PH: Giovanna Buda

sonomole: “Nessun dubbio, farò di tutto per dire la mia” | Intervista

Che bello avere il coraggio d’inseguire le proprie passioni anche se si portano dietro illusioni più grandi di noi, che chissà potrebbero addirittura farci soffrire.

sonomole butta sulla traccia tutta la sua voglia di emergere, esigenza dovuta non all’approvazione degli altri o finalizzata a vendere più dischi, ma necessaria a se stesso per accettare tutte le sue potenzialità. Ce la posso fare, ci devo solo provare, il mantra perfetto per chi ha paura delle conseguenze e non si rende conto che potrebbero essere migliore delle aspettative.

“Cosa c’è che ci rende così?” Ogni persona è unica, deve prenderne consapevolezza.

“No Doubt” ci dà la dimostrazione che il rap non morirà mai, anzi la musica in generale. finche esisteranno artisti che metteranno l’arte in cima alla lista delle proprie passioni.

 

INTERVISTANDO sonomole

Hai mai avuto dubbi sulla tua natura artistica?

Certo, praticamente ogni giorno. Se una volta c’era il “problema” di dover fare bella musica che restasse nel tempo, adesso siamo in un periodo in cui sembra ci sia il problema opposto: realizzare qualcosa che sia di impatto nelle prime settimane, poco importa se dopo un mese quel brano/disco saranno stati dimenticati velocemente, la gente vive di numeri sul breve termine. Per il pubblico se un pezzo va virale vuol dire che ha qualità, se questo non succede nel 90% dei casi vuol dire che l’artista ha floppato, almeno dal punto di vista dell’ascoltatore medio.

E se parti da queste considerazioni vai anche a capire che strada sta prendendo, anzi ha preso, la musica ad oggi : brani corti che difficilmente superano i 3 minuti, molto spesso privi di bridge, intro e outro, strumenti che una volta servivano per metabolizzare il brano ed i suoi concetti, adesso sono quasi stati aboliti per un prodotto che funzioni benissimo a loop. Di conseguenza, si eliminano i concetti, si crea roba sempre più scarna che ha poco da dire e da dare, perché basta l’emozione del momento, e si da al pubblico sempre più musica di plastica, di massa, eliminando la sperimentazione, la parte più figa.
Vuoi che, facendo le cose con questa testa e cercando di seguire le logiche del mercato, questo non influenzi l’artista?

Poi, se lo fai per la passione di creare, di fare musica, di sperimentare, alla fine te ne sbatti, ma fare qualcosa rinunciando a tutto ciò porta giornalmente l’artista a scontrarsi con un pubblico che chiede totalmente l’opposto di quello che vorresti realmente realizzare.

Diciamo che il processo creativo è diventato sempre più conflittuale e sicuramente l’artista ne risente, e di conseguenza aumentato sempre più i dubbi, ma la musica è tutto tranne che logica ed alla fine la logica perde sempre, a meno che tu non voglia essere una stampante vuota e priva di emozioni.

Cosa ti rende sonomole?

La passione, senza questa farei sicuramente tutt’altro. Sono più le notti insonni e tutti i sacrifici che ne conseguono che le soddisfazioni, perché prima di raccogliere realmente i risultati ed arrivare al grande pubblico di tempo ne passa, e nel peggiore dei casi potrebbero anche non arrivare mai. Di conseguenza, se non hai una passione vera, bruciante, non lo fai. Ed è anche il motivo per cui oggi cominciamo a farlo in 100 e nel giro di 3 anni siamo rimasti in 10. Non è scrematura basata sulla qualità, è basata solamente sulla passione del singolo artista che decide di continuare nonostante tutto.

PH: Giovanna Buda

I social hanno fatto passare di moda l’idea del fare gavetta?

Non credo, volente o nolente la gavetta la fai ugualmente, non ho mai visto artisti esplodere dall’oggi al domani, se è successo sono spariti altrettanto velocemente.

Più che altro è diventato ancora più difficile farla perché ti vai a scontrare con una realtà altrettanto dura: suonare live, che poi è uno dei motivi cardine per cui facciamo tutto questo, a meno che non tu non abbia 10k di follower sui social, o non faccia il “PR”, nel senso che più che pensare a suonare provi a portare le persone al live, è diventato pressoché impossibile. I locali, complice anche gli ultimi anni dovuti al covid e le perdite economiche che hanno avuto, si rifiutano di dare spazio ad artisti pressoché sconosciuti che non possono garantire un ritorno economico.

Quindi più che passare di moda la gavetta è sparito il modo di farla la gavetta, a meno che non decidi di fare live su twitch e diretta social varie, ma perdi la cosa più bella: il contatto col pubblico.

Soffrire per amore può essere una sfida per sviluppare arte?

Più che una sfida per sviluppare l’arte, è uno dei modi per farla. 

L’arte, almeno personalmente, deriva dagli estremi, dalle emozioni più forti. Se soffri hai un modo per fare, se sei felice all’estremo altrettanto. Sono le vie di mezzo che solitamente non portano nulla di eccezionale, perché appunto non hanno nulla di “sconvolgente” da cui partire. E se non sconvolge non è arte.

La musica che bisogni soddisfa sia per chi la fa e per chi l’ascolta?

Ma credo che quello sia un discorso prettamente personale. Come nella vita in generale, non tutti hanno gli stessi bisogni, le stesse necessità, e di conseguenza è generalmente tutto relativo. 

A me soddisfa farla perché mi svuota, mi permette di buttare fuori tutto quello che ho dentro e che magari può destabilizzarmi, è una vera e propria valvola di sfogo.
Ma magari per qualcun altro è solo un passatempo, uccidere la noia, che sia un “creator” o un fruitore.
Non credo esista realmente una formula magica a tutto ciò.

Il feat dei tuoi sogni?

Ne avevo tanti, ma più passa il tempo e più tutti questi discorsi e “sogni” perdono valore. Più vado avanti e più mi rendo conto che non ho bisogno del feat “stellare”, lo faccio ugualmente, a prescindere.
Poi, se dovesse diventare realmente un lavoro è ovvio che in quel caso si parla di crescita dal punto di vista lavorativo, e in quel caso assume completamente un altro significato.
Un feat importante porta importanti ritorni d’immagine, e di conseguenza ritorni anche economici. Ma credo che siano più discorsi da Major che altro. Se mai dovessi firmare per un major ne potremo riparlare.

E poi ascolto talmente tanta musica ed ho talmente tanti artisti che stimo che dirne uno sarebbe riduttivo. Al limite uno per genere, ma cominceremmo adesso e, se va bene, finiremmo tra una settimana.

PH: Giovanna Buda

Il rap deve far divertire o pensare?

Il rap, come l’arte, non deve avere uno schema fisso.
Ci saranno sempre opere che faranno semplicemente divertire, perché hanno quello scopo, ed opere che sono fatte per dare quel dubbio in più.
Cercare una formula precisa, cercare di omologare tutto tramite una formula magica è la morte dell’arte.

Ha senso il rap introspettivo e psicologico da intelli-gangsta di Marra, come ha senso il rap “leggero” di Sfera come ha senso quello politico degli Assalti Frontali.

Ognuno ha bisogno della sua sfaccettatura, com’è giusto che sia.
E poi che noia sarebbe cercare di avere una singola visione della cosa? Senza sfaccettature, ma che palle.

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