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Esplorando l’ecosistema dei Ricche Le Mura | Indie Talks

I Ricche le Mura esplorano un immaginario arcaico e naturalistico fatto di storie popolari, leggende e folklore, in tutto in relazione con l’ambiente circostante e i luoghi della Valtellina, denominatore comune di questo progetto.

Pretendo questo territorio come punto da cui partire, si arriva in un nuovo mondo bucolico nel quale ci sono cinque diversi personaggi che svolgono il loro compito da guida, un po’ ripercorrendo quello che ha fatto Virgilio per Dante nell’Inferno.

Ecco quindi l’ Esploratore, ispirato alla figura di Vladimir Arsenyev cartografo e naturalista russo,  Bjorn Personaggio d’immaginazione, è un pescatore norvegese che con la sua barca gira l’oceano raccogliendo le anime che trova in mare per trasmigrarle poi in corpi e
vite nuove.

Il Ragazzo Betulla Protagonista di un pezzo in cui una betulla animatasi tenta di convincere un ragazzo a cedergli il corpo in cambio del proprio tronco.
Il Cervo  invece rappresenta la ciclicità dell’esistenza umana mentre il  Cosmonauta  ritornato sulla Terra da una missione spaziale in cui ha scoperto un nuovo pianeta ancora incontaminato.

Questi personaggi incarnano un po’ la complessità e la curiosità del mondo, uno spazio da abitare e non distruggere, la sfida dell’uomo è proprio quella di trovare il giusto equilibrio dentro questo ecosistema.

RICCHE LE MURA X INDIE TALKS

Quale realtà del mondo vorreste esplorare?

Da una finestra di casa mia si vede lontano un incredibile pratone sulle orobie, sarà circa a 1600 metri di quota, non ci sono mai andato, dovrei.

Che rapporto ha l’uomo oggi con la natura?

Se intendiamo come “natura” l’ecosistema in cui siamo inseriti, direi che nel corso della storia non abbiamo cambiato in modo sostanziale il modo con cui ci rapportiamo a questa.
Siamo una bestia come le altre, massimizziamo il nostro benessere sfruttando le risorse che ci stanno attorno.
Ciò che ci contraddistingue e che caratterizza questo periodo storico, è però in effetti, il fatto che abbiamo sviluppato una tecnologia tale da averci permesso di consumare le risorse a un ritmo così veloce al punto di stare stravolgendo il pianeta intero.

Tutto ciò che tocchiamo diventa più brutto. Siamo peggio degli Unni, dove passiamo noi, non ci limitiamo a non far crescere l’erba, lasciamo pure qualche copertone usato e le cartacce dei twix. Lo Zubat (il nostro saxofonista) direbbe: “siamo cucinati”.

È vero anche però, che al di fuori del mondo occidentale, con l’odierno sviluppo economico un’importante fetta del mondo sta vedendo per fortuna il proprio stile di vita migliorare, ed è importante riconoscerlo. Come è importante riconoscere il fatto che non per forza questo sviluppo debba coincidere con la distruzione di ogni cosa animata, le alternative esistono.

PH: (Bianca Peruzzi)

Ci sono delle antiche leggende alle quali siete particolarmente affezionati?

Si narra, tra le galassie più remote, che l’antica distruzione del Pianeta Sadal non fu un mero atto di violenza, ma la prima mossa di un gioco cosmico intessuto da entità superiori.
Si dice che persino il Re Vegeta, con tutta la sua regalità, fosse solo una pedina inconsapevole in un’epopea ben più vasta, il cui scopo era purificare la stirpe Saiyan attraverso la sofferenza. L’arrivo di Freezer, e la successiva annientamento di Vegeta, non fu altro che il compimento di una profezia millenaria, un sacrificio necessario per far emergere, dalle ceneri di un popolo, la scintilla del guerriero capace di trascendere ogni limite e ristabilire l’equilibrio universale.

L’universo può esistere anche dentro l’uovo di un ragno?

Direi di si, è nelle cose semplici che si rispecchia l’incommensurabilità del cosmo.

PH: (Bianca Peruzzi)

L’immaginazione crea pensieri che diventano idee, arrivando persino ad essere qualcosa di concreto?

La testa pensa e crea pensieri, l’anima sente e crea sentieri.

Fare musica può essere considerato come istinto primordiale?

Sul lato personale, se reputo il fare musica un fatto tanto viscerale, in parte lo è. Sul lato collettivo diventa invece una bella questione, non ne so molto effettivamente.

Innanzitutto c’è da definire cosa si intenda con “fare musica”. Se si vuole indicare il creare musica dal nulla, in modo originale, nel senso di mettersi lì a scrivere della musica nuova; in tal caso direi che chi crea la musica è una minoranza, e quindi il “fare musica” non è assimilabile a un istinto primordiale in quanto per esserlo direi che dovrebbe essere presente in tutti.

Però si può anche pensare: nel momento in cui canto una canzone di Vasco sto creando musica? A me piace pensare di sì. Così che artista e fruitore diventano parte dello stesso processo di creazione della musica. E quindi intendendola così, certo che diventa un tratto nostro universale, la musica è un qualcosa di proprio a tutte le culture esistenti e di quelle studiate dagli antropologi nel passato. Se questo però abbia radici nell’istinto è difficile dirlo.

Certo può essere che i tratti istintuali e culturali della musica si siano coevoluti e influenzati a vicenda lungo il nostro percorso storico. Quanto poi primordiale
però possa essere è ancora più difficile da definire, bisognerebbe capire quando abbiamo cominciato a fare musica. Gli australopitechi fischiettavano mentre coglievano la frutta?
Chissà

Dolore e cura sono momenti che dividono e creano la vita?

Certo spesso il dolore fa da spaccatura ai nostri percorsi di vita e ci prestiamo molta più  attenzione che alla guarigione.

Forse c’è qualcosa in più, più distante dalla mia città?

Si c’è molto di più, ci sono altri modi di interpretare il proprio stare al mondo, e ci sono altri modi in cui possiamo organizzare la nostra società. Personalmente, se guardo bene al di là della mia di città, che è Sondrio, intuisco dal binocolo 5 figure che corrono giù da un grande prato, con dietro sospesa nel cielo, una enorme bandiera rossa.

Nicolò Granone

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