Leon Seti

Leon Seti: “Antidote è una bellissima fotografia in bianco e nero” | Intervista

Leon Seti nasce in Inghilterra dalla voce e tastiera di Leonardo Baldi, che durante gli anni di università comincia a scrivere e produrre musica elettronica. Nel 2019 Leon pubblica Cobalt, album d’esordio indipendente che raggiunge la prima posizione della classifica elettronica Itunes. Successivamente esce Hell, la cui premiere del video viene pubblicata da Billboard Italia, seguito da Japan, che in poco tempo supera i 50.000 ascolti digitali. Attualmente a Roma al lavoro sul secondo album, Seti combina elettronica pop con testi sperimentali e personali che hanno portato a paragoni della stampa con Bjork, Anohni e Pet Shop Boys. Tra le varie venues, Seti ha suonato a Londra all’O2 Academy Islington e allo Spice of Life. In Italia ha portato la sua musica in clubs come lo Spin Time Labs a Roma e il Cassero di Bologna.

Antidote è una ballata acustica scritta da Leon Seti e Francis (Francesco Zuppello). Scritta a distanza, durante la primavera, tra l’Italia e la Germania, dove Francis risiede, la canzone è composta solamente da voce e chitarra. Riflessione sull’apatia di una generazione intera, Leon Seti descrive la catena della normalità, che impedisce di vivere ascoltando i propri istinti e seguendo i propri desideri. L’immagine del lupo in gabbia, che si nasconde dietro le sbarre della routine, e del “morning coffee”, vuole essere una spinta a salire in macchina, lasciare tutto e partire. Ispirata nelle liriche a Fast Car di Tracy Chapman, che viene menzionata per nome alla fine della canzone, “with Tracy on the radio”, Antidote si propone di essere un antidoto alla depressione causata dal vivere di tutti i giorni, come una tenue alba dopo ore di buio.

INTERVISTANDO LEON SETI

“Antidote” va in controtendenza sonora rispetto alle tue precedenti produzioni: come hai composto il brano e da cosa è nata l’idea?

Antidote è nato semplicemente da una linea di chitarra di Francis che mi ha ispirato semplicemente a cantare, dopo 20 minuti il pezzo era già finito. Io mi reputo un artista abbastanza eclettico, quindi non mi faccio mai problemi sullo stile di cosa pubblicare, quello che sento nel momento è quello che esce. Le mie canzoni sono un po’ delle fotografie e questa era bellissima in bianco e nero.

La tua musica può essere difficilmente identificabile in un solo genere: quali sono le tue influenze e cosa ti ha portato ad iniziare a comporre e cantare?

Lo prendo come un grosso complimento. Io ho iniziato a cantare perchè era l’unico modo che avevo da adolescente di sfogarmi, di non pensare ai bulli e di fare finta di essere ascoltato, e lo facevo sempre di nascosto da solo in casa. Il fatto che potessi effettivamente cantare quello che avevo dentro e scrivere le mie canzoni è arrivato dopo, verso i sedici anni, quando, dopo aver ascoltato Born this way di Lady Gaga; mi sono sentito capace di decidere di dire quello che mi pareva. Mi ricordo sempre anche di un altro mio idolo, Madonna, che una volta espresse la sua noia rispetto a persone che fanno cover di altri, cosa su cui mi trovo tuttora molto d’accordo. A parte queste due icone pop, sono influenzato anche da musica folk celtica, dall’elettronica di Bjork, da Grimes, Banks e in generale da chiunque sapesse scrivere belle canzoni. Jeff Buckley e i Freddie Mercury, per esempio sono da sempre mie grandi fonti di ispirazione.

Ci sentiamo un po’ tutti ingabbiati in una routine spesso alienante: qual è per te la via d’uscita più concreta?

Riuscire a fare un piccolo passo verso il sogno o qualsiasi ambizione. Io penso che molte volte le persone si ingabbino da sole perchè spaventate dalla vista della montagna da scalare, ma imparare a prendere un piccolissimo scalino per volta è veramente liberante. E dopo un po’ ti rendi conto di aver già superato l’ostacolo più alto. Ho scritto un pezzo, tempo fa, che si chiama The Mountain, che in parte parla proprio di questo, per buttarsi basta fare un piccolissimo passo.

La normalità può essere un’arma a doppio taglio: a volte la desideriamo, altre vorremmo scappare via. Qual è il tuo desiderio più grande?

Il mio desiderio più grande è riuscire a fare arrivare la mia musica a chi ne può avere bisogno. Vorrei far sapere a quel ragazzino bullizzato che può ascoltare qualcosa che in ogni momento della sua vita potrà portarlo in un posto sicuro.

Hai sviluppato il tuo progetto principalmente all’estero: cosa ti ha più influenzato vivendo lontano dal tuo Paese?

Chi viaggia e vive all’estero ha sempre una prospettiva diversa rispetto a chi magari non si butta dal proprio nido. Io negli anni ho imparato ad ascoltare tutti, a fare amicizia con chiunque ed a non avere mai pregiudizi, e penso che questa cosa si rifletta nella mia musica. Le esperienze altrui mi hanno influenzato molto, ma soprattutto la consapevolezza che il mondo è meraviglioso.

Hai raggiunto nel 2019 la prima posizione nelle classifiche di Itunes con il tuo album d’esordio “Cobalt”: hai in progetto un altro album al momento? Quali sono i piani per l’immediato futuro?

C’è un album in lavorazione a Roma ed altri progetti, diciamo che mi tengo impegnato. Sono sempre a inventarmi cose da fare, visto che ormai questo è il futuro della mia generazione. Bring it on.

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