Carlettò Spanò

Carletto Spanò: “Tra Magna Grecia ed elettronica” | Intervista

Carlo “Carletto” Spanò, classe ’88, è un compositore, arrangiatore, autore e musicista che, ad un anno esatto dall’uscita dell’EP “Barletto”, ha pubblicato il 7 Agosto 2020 il suo nuovo singolo “Odissex”, che anticipa il l’omonimo album in uscita dopo l’estate.

Il brano rielabora in chiave metaforica il grande poema omerico, raccontandoci un Ulisse dei nostri tempi proiettato all’interno di “un’Odissea attuale”. L’approccio pop con sfumature soul/R&B dello scorso anno si evolve e strizza l’occhio al mondo dell’elettronica, sfociando in un pezzo fresco, aperto a nuove idee musicali, e con temi culturali importanti rivisti in chiave leggera.

Il brano è stato arrangiato, mixato e prodotto da Riccardo Sindona, con la collaborazione di Davide Aloi; per le riprese e il montaggio si è occupato il già conosciuto videomaker Raffaele Ricciardo.

Intervistando Carletto Spanò

Come mai proprio l’idea di un moderno Ulisse e delle sue vicende rapportate ai giorni nostri?

Credo che Ulisse ci rappresenti in qualche modo. Rappresenta i vizi, la curiosità e imperfezione di un uomo, in mezzo ad un mondo fatto di corrotti e bigotti. A volte riesce a cavarsela con ingegno, altre viene tratto in inganno, per via della libidine e della lussuria. Questo succede anche oggi; l’odissea umana (in questo caso Odissex) non avrà mai fine ed è anche una bella cosa, perché risalta il nostro lato più genuino e sincero: essere imperfetti.

In Odissex sento tantissimo funk dei 90s a la Jamiroquai, ma ascoltando altre tue produzioni si notano parecchie contaminazioni: se tu potessi scegliere un’epoca musicale del passato in cui esistere, quale sarebbe e perché?

Scelgo questa proprio perché sento che oggi è possibile rimescolare le carte musicali, scegliendo tematiche e sonorità anche diverse una rispetto all’altra, di epoche e stili differenti. Certo, non vi nascondo che avrei bevuto volentieri un paio di Jameson e fumato un pacchetto di sigarette senza filtro, seduto in uno dei locali sulla 44th di New York, verso fine anni Cinquanta, a sentire Bird e Miles dimenarsi a suon di bebop.

Come è nato il tuo amore per lo strumento?

La verità? Stavo ascoltando a 12 anni una cassetta (su un registratorino Bontempi) di Biagio Antonacci; un pezzo che si chiama “Adesso Dormi”, con assolo finale pazzesco! Da lì ho cominciato a fingere di suonare lo strumento di cui mi ero innamorato emulando le mosse di un chitarrista che sta facendo un solo, con una bandiera del Messina in stanza, ma mi vergognavo troppo ogni volta che vedevo mia madre entrare, osservandomi stranita, ed io non potevo sentirla perché avevo le cuffie. Allora decisi di imparare con una chitarra vera.

Quanto gli studi accademici e la distanza dalla tua città d’origine hanno influenzato la tua crescita compositiva?

Lo studio ti migliora, ti emancipa; ascolto in primis. Il tutto, poi, va sempre a braccetto con le conoscenze e le nuove collaborazioni che si fanno. L’importante è che teoria e pratica non si riducano a studio da camera! L’isolamento non aiuta, anzi spesso fa di un musicista un personaggio presuntuoso che spesso fatica a relazionarsi all’interno di questo mondo. Più aperti si è nell’assorbire nuove idee, più si stimola la propria creatività.

Domanda personale – ed intendo, più riguardante una mia curiosità… com’è stato collaborare con Darryl Jones (storico bassista di Miles Davis ma anche dei Rolling Stones, ndr)?

Darryl è stata l’esperienza più frenetica della mia vita musicale. Sapevo di dover accompagnare un mostro sacro della musica durante un suo seminario, e avevo studiato brani tosti, come “Tutu”, o “Jean Pierre”; pezzi dell’epoca elettrica di Miles. A diciannove anni realizzare che suonerai al fianco (anche solo per un paio d’ore) di un pilastro della musica non è semplice. La notte prima dormii a sprazzi, tra un misto di eccitazione e paura, ma quando mi ritrovai con lui sul palco, dopo un “Hi Caletttoo” e qualche dritta su come affrontare i brani, iniziai a sentire la magia…
Dopo il primo riff di basso ti senti invincibile, in una botte di ferro, in un groove e un mood in cui non esiste la parola “errore”, esiste solo interazione musicale; infatti partii coi miei di riff e soli, sicuro come non mai… e con una strana sobrietà nell’osare, nonostante fossi al fianco di Darryl Jones: il bassista di Miles!

Progetti futuri?

Progetti futuri? Ripartire a suonare dai club, tra Ferrara e Bologna, presentando gli inediti e l’EP Odissex in uscita questo autunno. Guardo avanti, ma non troppo, non mi piace programmare a lungo termine né a bande larghe. Il tempo a volte non ce lo concede e in qualche modo bisogna adattarsi anche a questo. Se fai il prepotente col tempo non ne esci al meglio. Anche lui ha bisogno del proprio tempo.

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