Claudio Sirigu: “Ogni pensiero genera un immagine” | Intervista

“Pinacoteca dei luoghi impossibili” è un concept album di 11 brani (10 più uno strumentale) di Claudio Sirigu, incentrato sui temi della salute mentale e fisica che mettte in sintonia salute fisica e mentale. L’essere umano ha la capacità, o la sfortuna, dipende dai punti di vista di essere condizionato dai propri pensieri, che molto spesso non vanno d’accordo con la realtà, creandone addirittua una parallela.

I luoghi impossibili sono quelli della mente umana, difficili da scoprire e diversi non solamente da persona a persona, ma possono mutare a seconda di tempo e spazio mentre la dicitura Pinacoteca nasce dall’idea di rappresentare ogni quadro tramite intelligenza artificiale a seconda del mood del pezzo.

INTERVISTANDO CLAUDIO SIRIGU

Che rapporto hai con le tue emozioni?

È un rapporto non sempre molto lineare, a volte tendo ad esserne un po’ schiavo, spesso mi capita anche di sforzarmi di reprimerle. In generale vorrei esserne un po’ più padrone, da questo punto di vista gli ultimi due anni sono stati importanti perché credo di aver fatto parecchi passo avanti, so comunque di poterci lavorare ancora ma per ora cerco di vivere nel presente facendo del mio meglio.

Che luogo è il cervello umano?

È un luogo assurdo, splendido e, a volte, spaventoso.

Sono estremamente affascinato da come nella mente di una persona possano nascere  immagini, sogni, veri e propri mondi, qualche volta anche paure e pensieri negativi, ansie o paranoie nocive.

Anche per questo credo che lavorare su se stessi abbia la sua importanza, la nostra psiche è una delle cose più potenzialmente affascinanti e complesse che esistano e credo valga la pena trattarla con riguardo, anche per questo mi fa piacere che si parli sempre di più e con sempre meno pregiudizi di salute mentale.

La musica fa da psicologa sia a chi la scrive e chi l’ascolta. Cosa lega così fortemente l’artista e pubblico?

Credo che sia l’empatia.

Da ascoltatore, in un momento di confusione, di difficoltà, di stress, mettere in riproduzione quel brano che sembra capire e raccontare esattamente ciò che stai passando è di una bellezza impagabile, sembra quasi dirti che va tutto bene, che ciò che stai vivendo fa parte del percorso di vita che ognuno di noi affronta.

Allo stesso modo, come autore, quando un ascoltatore ti dice di essersi sentito empatizzato da qualcosa che hai scritto, è splendido, vale più di tutti i numeri costantemente messi al centro dell’attenzione dal mondo musicale odierno, ti fa sentire bene perché sai di aver fatto, a tuo modo, del bene a qualcuno, e penso sia proprio questa la cosa che più mi spinge a far musica, a espormi in prima persona nonostante dubbi ed insicurezze: cercare di capire le persone, provare a sentirmi emotivamente vicino a loro semplicemente raccontando ciò che vivo io.

Che distanza c’è tra l’uomo e la felicità?

È una domanda che mi pongo spesso.

Io credo che la distanza stessa dalla felicità, e in particolare modo la volontà di colmare quella distanza, ci renda vivi, spingendoci a migliorarci e a inseguire degli obiettivi.

Alla fine, tutte le emozioni, volendo considerare tale anche la felicità, servono a capire se la strada che stiamo percorrendo è quella giusta, se qualcosa non sta funzionando, se ci sono dei cambiamenti che vogliamo attuare.

Una comunicazione sbagliata può essere causa di problemi.  Oggi, quando fa paura il confronto?

Guarda, penso sia difficile fare un discorso generale su questa tematica, non vorrei cadere nei soliti cliché in cui diamo ingiustamente tutta la colpa ai social se la gente non sa più confrontarsi civilmente, perché per quanto essere dietro ad uno schermo possa far sentire qualcuno protetto e legittimato a calpestare il pensiero altrui, a me capita anche di avere confronti splendidi con persone che ho conosciuto solo virtualmente, tra l’altro trovo i social molto democratici da questo punto di vista perché ognuno può dire la sua, starebbe poi al buonsenso delle persone farne buon uso.

Forse il vero problema è che si è ben radicato questo approccio per cui tutti vogliono a tutti i costi esporre i propri pensieri ma sempre meno persone sono realmente interessate ad ascoltare quelli altrui, talvolta ciò sfocia nella mancanza di rispetto, nella prepotenza, nel dover sempre giudicare e mai empatizzare.

La tecnologia modifica la percezione della realtà?

Credo di sì, ma ad oggi è realtà anche la tecnologia, è parte integrante delle nostre vite e del mondo in cui esistiamo.

Come dicevo anche prima, spesso sta al buonsenso delle persone, perché la tecnologia in se ha portato un mare di possibilità e benefici, il problema si pone quando ci scivoli così dentro da dimenticarti della realtà “umana”, abbiamo visto i lockdown quanto siano stati devastanti dal  punto di vista dei rapporti interpersonali e magari qualcuno pensa anche che la tecnologia e i rapporti virtuali siano andati ad aggravare alcune situazioni personali già complicate sotto questo aspetto, ma riusciamo ad immaginarci come sarebbe stato vivere delle quarantene in isolamento totale senza nemmeno quelle piccole interazioni virtuali?

Tre artisti consigliati a chi affronta un momento no?

Consiglierei sicuramente di approfondire (o scoprire) un po’ i Baustelle, che hanno alcuni album molto intensi e profondi dal punto di vista esistenziale, come ad esempio “Fantasma”.

Poi consiglierei Pacifico, personalmente mi acquieta molto, può essere la scelta giusta prendersi del tempo per rilassarsi e riflettere.

Infine, un po’ a sorpresa, consiglierei di scoprire i Tonno, una band underground un po’ pop-punk un po’ emo, perché a volte abbiamo bisogno di analizzare il nostro disagio interiore, altre volte abbiamo bisogno di urlare, ballarci su con leggerezza e dire le cose in maniera più spontanea e meno ragionata.

ASCOLTA CLAUDIO SIRIGU NELLA PLAYLIST DI INDIE ITALIA MAGAZINE