PH: Ufficio Stampa
“È tutto in disordine, disordine.”
gIANMARIA e l’inizio di settembre si scontrano in questa intervista tra la confusione dell’estate e il tornare alla vita quotidiana, fatta di impegni e impicci. La bella stagione infonde coraggio e spensieratezza, ma il 31 d’agosto, molto spesso qualcosa deve finire per forza o rinascere in un modo diverso.
Gli artisti hanno la fortuna di indagare dentro alla confusione che provano internamente, mischiando sentimenti, coraggio, dolore e follia, senza avere paura di aprirsi al mondo buttando fuori odio e amore.
La penna di gIANMARIA è molto interessante perché sa essere a volte spigolosa e tagliente, trovando poesia in storie che vivono di disperazione e paura, come in uno dei suoi primi brani “I Suicidi”.
L’ultimo brano “Disordine” invece parla di aspettative che impone la società, tempistiche di vita legati al diventare grande, percorrendo una strada che è in salita, ma viene vista dagli altri come una tranquilla passeggiata.
Sinceramente non so se lo troverò mai, vorrei però arrivare ad accettare di non averlo trovato nel caso fosse così. Il disordine è essenziale per me perché mi aiuta a riconoscere le cose che mi interessano e che voglio proteggere.
Sono un peso per tutti le aspettative.
Si certo, l’ho scritto perché lo sentivo. Continua ad essere una mia grande paura quella di essere presuntuoso ed egoista.
Perché finiscono i miei impegni e iniziano le messe in discussione, le messe all’angolo, le considerazioni e tutto ciò che riguarda soltanto me stesso e che fa soffrire e che devo affrontare.
Sicuramente.. Io ho paura di dire tutto quello che penso ad una persona dopo 1 minuto che la conosco, figuriamoci dopo averci instaurato una relazione. Parlo per me ovviamente.
Mi ha fatto iniziare a fare a livello professionale questo. Avrei lavorato sicuramente in cucina sennò. Le persone si sono interessate a me e mi sono trasferito da solo.
Sicuramente, ma comunque nell’arte alla fine si mette qualcosa per iscritto, o in qualsiasi altra forma si suggestiona e si indica un sentiero a se stessi e successivamente a qualcun altro. Quindi prima, dopo e mentre vive la confusione, bisogna essere un minimo presuontuosi ed accantonare e livellare tutto il caos per dire qualcosa.
Per me le parole sono tutto. Sono buchi in cui senza volerlo si casca e si scopre un’ altra dimensione, sempre diversa, anche con parole talvolta uguali. Non voglio mai arrivare a pensare che scrivere sia un lavoro, la scrittura non è un mestiere e non si impara a farlo: la scrittura è un territorio ignoto in cui si nasce si muore si guadagna e si perde tutto in ogni istante.
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