Aelle

Aelle: “Gaia sono anch’io.” | Intervista

Quest’anno vanno di moda i girasoli e secondo Aelle il motivo è il seguente: sono più allegri delle rose e non fanno male.

Gaia oltre ad essere il brano con cui esordisce Aelle, nome d’arte di Alessandro Lauretti,  è la prima di tante storie  di persone comuni che il giovane cantautore si prepara a raccontare.

A fare da cornice alle avventure di questa ragazza misteriosa, ci sono elementi che arrivano dai generi più disparati: chittarre rock, melodie catchy del pop, synth anni 80′ e batterie elettroniche quasi trap, in una miscela fresca e originale.

INTERVISTANDO AELLE

Chi è Gaia?

Gaia non è una ragazza sola, è una sorta di collage, storie vere e storie immaginate di ragazze e ragazzi che conosco e altri che ho solo sfiorato con la fantasia. 

In Gaia c’è anche una parte di me. 

A quale cantante indie potrebbe assomigliare Gaia?

Mi ispira Frah Quintale: vibes positive, leggerezza, voglia di ballare. 

È una canzone spensierata, allegra, quasi estiva, ma non troppo. 

Hai qualcosa in comune con la protagonista del tuo primo singolo?

Io e lei abbiamo in comune tante cose: la voglia di star bene finalmente, di pensare poco al passato, di cantare e ballare, io che non ho mai ballato in vita mia. 

E poi i girasoli ovviamente. 

Cosa rappresentano i girasoli?

I girasoli rappresentano la possibilità di star bene, di essere felici a prescindere dagli altri. Durante tutto il brano contrappongo metaforicamente le rose e i girasoli: da un lato il simbolo dell’amore verso l’altro, il tipico regalo di San Valentino, la possibilità di restare feriti dalle spine. Dall’altro lato il simbolo di un traguardo, di una gratificazione personale, la gioia del giallo. 

In più c’è una canzone che ha cambiato il mio modo di vedere le cose e di agire, che si chiama appunto Sunflower (Vol. 6).

Insomma era destino. 

Anche tu ti sei dimenticato delle tue ex?

Non le ho cancellate perché ne ho bisogno e mi piace ricordare tutto, bello o brutto che sia. Ho solo imparato a guardarle da una prospettiva diversa, quasi distaccata, dall’alto. 

Aelle

Le cose belle possono anche far male?

Deve esserci una dose di dolore anche nelle cose belle. L’importante sono, appunto, le dosi. Oltre il 25% è tossico. 

Quali sono 3 cose che vorresti fare nel mondo della musica?

Mi piacerebbe vedere tanta gente cantare le mie canzoni davanti ad un palco.

Il sogno della vita sarebbe una collaborazione con Bruce Springsteen, l’uomo che mi ha cambiato la vita quando avevo 15 anni e che continua ancora ad insegnarmi tanto. 

Poi penso che chiunque faccia musica abbia il sogno di riempire San Siro. 

In Italia c’è un problema di genere tra uomini e donne?

Abbiamo un grosso problema di genere, basti pensare alla tassa sugli assorbenti o alle differenze di salario. O ancora a fenomeni fastidiosissimi come catcalling e violenze varie. Ed è uno dei motivi che mi ha spinto a pubblicare come singolo di lancio una canzone totalmente al femminile. Era tra le altre cose un modo per dire che non ho paura di mostrare il mio lato femminile, che non ho paura di declinare i verbi al femminile, anzi, ne sono orgoglioso. Non ho la presunzione di cambiare il mondo, ma sono argomenti che mi stanno molto a cuore e sentivo la necessità di tirarli fuori.

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