Dannywhite: Le canzoni servono a non sentirsi soli | Intervista

La musica non deve servire ai cantanti solo per raccontare se stessi e provare a sconfiggere attraverso l’arte i problemi personali che affrontano appena scendono giù dal palco, tornando a vivere una vita “normale”, ma a creare emozioni che si possono condividere.

Dannywhite con il nuovo singolo, “Sono solo canzoni,” uscito venerdì 19  febbraio, vuole sfogarsi descrivendo il periodo che tutti stiamo vivendo, ma condannando soprattutto quelli che pensano di saper tutto e di avere sempre una soluzione pronta.

Dannywhite mischia le rime rap con sonorità più indie, unendo l’astrattismo dei sentimenti con la concretezza di ogni giorno.

INTERVISTANDO DANNYWHITE

Chi è Dannywhite e perché ti chiami così?

Dannywhite è il ragazzo della porta accanto, ma ricordatevi di chiudere la porta a chiave ahaha.
Il mio nome d arte non ha un significato specifico, una sera a casa di un mio amico (Pineta cantante anche lui) buttavamo giù nomi a caso a me piaceva Danny a lui white non abbiamo litigato e gli abbiamo uniti.

Cos’è una canzone?

Una canzone per me è come uno specchio cerco di “scrivere immagini” semplici dove potersi specchiare e riconoscersi, aiuta a non sentirsi soli anche quando fisicamente magari lo si è.
Le canzoni non dovrebbero mai essere superflue dire lo “faccio per me è basta” non funziona, altrimenti bisognerebbe scrivere memorie e chiuderle nel cassetto, ho grande rispetto per chi ascolta e voglio smuovere qualcosa dentro di lui.

Hai imparato qualcosa dal 2020?

Il 2020 mi ha sconvolto, il sentirmi non libero mi ha fatto passare anche qualche mese di depressione che ho curato grazie alle persone che mi vogliono bene e il mio medico.

Ho capito veramente che nulla è scontato che anche il piccolo gesto di routine è importante bisogna essere riconoscenti, ho lavorato tanto sui rapporti o consolidato legami perché quando tutto ripartirà noi saremo sempre gli stessi ma più uniti di prima.

Citando Nanni Moretti: mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?  Il fatto che non ti vuoi togliere la giacca esprime un po’ la sensazione di sentirsi fuoriposto?

Io vengo e ti faccio pesare il mio disagio sono fatto così.

La giacca la tengo perché ho bisogno di tenere tutto sotto controllo, se devo scappare non lascio tracce, mi faccio notare ma sparisco senza lasciare segni.

Preferisci girare per i “Boulevard” con il sole o con il buio della notte?

La notte, le luci sono poesia una fonte di  ispirazione, tutto si muove più lentamente ed io posso “fotografare” immagini più nitide ed intime da riportare nella scrittura.
Quando scrivo mi isolo ricerco il silenzio più assoluto ed anche in pieno giorno mi sembra notte.

Se il cuore è un frigobar, l’amore che gusto ha?

Ho usato l’immagine del frigobar perché l amore può finire, ma fortunatamente possiamo ricaricare il cuore con un altra persona come si ricarica un frigobar quando si svuota.
Ha il gusto amaro delle bottigliette di vino che trovi in hotel.

È vero che chi fa trap spesso vuole atteggiarsi da “Criminale”?

Si, l’ho fatto anche io anni indietro è un processo di crescita ci sta, si cambia si cresce.
Non è un male assoluto anche perché tanti realmente parlano di ciò che vivono, usano la musica come sfogo ed io non sono nessuno per poter giudicare.
Poi esistono quelli che scimmiottano i veri per “farsi grandi” e quelli li digerisco poco.

 

Cosa ne pensi dei giudizi degli altri?

Sono fondamentali perché sto male quando sono brutti e sto bene quando sono belli, non sono uno di quelli che si fa scivolare tutto addosso non riesco.

Fortunatamente ho spesso dimostrazioni di affetto e pochissime critiche.

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