PH: Riccardo Sanmartini

Nico Arezzo: “Le case sono fatte di persone” | Indie Talks

Condividere qualcosa non è un atto facile, ogni essere umano è geloso di ciò che possiede e in alcuni casi, non ha l’apertura mentale per  solidarizzare con gli altri. Certo, può capitare di restare chiusi, per proteggersi, rischiare di essere feriti può far male, ma la condivisione fortifica e non distrugge.

Nico Arezzo, nelle sue canzoni parla spesso di case e di stanze piene di persone che si amano, si conoscono arrivando persino ad abbandonarsi, e così un divano diventa l’ultima ancora di salvezza per sopravvivere al freddo e alla solitudine della notte.

Nella società fortemente individualistica in cui viviamo, scegliere di andare a vivere con dei coinquilini, può essere sia utile per il portafoglio, ma soprattutto un esperienza di vita per imparare a modellare i propri limiti, smussando la soglia di sopportazione verso comportamenti poco tollerabili.

Anche in una relazione, scegliere di dormire tutte le notti nello stesso letto, diventa uno step fondamentale per portare avanti il rapporto, peccato che in certi casi le coperte diventano così strette da soffocare.

PH: Paolo Gualdi

NICO AREZZO X INDIE TALKS

È più facile rispettare le regole di convivenza con dei coinquilino o con una persona con la quale si ha una relazione?

Ho sempre e solo convissuto con coinquilin* ma per qualche mese due di quest* stavano assieme. Non mi viene, quindi, difficile rispondere. Dipende da quanto si è bravi a seguire le regole. Se non avete mai lasciato un piatto in lavastoviglie per più di 2 giorni, allora probabilmente vivrete felicemente con chiunque. Io in questo gioco di anticipo, non ho mai avuto una lavastoviglie. Ma se siete come la maggior parte della gente, che a volte dimentica di fare la spesa o di portare fuori il cane o non dimostra entusiasmo nel vedere una serie “che non è che proprio vorrebbe vedere quella”, allora vivere con il proprio partner potrebbe essere una sfida. Dopotutto, non c’è nulla di peggio che avere una discussione seria sulla spesa per il caffè solo perché l’hai dimenticato per la quinta volta questa settimana. Ma, allo stesso tempo, vivere con i coinquilini può a volte essere difficile, soprattutto se si ha un bagno solo.

Chiudo. Rispettare le regole di convivenza, che sia coinquilin* o relazione, significa rispettare persone. Basterebbe, ogni tanto, giocare di anticipo.

Possiamo smentire una volta per tutte che i giovani siano troppo mammoni, ma che principalmente vivono in casa con i genitori per motivi economici?

I giovani si trovano a vivere con i loro genitori non (solo) per le carezze di una madre, ma per una situazione economica non troppo felice. Vero. Pensare c’entri la pigrizia, sbagliato.

La difficoltà nel trovare lavoro stabile, l’incertezza economica e la pressione sociale hanno reso più complesso per noi il pensiero di futuro. Questo non significa che i giovani non abbiano una testa. Vivo in un gruppo di amici che mi stimola costantemente e mi capita spesso di curiosare nei loro pensieri e uscirne invidioso, chiaramente in modo positivo. Io sono un giovane, amo le carezze di mia madre e queste, vivendo lontano, si posano solo con il caldo di ferragosto e con il freddo del cenone natalizio. Bisogna essere sereni, mettere tutto su un tavolo, scegliere con cura, e provare. Se non va, sticazzi. Se arrivi a pensare “sticazzi” hai vinto. E lo sta dicendo uno che ancora non vince. Ma anche se spesso perdo, sticazzi.

Tra te ed Emma Nolde, chi si è presentato alla porta dell’altro con uno “Spazzolino”? Com’è nata questa collaborazione?

Avevo “Spazzolino” tra i pensieri, avevo prima strofa e ritornello. Volevo un pezzo vero, mancava solo l’altro punto di vista. Tengo tantissimo ai miei pezzi, ne sono molto geloso, quindi il pensiero di condividerlo non era facile. Facile lo è diventato pensando che dall’altra parte della porta potesse esserci Emma, artista a mio parere incredibile e vera, amica di pensieri e di messaggi notturni sinceri. Le scrivo. Dopo poco mi manda la sua parte, mi commuovo.

Più che una collaborazione la immagino uno dei nostri messaggi notturni sinceri come sincero è ciò che sta dentro uno spazzolino.

Sei una persona ordinata?

Secondo me si. Il problema è che lo chiedi a chiunque mi giri intorno, ascoltando il “secondo me si” inizierebbe a toccarsi il petto, sentire dolore, rabbia, arriverebbe l’ironia, forse mi darebbe un cazzotto, farebbe battute abbastanza divertenti, troverebbe delle foto della mia stanza di quella volta che…, tirerebbe fuori delle questioni mai risolte tra di noi. Non lo chiedere a nessuno.

Io seguo dei fili invisibili. C’è uno schema logico lineare, preciso, ordinato, perfettamente funzionante che solo io riesco a vedere che mi permette di trovare subito tutto ciò che mi serve in poco tempo facendomi spazio tra le cose. Comunque, due/tre volte al mese sistemo anche le penne in ordine cromatico.

A tavola quali sono gli argomenti di cui parli con più curiosità?

Spesso non sono mai solo. Spesso si parla di cazzate. È interessantissimo quante cose intelligenti ci possono essere nelle cazzate. Più che essere curioso di ciò che si parla, sono curioso di vedere, considerando il punto di partenza, dove si arriverà. Spesso non porta a niente, il che lo rende ancora più interessante.

Non mancano argomenti seri, ma quelli si spostano, sono più lunghi. Dalla tavola al divano, al giardino, al bar, per poi tornare sulla tavola, non finiscono mai.

Un argomento che mi cattura sono le città che non conosco, viaggi. Mi annoiano un po’ le foto spesso allegate. Non perché siano poco interessanti ma perché spesso chi te le fa vedere ci entra dentro e ti racconta tutto con un entusiasmo che tu non potrai mai capire. Mi piacerebbe tanto viaggiare, per poi tornare e parlarne a tavola.

PH: Marco Santangelo

In quale città ti piacerebbe trasferirti?

Se parliamo di mesi e non di anni, ne vorrei provare tantissime. Ultimamente sento parlare splendidamente di Lisbona da amici che hanno vissuto lì.

Che esperienza è stata il lockdown?

Butto giù un ricordo. Mi trovo dentro una cucina con persone che non conosco, tranne chi mi aveva portato lì. Resto in quella cucina per due mesi, imparo a conoscere persone dal niente e mi ritrovo a studiarne movimenti, ascoltarne dialetti, storie. Suonavamo ogni tanto. Sapevamo perfettamente che fuori succedevano cose poco felici, e noi, non potendo nulla, le affrontavamo semplicemente conoscendoci. Arriva la fine del lockdown e quasi avevamo paura di prenderci un aperitivo fuori, chissà in che modo ci saremmo visti all’esterno di quella cucina.

Sono passati 2 anni, sono cambiate case, cucine, sono passati più di 400 aperitivi insieme. Come se la cucina si fosse allargata.

Il lockdown mi ha obbligato ad andare lento, tanto il tempo per ogni cosa c’era e io dentro questa condizione mi trovavo paradossalmente bene. Non potevi sentirti in difetto, erano tutti nella tua condizione, tutti andavano lentamente, al supermercato trovavi qualcuno che leggeva le etichette dietro le confezioni. Immagino non ne fosse davvero interessato, ma forse si. Conoscevi i vicini, quelli che tendenzialmente becchi davanti al portone e saluti un po’ perché devi.

Un tempo in cui il tempo andava come dovrebbe andare, in cui si è attenti ai dettagli, alle espressioni, in cui si ascolta per davvero, in cui ci si ferma e si capisce l’importanza delle cose.

È chiaro che non ci tornerei a quel periodo lì, ma forse si.