PH: Ufficio Stampa
Londra non sarà la città dell’amore come Parigi ma nei grattacieli della city Dalz8 rivede il riflesso di un sentimento che ha lasciato un ricordo e forti immagini.
Il problema che forse questa storia è stata solo una grande ipotesi, un inganno di mente e cuore, che si sono organizzati per confondere i pensieri.
L’immaginazione può guidare le persone a creare delle situazioni teoriche che però riescono a provocare dolore anche se in realtà nulla è successo.
È così può diventare facile perdersi in una città conosciuta o cercare ispirazione tra le vie di una vita tutta da scoprire.
L’amore è la più grande aspettativa del genere umano, bisogna essere un po’ folli per indagare su cosa sia davvero.
Non so se essere stregato sia sinonimo di sentirsi prigioniero, ma posso dire che a Londra sono stato molto bene, anche se per un tempo limitato. Quando invece sognavo di essere lì, mentre scrivevo questa canzone, ero sicuramente più immaturo e concentrato sull’idea di una possibile fuga d’amore. Sognavo una libertà che mi sembrava quasi di poter toccare con mano, anche se ero semplicemente nella mia stanza: una mano immaginaria intrecciata con quella di un’altra persona e l’altra appoggiata alla fredda ringhiera della metro.
Quando poi ci sono stato fisicamente, l’ho vissuta più da “turista”. Mi è piaciuta molto: è una città che mi ha stupito positivamente e mi ha fatto sentire subito a mio agio.
L’idea è nata durante il lockdown del 2020, mentre ero in camera. Scrollando, ho visto un reel vlog di Londra che mi ha colpito così tanto da farmi provare una sensazione simile all’innamoramento. Avevo voglia di innamorarmi, di ricominciare da zero e di partire per un viaggio con una persona speciale: Londra era la meta perfetta.
C’è questo eterno contrasto tra il desiderio di libertà e il sentirsi legati a qualcuno che mi ricorda molto la capitale inglese: la città dei reali e del punk, dell’ordine di giorno e dei drughi (di Arancia Meccanica) di notte.
Io non bilancio, anzi, lascio che siano gli altri a bilanciarmi. Sono un pessimista cronico e nulla per me sarà mai veramente equilibrato. Il mio motto è: “Aspettati una delusione e non resterai mai deluso”. Per questo mi piace stupirmi.
Per quanto ne so, le aspettative spesso fanno male, specialmente in una relazione. È meglio ascoltare senza aspettarsi subito qualcosa: in questo modo si evitano delusioni e sofferenze doppie.
Credo sia un’istantanea, un po’ come le mie canzoni: il testo nasce di getto e segue fedelmente il mio stato d’animo in quel momento. Mi viene in mente la polaroid, un evergreen che è tornato di moda: i soggetti non sono mai molto nitidi, i colori poco vividi, con una tinta che tende al violaceo. Tra l’altro, è proprio questo il colore con cui il mio amico e produttore ed io indichiamo sempre gli strumenti principali quando produciamo i miei brani. Non credo sia una coincidenza.
Pensavo di esserlo, ma nella quotidianità fatico a creare contenuti e a seguire i trend. Vedo ancora i social come un “diario” e mi piace così, perché trovo che i contenuti siano più autentici e che le emozioni abbiano più spazio.
Mi piace condividere le mie novità musicali e i progressi legati al mio progetto, ma a livello personale mi sono stancato. Anche perché i social, pur alimentando l’idea di “libertà”, in realtà ti imprigionano sempre di più, tra pressioni sociali, diktat e mode imposte.
Le foto di un tramonto, di un luogo visitato in vacanza o di un selfie con una persona cara preferisco stamparle e tenerle in casa: è il modo migliore per custodire ciò a cui tengo.
Detto questo, mi rendo conto di essere uno “scrollatore” seriale: adoro i meme, li spammo agli amici per farci due risate. Mi fermo a questo però.
Quello che mi sento dire più spesso è: “Hai fatto i soldi”, come se pubblicare un singolo significasse automaticamente firmare un contratto discografico milionario.
Da quando ho iniziato a pubblicare i miei brani – peraltro in maniera completamente indipendente – la domanda che mi sento rivolgere di continuo è: “E i soldi?”.
Fare musica per guadagno non equivale a fare musica con autenticità. Io scrivo e compongo perché mi fa stare bene, prima di tutto. Però ho capito che è un percorso lungo, che richiede crescita progressiva, costanza e passione. È un sacrificio, e soprattutto un lavoro: richiede sforzi organizzativi enormi, specie quando sei da solo o con pochi amici stretti che credono in te. Purtroppo, spesso questo non viene compreso.
Sì, ne sono convinto. Gli occhi sono uno strumento, un mezzo che connette il nostro corpo al mondo esterno.
Io stesso ho luoghi e paesaggi che trovo “belli esteticamente”, ma che mi riportano a brutti momenti vissuti. Per me resteranno sempre brutti, e ti dirò di più: spesso provocano un malessere fisico. È una certezza che ho maturato sulla mia pelle.
Per fortuna, posso dire anche il contrario: ci sono città che magari non eccellono per bellezza culturale o estetica, ma che mi legano a periodi bellissimi della mia vita. Per me saranno sempre splendide, come Londra.
Mi chiedo spesso quali sensazioni provano gli ascoltatori quando ascoltano la mia musica.
Spero che, come succede a me, riescano a ritrovare un pezzo della loro vita nei miei brani. Spero che sentano una canzone “fatta a mano”, capace di regalare verità nelle loro giornate o nei loro ricordi. Solo così mi sento di aver fatto qualcosa di buono. E mi auguro che questo possa continuare ad accadere..
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