Gabriele Milani: Quanto ci manca andare a un concerto? | Intervista

“Mi manchi come un concerto”, non sono solamente cinque parole e ventidue lettere in nero scritte su un manifesto bianco in una Livorno che potrebbe essere sicuramente qualsiasi altro posto sulla faccia della terra.

“Mi manchi come un concerto” è un grido di un uomo come tanti che vorrebbe tornare a una vita che ha sempre dato per scontata, dove non avrebbe pensato di dover rinunciare ad andare ad un concerto per più di un anno.

Il mio ultimo concerto, e unico del 2020, è stato quello del 15 Febbraio a Genova degli Ex- Otago, e senza saperlo ero a cantare in mezzo a migliaia di persone che sapevano emozionarsi insieme a me,  perdendosi dentro musica e parole che ci sapevano arrivare al cuore.

Gabriele Milani, artista e fotografo, ha sentito l’esigenza di tirare fuori queste parole e lasciarle su quello che davanti agli occhi di un bambino poteva sembrare un foglio bianco, mentre per un creativo rappresentava uno spazio da riempire.

Dopo aver fatto questo gesto, senza nessuna voglia di autocelebrazione, se n’è andato via tornando a casa, e magari chissà ha anche accesso il computer per ascoltare qualche canzone prima di addormentarsi.

E poi cos’è successo? La foto è diventata virale, ripresa da star come Elisa, Laura Pausini, Vasco Rossi, Tiziano Ferro,  Emma, pubblicata sui social e ripresa dai media.

Tanti italiani si sono accorti di aver bisogno di passare una serata sotto a un palco, con la voglia di cantare anche inventandosi le parole, e così la cultura, ha svelato ancora una volta di essere stata ferita gravemente da questa pandemia, ricominciando a sanguinare.

INTERVISTANDO GABRIELE MILANI

Com’è nata la tua ultima opera “Mi manchi come un concerto”?

È nata dalla volontà di rappresentare materialmente il pensiero di molti.  Quella che per alcuni può essere solo una scritta su uno spazio per pubbliche affissioni sfitto ha dietro ragionamento e ricerca (anche nel tipo di grafia utilizzata). Da fotografo ho costruito un set, cercavo qualcosa che una volta fotografato da altri potesse trasmettere tutto quello che abbiamo provato in questo anno (la distanza, l’irrequietezza, la mancanza di certezza e di libertà nonché la privazione e la speranza) e che ponesse l’accento su un settore fortemente in crisi.

Lo hai fatto per lanciare un messaggio di speranza o più come forma di critica sociale?

Lo definirei un grido. E come tale richiama l’attenzione e fissa l’attimo nel momento stesso in cui è uscito. È al tempo stesso speranza e critica costruttiva in quanto tutti sappiamo cosa non abbiamo più, cosa vorremmo e cosa andrebbe fatto.

Ti aspettavi tutto questo riscontro mediatico?

Sinceramente? Quando fai un progetto speri sempre che questo venga condiviso ed apprezzato da un numero sempre maggiore di persone. Ma che venisse reso il manifesto di un grande disagio, condiviso da cantanti famosi come Elisa, Laura Pausini, Vasco Rossi, Tiziano Ferro, Giorgia, Emma, Enrico Ruggeri, Zen Circus, Saturnino etc, grazie alla foto di Francensco Luongo, ripreso da Radio e TV ed infine, una volta rimosso da Livorno, rilanciato per primo da Guarducci Edoardo per ATMO a Perugia e poi seguito dal Comune di Mondolfo-Marotta, Città di Castello, l’Umbria Jazz e alti Festival( e negli ultimi giorni in molti stanno sposando l’iniziativa), dimmi è immaginabile?

 

Che appello vorresti fare alle istituzione per dare voce a chi lavora nel mondo dell’arte, comparto ampiamente penalizzato dalla pandemia?

Non sta a me trovare una soluzione o fare da portavoce. Esistono persone più preparate di me sull’argomento.

Questo stop forzato ha portato alla luce tante criticità in diversi settori della nostra società e come farebbe un buon padre di famiglia, dopo uno studio accurato, si dovrebbe passare a delle soluzioni. Ci tengo a sottolineare che il mio non è un inno al via libera incondizionato ed alla riapertura immediata delle attività artistiche e specializzate, ma piuttosto un porre l’attenzione alla tutela di tutti quegli operatori che ruotano intorno alle arti e che di quello vivono.

Cosa funziona e cosa non va bene nel vivere la musica attraverso il filtro dello streaming?

Da fotografo/artista posso dirti che non ne sappia tantissimo nello specifico. So per certo che è in corso una ripartizione dei diritti e che al giorno d’oggi sia diventato quasi impossibile stare senza lo streaming. 

Quale è stato l’ultimo concerto che hai visto dal vivo?

I Siberia al The Cage di Livorno il 15 di Febbraio quando ancora sapevamo poco di Covid.

Quali sono le emozioni che provi di più ogni volta che ti ritrovi sotto a un palco?

Assoluta libertà, empatia ed uguaglianza. Non importa chi sei, da dove vieni, quanto guadagni etc etc.

In quelle ore di concerto mi sento uguale a tutte le persone intorno a me come un’unica entità con un unico scopo.

È giusto fare Sanremo senza pubblico o si poteva trovare qualche altra soluzione?

Sicuramente ci sarebbero state molte soluzioni, ma quale insegnamento vogliamo dare alle nuove generazioni? Questo è stato un anno infinitamente duro per troppe persone e credo che lasciare l’Ariston vuoto sia stata la scelta migliore, seppur la più dolorosa, per gli occhi di chi ha perso qualcuno o a quelli di chi, per la situazione, fatica ad arrivare alla fine del mese. 

Se potessi organizzare un mega festival a Livorno chi vorresti assolutamente nella tua line-up?

Stiamo sognando vero? Se si ti direi senza dubbio che in apertura ci mettiamo un po’ di brit pop degli Oasis( riunitisi appositamente per il grande festival IPP: Indie-Post-Pandemico di Livorno), ma poi a seguire Bianconi, Peter White, Ariete, Fask, Zen Circus, Mobrici, Gazzelle, Lodo Guenzi, Scarda, Kruger e ci aggiungerei anche Mengoni che ultimamente è sempre più Indie.

Ho talmente voglia di concerti e normalità che mi sono contenuto.

Per salutarci quali sono tre canzoni che inseriresti in una playlist indie a tema “Mancanza”?

Dritto al cuore  –  Fask

Calci e Pugni   –  Mengoni 

Sabato Sera    –  Peter White/Gemello