Si può dare di più | Indie Tales

Mara non aveva più voglia di vivere da ormai un po’ di tempo. Ogni giorno era uguale all’altro, ogni cibo aveva lo stesso sapore. Cercava l’adrenalina, si buttava in situazioni scomode solo per provare qualcosa, anche solo del disagio.

Rimpiangeva persino le sensazioni meno piacevoli, come l’imbarazzo o lo sconforto. Quelle che provava alle superiori.

Ivan se ne era andato senza dare spiegazioni e da quel momento tutta la sua vita era andata a rotoli. Aveva lasciato il lavoro, smesso di chiamare gli amici e anche di depilarsi.

Viveva in un oblio in cui era stato inevitabile entrare, come se fosse sempre stato lì ad aspettarla. Inutile resistergli. “Se vuoi stare male, dillo!” le urlava sua madre ogni volta che la vedeva così, avvolta dal piumone, immobile sul divano a fissare il vuoto.

Già vedeva i titoli di giornale: MARA, 29 ANNI, DECIDE DI MORIRE.

La madre dalle urla di solito poi passava alla terapia fai-da-te. “Perché non dormi un po’? Ti farà bene. Perché non parti per un weekend? Che so, in Toscana!” Per poi sfociare in ”Ma cosa ti manca? Dove ho sbagliato con te?”

Qualcosa in Mara voleva sopravvivere, però. Qualcosa di impercettibile, un piccolissimo foro alla parete del cuore che lasciava entrare uno spiraglio di luce pallida all’interno. O almeno a lei piaceva immaginarlo così. Forse – pensava – è quel piccolo buco a tenermi in vita, a farmi vedere un ponte solo come un ponte e un coltello solo come una posata.

Passavano le ore, i giorni e i mesi e quell’apatia cominciò a trasformarsi in noia. Cosa fare per sconfiggere la noia?

Un lunedì, mentre tutti erano a lavoro, Mara decise di andare al supermercato a piedi. Quel giorno aveva voglia di camminare, quindi allungò, passando davanti alla stazione. Non poté fare a meno di notare quanta gente fosse sdraiata per terra sui fogli di giornale, i vestiti tutti rotti, i visi sporchi e gonfi di alcol. Si immedesimò in quelle persone, per un attimo. Chissà chi sono i loro genitori. Chissà se hanno figli. Quanto hanno viaggiato per venire qui, in questa grande città. Si ricordò che da piccola suo padre le aveva detto che per loro è una scelta quella di vivere per strada. Non sono matti, semplicemente la vita gli ha fatto lo sgambetto talmente tante volte da scegliere di non alzarsi più, tanto sarebbero ripiombati a terra prima o poi.

Un suicidio sociale, un nuovo modo di vivere la vita. Forse hanno capito tutto, o forse non hanno capito niente. Forse io non ho capito niente.

Entrò nel supermercato sorridendo, e se ne accorse solo quando passò davanti allo specchio del frigorifero degli yogurt. Si stupì di quel gesto. Erano mesi che non sorrideva. Senza rendersene conto, poi. Pensò fosse giusto rendere quella giornata speciale: niente yogurt magro 1%. Prendo la crema di yogurt intero con la marmellata di fragole sopra. E dei cereali. Al cioccolato.

Quando uscì era spuntato il sole. Il secondo sorriso venne da sé e rimase sulla sua bocca fino a casa.

Altra botta di vita: quella sera accese la TV e notò con piacere che era iniziato il Festival di Sanremo. Siamo già a febbraio, pensò. Da bambina guardava sempre il Festival sulle ginocchia di suo papà. Amava commentare le canzoni in gara, fare pronostici, vedere sua madre adorante davanti agli abiti delle varie presentatrici. Erano giorni felici. Stava per scattare il terzo sorriso quando squillò il telefono.

Rispose senza neanche vedere chi fosse.

“Mara? Pronto, ci sei? Cazzo questo telefono di merda!”

Agitata, scurrile, ansiogena. Poteva essere solo una persona.

“Alex?”

“Mara! Oh, menomale. Scusa, questo telefono mi farà impazzire prima o poi”

“Vedo che il tuo rapporto con la tecnologia non è cambiato”

“No, sono cambiate tante cose, però. Mi piacerebbe parlartene. Parlarti. Magari davanti ad un caffè. Sai, è da quando…”

“Sì, lo so. E mi dispiace. È che mi sono un po’ chiusa in me stessa nell’ultimo periodo”

“Immagino. Lo sai, però, che io con mio fratello non c’entro niente. Ti giuro che lo avrei ammazzato. Così dal nulla poi, nessuno se lo sarebbe aspettato”

“Non devi dirmi niente. Se sono sparita è stato solo per salvarmi. Sarei morta, altrimenti”

“Mmmh. Prendiamoci un aperitivo, va’. Niente caffè. Che ne dici? Magari domani?”

“Certo”

“Ottimo. A domani, allora.”

“A domani. Oh, e… Alex?”

“Sì?”

“Ti voglio bene”

“Anch’io, lo sai”

Con Alex non erano state solo cognate. In lei aveva trovato una sorella, confidente, amica, compagna di avventure. Frequentava più lei che Ivan.

Rialzò il volume e mentre Arisa cantava pensò che a volte basta una piccolissima spinta per riprendere in mano la propria vita. Un piccolo sforzo per risvegliare quell’impavido eroe che vive dentro ognuno di noi. E che ama la vita.

Racconto liberamente ispirato al brano “Si può dare di più” di Gianni Morandi, Umberto Tozzi ed Enrico Ruggeri, vincitore del Festival di Sanremo nell’edizione del 1987.