necessità di salvarci il culo è diventata più importante dell’urgenza di rompere gli schemi di un mondo vecchio che non ci può rappresentare più. Ci accontentiamo quindi di diventare ingranaggi di un meccanismo piuttosto che cercare di costruirne uno nuovo. Non è solo un fatto di mancanza di rabbia, c’è anche una componente storico/economica che decreta che comunque siamo stati sfigati.

Sta di fatto che in alcuni campi facciamo poco, la musica è uno di questi: molti ragazzi preferiscono che a dettar loro la linea siano discografici o addetti ai lavori che non ne azzeccano una da 20 anni. Cercare di compiacere è il sistema più facile.

Cambiare un sistema invece richiede fatica e sforzo collettivo.

Chi inseguiva una donna e ha cambiato città. Daresti priorità all’amore o al lavoro?

Credo che entrambi possano andare insieme. A volte è più avanti l’uno, a volte l’altro. Poi ti ci abitui. Poi la persona con cui vivi si abitua. Poi ci si abitua. Poi ci si lascia se ci si abitua troppo.

Che rapporto hai con la notte?

La notte è il momento della giornata in cui sono più tranquillo. È una specie di coperta che mi fa sentire al sicuro. Di giorno c’è troppa gente, il mondo è feroce, violento e insanamente competitivo. La società, qualche modo, se non hai la pelle dura, se non sei pronto abbastanza, ti fa a pezzi. Di notte ritrovo la serenità.

Cosa ne pensi degli artisti che cambiano stile per vendere più dischi?

Non li biasimo. C’è chi ha puntato tutto sul “vivere di musica”. Per questo deve fare spesso ciò che viene richiesto dal mercato. È una questione di mera sopravvivenza, specie per chi fa l’autore e deve vedere le proprie canzoni vivisezionate per passare il vaglio del produttore X o di un cantante che l’anno dopo si esibirà alla sagra del carciofo.

Senza voler sembrare un duro o un eroe, se devo rinunciare a me stesso preferisco andare a lavare le scale delle palazzine.

Accetto il compromesso economico, non quello musicale.

Stai lavorando ad un album?

Sto lavorando al mio ep. Posso anticipare il titolo dicendo che si chiamerà Musica che non funziona

D’altra parte in tempi di trap, a fare qualcosa che somigli al cantautorato devi essere giusto scemo.

Credo di esserlo abbastanza.

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