mattidalegare
ANTICLIMATICO è un disco uscito d’estate dal sapore d’inverno nei quali i sentimenti hanno bisogno di calore umano e reciprocità.
mattidalegare riscopre l’indie delle origini, quello al di là delle classifiche, ma ricco d’emozione e tristezza. Canzoni che nascono dal cuore e da situazioni realmente vissute, che sanno di occasioni sprecate, piccoli istanti di felicità e malinconia.
La città di Roma da sfondo a queste storie rimane a guardare, rendendo l’atmosfera dolceamara, riuscendo però allo stesso tempo, ad isolare i protagonisti di questo album dal caos della capitale, rendendoli consapevoli delle loro scelte.
Il tutto è possibile grazie all’abilità cantautorali di mattidalegare che vuole essere diretto confidente rispetto ai suoi ascoltatori.
Sono io l’unico mattidalegare, ma sotto la luce giusta ne spuntano fuori diversi: uno emotivo che suona e canta canzoni, uno più freddo che passa le notti al computer per produrle e l’ultimo che ripete h24 “stacca, non ce la farai mai”.
ANTICLIMATICO è come un urlo nello spazio vuoto, un disco uscito a ridosso dell’estate ma fatto di canzoni invernali da ascoltare sotto le coperte. ANTICLIMATICO è un bacio estivo dato in bocca all’inverno, come scrivo in Hokusai, l’ultima traccia.
Parte dal racconto di una serata: all’inizio del pezzo si sente martellare una canzone, sotto una folla urlante. Poi tutto finisce e ti ritrovi solo alle 4AM, nel buio ad aspettare l’autobus per ore, ore e ore… allora ripensi alle persone che ti sono sfuggite di mano e al tempo che stai sprecando. Soffrire in mezzo a gabbiani, camion dei rifiuti e ambulanze non poteva che dare origine a una canzone fuori di testa.
Il mio corpo nasce come terra arida solcata da un fiume di malinconia. Sa molto di frase di un poeta fallito, me ne rendo conto. Dicevo, quando il fiume si riempie troppo, esonda e fa diventare fertile la terra intorno. I fiori che ne spuntano sono le mie canzoni. Se avessi qualcuno ad aiutarmi, qualcuno che toglie acqua dal mio fiume, rimarrei stabile, ma senza vita. Devo ringraziare la mia solitudine, le mie barriere d’ingresso, il mio sentirmi sempre fuori dal coro. Fa strano dirlo.
Il passato è filtrato dai ricordi, che catturano ciò che ci emoziona e ci distrugge. Se ripensi a un tuo amore finito, ecco subito le corse a perdifiato, gli occhi fissi sugli occhi, le canzoni cantate insieme, le urla e i pianti. Ora invece sei chiuso in una stanza, solo, 40 gradi, a studiare, lavorare e con l’affitto da pagare. Tornare indietro ti fa tornare fortissimamente vivo, anche se fa male.
Gli alberi sono magici. I ciliegi, che qui nella mia zona di Roma si trovano lungo i viali, fioriscono tutti insieme, come se avessero fatto una riunione di condominio per stabilire il giorno. C’è chi dice, ed è romantico, che si parlino stringendosi le radici, ma io sono più poetico che romantico e mi trovo a immaginarne i sussurri portati dal vento. Se anche gli uomini potessero parlarsi a distanza, via le barriere, schermi, lingue e tutto quanto, forse non passerebbero la storia a lottare gli uni contro gli altri. Questa canzone non sarà la hit del disco, ma racconta del peso che ha la vita, che è il nostro tutto, ma si perde così facilmente nell’incomprensione.
Primo posto va a Monte Ciocci, una verde collinetta di cui non potete non mettere una foto, così da invogliare i vostri lettori romani a farci un giro. Fanno anche il cinema all’aperto, gratis tutte le sere. Giuro che non mi hanno pagato per dirlo. Tornando a noi, questo parco, che dall’alto colpisce con panorami e tramonti spettacolari, compare citato nella canzone “povero cane”. Nei miei momenti di pazzia, mi capitava di dormirci di notte col sacco a pelo, guardando le stelle.
Al secondo posto metto il lungotevere, che compare nella canzone “pomodori lungotevere”. Sì, crescono davvero dei pomodori lungo le sponde del fiume e (momento Baci Perugina) ci fa capire che anche nei posti più torbidi e inquinati può nascere la speranza. Anche se piccola, tonda e rossa.
Degli psicologi involontari, non dei buoni amici che ti mettono una mano sulla spalla dicendo che va tutto bene ma dei pessimi amici (un po’ sadici) che sono interessati a guardare in faccia il tuo dolore e magari farci un bagno dentro. Che poi, tirare fuori le cose è l’unico modo per superarle.
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