Alessandro Martire Wind of Gea

PH. Riccardo Ambrosio

Alessandro Martire e il suo “Wind of Gea” | Indie Talks

“Wind of Gea” è il nuovo album di Alessandro Martire, giovane pianista e compositore comense di fama internazionale.

Fondendo musica classica contemporanea e suggestioni della musica pop e crossover, Alessandro Martire è riuscito a crearsi una sua forte identità nel panorama musicale, sviluppando uno stile personalissimo sia a livello musicale che “visivo”.

Per Alessandro, infatti, la musica e le ambientazioni sono due mondi che si fondono e si influenzano vicendevolmente, tanto che la distanza nei suoi brani non la vediamo più. Vivono ed esistono solamente in commistione. Ricordiamo che il pianista è l’ideatore di format quali Floating Waves Concert, un vero e proprio concerto sull’acqua, e Ice Waves Concert, l’esibizione in alta quota sulle vette di Madesimo.

Wind of Gea” riconferma il tema del topos e ci porta in un viaggio indimenticabile tra natura, contesti urbani e piccole perle disperse in tutto il mondo.

L’album nasce, paradossalmente, dentro casa. Era il 2020 quando, durante il lockdown, Alessandro Martire sente soffiare il vento dalla finestra di casa sua, nel comasco. L’album nasce dentro le mura di casa, ma ci parla di un mondo e di esperienze che, due anni dopo, lo hanno portato alla creazione di questo nuovo progetto.

Dal Polo Nord a Formentera, da Venezia alle nuvole, in un mix continuo tra interiorità ed esteriorità, tra ciò che gli occhi hanno visto e ciò che il cuore ha provato, Alessandro Martire traccia un percorso che l’ascoltatore segue col fiato sospeso.

INTERVISTANDO ALESSANDRO MARTIRE

Alessandro, partiamo dalla fine: “Wind of Gea”, il vento del comasco che ti ha portato ad esplorare il mondo. In questo senso il titolo è molto azzeccato. Parlaci un po’ dell’origine dell’album

L’idea nasce da un momento complesso, che è la pandemia, in cui mi sono ritrovato a scrivere in un modo nuovo. Ero abituato a scrivere in giro per il mondo, mentre ho scritto questo disco invece ero dentro casa, col mio pianoforte. Ho sentito un forte bisogno interiore di sviluppare un progetto di riflessione che esaltasse la musica attraverso i luoghi, tant’è che “Wind of Gea” parla delle sensazioni che i vari posti richiamano.

PH. Riccardo Ambrosio

Nella tua opera natura e musica si fondono, come in una colonna sonora. Ascoltandoti mi è venuta in mente la citazione di un film che dice: “Ecco che cosa amo della musica: una delle scene più banali in un istante viene investita di tanto significato. Tutte quelle banalità, d’un tratto, si trasformano in perle”. A volte ci scordiamo di guardarci intorno e la musica ci sa raccontare la stessa cosa in un modo nuovo, sei d’accordo?

Credo che ogni persona abbia la sua colonna sonora, la sua musica. “Wind of Gea” può infatti essere reso personale, ciascun ascoltatore può crearsi la sua immagine in testa, può prenderla come ispirazione, riosservando le cose da un’altra angolazione.

Essendo un album sentimentale, è chiaro che la sua potenza è anche quella di permettere a ciascuno di crearsi una propria personale colonna sonora per ciascun luogo.

In “Wind of Gea” troviamo però anche un dualismo: casa-mondo esterno. Questo album nasce nel 2020 e molti pezzi li hai scritti perciò dentro le tue mura. Data questa connessione tra la tua musica e tutto ciò che c’è fuori, ci dici come l’hai vissuta? È stato utile anche il lockdown?

I primi mesi sono stati mesi complessi perché, essendo una cosa nuova, non riuscivo a comprendere, e, come per tutte le cose nuove, mi facevo mille domande, senza dare alla situazione un’accezione obbligatoriamente positiva o negativa. Con calma ho iniziato a dare forma a questo periodo, accettandone anche il cambiamento: i brani che ho scritto erano molto più riflessivi e sicuramente “Wind of Gea” è un album molto più profondo. Quello che spero che arrivi al pubblico è proprio la sua profondità infatti.

Il lavoro più impegnativo però è venuto dopo: non volevo fare un disco piano solo, non è quello che io sono, e abbiamo lavorato duramente per associare ciascun brano a quel vento che sentivo dentro.

Parlaci un po’ dei luoghi che hai scelto

Non c’è una regola fissa nella scelta del luogo, vado molto a sensazioni. Ad esempio, tutti i brani associati Polo nord nascono dai miei ricordi e dalle sensazioni che ho provato nel mondo del nord Europa. A Formentera mi sono innamorato dei due fari dell’isola e da lì mi sono ispirato. Volevo creare un “documentario”, tra immagini e musica, la scrittura si è mossa in questo senso.

Dato che la tua musica è itinerante, dove ti auguri che vada “Wind of Gea”?

Mi auguro che vada in tutti i posti in cui è stato ispirato l’album e l’augurio più grande è che ciascuno si crei il suo personale “vento del pianeta”, scoprendo il proprio luogo del cuore. Spero che questa musica vi accompagni e vi aiuti a scoprirlo.