“Almost Home” è il nuovo disco dei Nicaragua, gruppo formato dall’artista italo-giapponese Caterina Yuka Sforza e Yuri Tartari Pucci – partner nella musica e nella vita -, a cui si aggiunge Alberto Ladduca (Abe).
Abbiamo parlato con la band del concetto di casa, una casa verso la quale, dopo la scoperta della gravidanza di Caterina, un nuovo nascituro, da lontano, sta per arrivare. Ma quella dei Nicaragua è una casa che riguarda tutti, perché cambia la forma, in base alle fasi della vita in cui ci si trova.
Ce ne parlano in bilico tra il dream-pop e il nu-soul.
Dici giusto, il titolo sta a rappresentare il valore anche simbolico del concetto di “casa”. Proprio di questo parliamo in varia maniera e cercando di dare spunti immaginifici, cosa si intende quando si parla di casa?. La casa sull’albero appunto è uno spunto che affrontiamo nel primo singolo uscito “treehouse” ma parliamo di casa anche nella title track “almost home” che ripercorre le varie “case” in cui vissuto Caterina. In questa traccia affermiamo anche una cosa per noi molto importante, tutti hanno il diritto di scegliere la propria casa, anche se non è quella in cui sono nati.
La gravidanza di Cate è stata la miccia che ha fatto accendere il desiderio di scrivere il disco e inevitabilmente ci siamo trovati a raccontare di quello che stavamo vivendo. Il passaggio dal prima al dopo è raccontato da tanti e forse da troppi ma ognuno lo vive diversamente e forse non è neanche molto interessante confrontarsi su questo. Per noi la nascita di un figlio è stato un naturale proseguimento di quello che stiamo costruendo assieme io e Cate.
Mi fa piacere il tentativo di trovare delle etichette, dico sul serio. Mi piace pensare che dal nostro approccio molto istintivo, ovviamente non scevro dai bagagli che ci portiamo dietro, nasce qualcosa di riconoscibile, di riconducibile.
Non credo molto nella musica originale, credo più nelle sintesi originali e spero in qualche modo di esserci riusciti.
Ascoltando la base di “Mochotto Matte” siamo inevitabilmente arrivati ad immaginare la sigla di un cartone animato e da li, partendo dalla suggestione dello spazio che già avevamo affrontato nel primo disco, ci siamo immaginati questo personaggino che da dentro la pancia ascoltava tutto e ci diceva: “aspettate ancora un pochino che arrivo”. Riku ora ha quasi 5 mesi e di certo è una salvezza per il nostro immaginario di vita.
“Almost home” tratta di un percorso, della trasformazione di un’identità, casa dopo casa, e anche della sua nascita. Nessuno ci insegna come da figli si diventi genitori forse perché probabilmente una vera risposta non c’è. Nonostante i timori, per tutto l’album si ha la sensazione di avere davanti un futuro che appare comunque luminoso. Credo sia un po’ un inguaribile ottimismo proprio degli esseri umani, un po’ anche il presupposto per metterne al mondo un altro. Siete d’accordo?
Intendi di mettere al mondo un altro disco? Si certo, appena esce un disco di solito ricominciamo a scrivere roba nuova. Eh Eh Eh.
A parte gli scherzi la domanda potrebbe essere molto complicata, credo che la speranza di un futuro migliore è garantita in prima battuta dalla voglia di avere un futuro migliore. Sembra una supercazzola ma credo che a volte per fare le cose basta volerle fare ma nella nostra cultura spesso ci si ferma un pochino prima e ci si chiede se, come, perché farle…quindi non si fanno. Noi abbiamo deciso di dire cosa facciamo e fare quello che abbiamo detto.
Ascoltalo con calma e con un bicchiere di acqua fresca in mano.
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