ph. Michele Rossetti
Leonardo Zaccaria in questo disco dal titolo evocativo “Hanno sparato a John Lennon” descrive le piccole rivoluzioni del cuore, legate a libertà e paura. Molte volte capita di sentirsi in preda alle incertezze e quindi chiudersi senza provare a vivere emozioni sulla propria pelle.
Le vibes anni 70′ e le parole delle canzoni ci portano indietro nel tempo, probabilmente all’interno di un epoca più autentica nella quale era possibile anche prendersi dei rischi, in maniera anche incosciente, per provare a cambiare, cercando sempre ispirazione nel domani e nella crescita personale non legata al capitalismo, ma al valore della bellezza e della causa di possibili errori. C’è un forte elemento di spensieratezza che paradossalmente permette di rendere la realtà un qualcosa sì concreto, ma anche variabile al modo di affrontarla, muovendosi perciò d’istinto al suo interno.
Se fuori c’è un mondo ostile, all’interno delle nostre fragilità è possibilità credere in un cambiamento fatto di sogni e speranza, lottando per portare all’esterno questa voglia di felicità e vita.
Probabilmente il mondo già stava andando verso una direzione precisa ma in quel momento si è perso il simbolo di un’alternativa. Con la scomparsa di Lennon è scomparso anche un po’ un sogno, una generazione, l’idea che il mondo potesse essere altro rispetto ai valori e alla frenesia del capitalismo.
Nella canzone “un vero uomo” parlo di questo, di come piangere o mostrare debolezza sia una cosa che viene vista come non virile, quasi come se un ragazzo, un uomo non potesse permetterselo. Penso che sia a causa della narrazione che è stata sempre fatta, per fortuna adesso si stanno facendo dei passi in avanti ma di strada ancora ce n’è. Da quando si inizia a frequentare la scuola, se ti mostri debole o sensibile spesso puoi essere escluso o avere ripercussioni sociali.
“Fatto di te” dei Thegiornalisti. Se poi è uno stupido “carpool” karaoke ancora meglio.
Perché preferirà sempre Calcutta a te.
Più che il romanticismo penso che un cuore andato a male abbia bisogno di tempo, più degli altri. Se c’è pazienza, cura e ascolto allora anche un cuore andato a male può fidarsi e lasciarsi andare.
Non so se mi identifico in lei, sicuramente la immagino come qualcuno di simile a me. Ho immaginato questa ragazza che stanca del mondo, si inventa un nuovo nome per scappare via e cambiare vita. Il sogno più grande di Marie de la cruz sicuramente è la libertà.
Di certo nelle mie canzoni posso entrare di più nello specifico ma mi è capitato spesso che riascoltando a distanza di tempo alcune canzoni che ho scritto per altri dicessi “Cavolo ma questa parla di quella cosa che ho vissuto!” Se devo fare un esempio “Incenso” che ho scritto per Marco Mengoni, è un pezzo in cui vedo molto del mio passato.
A me a volte fa più paura quando qualcosa comincia, forse perché ho fatto esperienza della fine da quando ero piccolo. E quando ti capita spesso di veder finire le cose, inizi ad avere paura degli inizi, perché vuoi preservare i tuoi sentimenti all’origine.
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