PH: ufficio stampa
Esistono posti dove ogni persona riesce a trovare una certa pace interiore. Siamo tutti cittadini del mondo, spazio infinito da abitare ed esplorare, solo alcuni luoghi però riescono a rimanerci incollati addosso. Quando si nasce e si è bambini si sta nella città dove abitano i genitori poi con il tempo, e con le scelte della vita, si può decidere di cambiare tutto, andare via, o rimanere lì sentendosi per sempre a casa.
Noite con l’ultimo brano, racconta la fine di una relazione, ma allo stesso tempo il bisogno di ricostruire il proprio io interiore, cercando di buttare giù e rifare le fondamenta. Ecco il senso di questa storia è che la casa in realtà vive dentro di noi, non possiamo andare via o restare fermi, sentendoci ovunque al sicuro e in pace con noi stessi. Quindi se il nostro cuore vuole cambiare indirizzo o non riesce a stabilire una residenza dove vivere al sicuro, almeno per un po’, bisogna avere la pazienza giusta per trovare un nuovo tetto, scegliendo poi l’arredamento interno.
Ho scritto questa canzone dopo la fine di una relazione importante.
Come in ogni relazione importante andando via lasci dietro di te tante cose.
Quando poi ti ritrovi ad esser nuovamente solo hai bisogno di tempo e spazio per ricostruire le macerie della tua interiorità. Questo è un qualcosa in cui siamo dovuti passare tutti, un qualcosa di estremamente difficile perché più grande era l’amore altrettanto è il dolore.
Questo brano non tratta solo la tematica della fuga da se stessi e dal dolore, ma anche la difficoltà a riconnettersi col proprio sé interiore.
Credo in realtà che non si torni mai veramente da una vacanza o da un viaggio. L’essere umano è portato per natura al cambiamento, che sia positivo o negativo, la persona che ritorna non è mai la stessa che è partita.
Assolutamente ogni giorno!
Più imparo ad amarmi e più mi spavento di chi sono, mi piacerebbe tantissimo poter indossare la pelle degli altri e vedere se provano le stesse paure che sento io.
Un qualcosa che ancora non conosco.
Un rumore bianco qualsiasi, ci sono abituato e accetto i suoi volumi più bassi e quelli più alti. Temo quando il rumore si interrompe, perché li rimango solo con me stesso, e se non è una scelta non sempre è piacevole.
Decisamente i ritorni. Un addio è più gestibile perché tendiamo all’idealizzazione, mentre un ritorno è sempre una secchiata di realtà.
Credo di no, credo che quando ci abituiamo perdiamo automaticamente anche l’interesse, risolvendo così la mancanza.
Saluterei con affetto quella parte di me che è rimasta a casa, perché si dovrà confortare con una parte di me nuova, quella che “ritorna”, dovranno fondersi e creare un individuo nuovo.
Quando gli occhi diventano bosco esistono solo quelli, e non hai più nessun altro panorama da guardare, ti perdi nello sguardo della persona amata.
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