fai rumore

Fai rumore | Indie Tales

“Le persone non vanno cambiate, Gio. Vanno capite.”

Bene e male sono concetti astratti e soggettivi e l’ho imparato a mie spese. Ci ho messo tanto tempo a capire di amare Iris. E capisci di amare quando il “male” di quella persona non è un male universale, ma una sua peculiarità a cui tu non sei disposto a rinunciare. È il male che diventa bene.

C’è stato un momento in cui non sopportavo il rumore dei suoi passi, il suo respiro, il suo accento siciliano. Non sopportavo il suo tono di voce, i suoi balletti. Pensavo davvero fosse tutto perduto, che non valesse più la pena lottare per tenere in piedi una relazione di cui non tolleravo più il rumore.

E invece c’è voluto il silenzio, quello vero, tra di noi. Mesi di silenzio assordante, di lunghe camminate per la mia città in cerca di pace interiore, ma niente.

Mi mancava troppo il suo rumore. Trovavo innaturale non parlarle, non discuterci, non sfiorarle i capelli al mattino. Quella di prenderci una pausa era stata una mia idea. Ricordo ancora l’incredulità nei suoi occhi, il suo andare avanti e indietro per la stanza gesticolando senza dire niente. In quel momento volevo solo scappare, correre via da quel rumore assordante, soffocante, letale.

Sono sempre scappato dalle cose. Quello sì che mi viene bene. Quello sì che mi rende irresistibile, ma anche inavvicinabile, temibile.

Cresciamo con l’idea che chi fugge vinca, ma non ci mostrano la clausola a pie’ di pagina in cui è spiegato chiaramente che fuggire puoi, certo, ma facendolo la vita ti ruba un pezzo che non ti ridarà mai più nessuno, neanche se torni sui tuoi passi.

Fuggi solo da te stesso. Il rumore è assordante solo per te, lo senti solo tu.

Chi viene abbandonato una ragione se la fa. O magari no, ma dopo tutto il dolore il cuore si riempie di nuovo. Chi se ne va porta con sé dei buchi incolmabili, un senso di colpa latente. E poi di solito succede che incontri qualcuno di nuovo e ti chiedi cos’abbia questa persona più di quella da cui sei scappato anni fa. È come abortire a 16 anni e metter su famiglia a 30. Cos’ha questo bambino in più di quello che ho lasciato andare via quando ero piccola ed incosciente?

Ma torniamo ad Iris. Torniamo. Tornare si può. Sui propri passi, dalla persona che ami, che hai capito di amare. E se la persona in questione è la ragazza più rumorosa, pazza, imprevedibile e comprensiva che io conosca, allora hai qualche chance di essere perdonato e accolto nuovamente nel suo cuore, senza rancore.

Quel giorno pioveva a dirotto e io ero senza ombrello. Ero uscito a fare una delle mie solite passeggiate e un acquazzone mi colse totalmente impreparato. Ero totalmente impreparato. Alla vita, all’amore. Mi fermai su un ponte e guardai in alto, le braccia aperte. Rimasi qualche secondo fermo ad ascoltare il rumore della pioggia, le gocce che mi cadevano sul viso. Faceva quasi male. Un rumore bellissimo, incessante, che mise a tacere quello dei miei pensieri. Era quello il rumore che non riuscivo a sopportare. Quel caos che solo la mente può generare. Ecco perché non sopportavo quello di Iris. Ecco perché fuggivo sempre dai rumori altrui, ecco perché tendevo ad isolarmi. Quel giorno, su quel ponte, arrivai ad una grande verità: finché non ordinerai la tua testa, non sopporterai il disordine altrui. Finché non zittirai i tuoi pensieri, non sarai in grado di ascoltare quelli degli altri.

Cominciai a correre come mai prima. Sembrava la scena di un film. Ovviamente, non essendo allenato, la corsa durò circa un minuto e mezzo. Presi un autobus. Poi un altro. Camminai fino al suo portone, al portone rosso di Iris.

Non aprì, scese lei. Sentii il rumore dei tacchi sulle scale di pietra e per la prima volta fu una gioia per le mie orecchie. Quando me la ritrovai davanti, più bella che mai, le parole uscirono da sole: “Fai rumore, Iris. Non voglio più fare a meno di quel bellissimo rumore che fai.”


Racconto liberamente ispirato al brano FAI RUMORE di DIODATO, vincitore della settantesima edizione del Festival di Sanremo