
New Indie Italia Music Week #246
“Sì, vorrei rubarla, vorrei rubare quello che mi apparteneva. E nasconderla in una cassa di patate. Il custode parigino che spiava le bambine dell’asilo ora ha la bocca piena di biglietti del museo, del museo. Lassù una civetta urla ed io ancora non ho iniziato il mio lavoro, ora.
Monna Lisa, Monna Lisa, Lisa. Monna Lisa!”
(Monnalisa, Ivan Graziani)
La musica è un furto gentile: ci lascia entrare nei suoi mondi e ci concede frammenti da custodire. Ogni settimana arrivano suoni e parole che sanno farsi rifugio o tempesta, ci sorprendono, ci spiazzano e ci aiutano a dare voce a ciò che non riusciamo a dire. È in quei momenti che un brano diventa più di una canzone: si trasforma in complice, in specchio, in respiro.
Così, tra le nuove uscite, cerchiamo ciò che ci fa vibrare davvero, perché in fondo rubare un’emozione alla musica significa restituire qualcosa a noi stessi.
Scopriamo le migliori nuove uscite della settimana con le recensioni della redazione di Indie Italia Magazine!
Una lunghissima ombra (Album)
“Una lunghissima ombra” è una preghiera, un’omelia. Diciassette tracce che si muovono all’interno di questo mare forza 8 ove si alternano canzoni, interludi, strumentali evocative. Andrea Laszlo De Simone ritorna con nuovo lavoro ipnotico fatto di luci, ombre, pensieri intrusivi. Definirlo album sarebbe riduttivo; ricorda più un romanzo di formazione che decide di farsi strada nella vita dell’individuo; o meglio ancora un film, solo da ascoltare come lui stesso definisce. E’ un cantautorato dolce, tiepido sempre alla ricerca di nuovi perfezionamenti dietro i suoni e le parole; sue amiche sincere, che volteggiano e si incastrano nei chiaro-scuri della vita.
Le tracce sono oneste, veritiere e si stendono come panni al sole sull’individuo portandolo a riflettere su tutte le verità che ci investono dall’alba dei tempi: paura della morte, senso di abbandono, dolore nostalgico del ricordo. E’ un lavoro a tu per tu con il dialogo puntinato da alcune tracce interludio che delineano quel suo isolamento dalla realtà, vista più come approfondimento di quest’ultima che come fuga: “Neon”, “Diffrazione”, “Rifrazione” sono acque che scorrono, continuamente. Dopo aver annunciato il suo ritiro dai live, l’artista torinese riappare come un’ombra, appunto – qualcosa che adesso premeva per poter dire la propria, per conoscere la luce seppur dominata da oscurità.
(Mariangela Caputo)
Andrea Laszlo De Simone: 8
Sogni lucidi
“Meglio un po’ di te che non sentire niente”, quando il non sentire niente forse ci salverebbe. Ma noi non vogliamo essere salvati. È questo che Giorgieness prima sussurra, in uno dei tanti risvegli dove ci si accorge dopo pochi battiti di palpebre ma spietatamente troppo tardi che è tutto simile a un tempo se non fosse per il particolare più importante; poi grida, intensa, disperata, aggressiva, diretta e trasparente, la constatazione di essere nella fase in cui spremendo i sogni lucidi, si ottengono le ultime gocce di realtà che non ci appartiene più. Ed è questo che fa urlare.
Un rock potente che ben si amalgama all’estensione cristallina della cantautrice. Un’intensa esperienza d’ascolto.
(Stefano Giannetti)
Giorgieness: 8
Nove ore
Ogni singola frase di questo brano va a segno. Ed è un segno buono per i TFR, meno buono per la realtà che dipinge. Anche il modo in cui lo fa è giusto. Tipo con la dissolvenza di “fallire è una cosa per pochi”. Il precariato a lavoro diventa condizione di vita. E non è una banale metafora, ma una pericolosa contaminazione, in cui lo status sociale ci risucchia e mette a repentaglio il nostro essere noi stessi nei legami. Relazioni che cerchiamo sempre più affannosi, ma quando li troviamo, abbiamo ancora la forza per riviverli? (“Almeno promettimi che mi richiami, ti giuro nel frattempo che forse me la cavo”).
È proprio qui che il pop ricercato dei TFR lotta tenace, aggrappandosi ai legami mentre “stiamo ai bordi di noi stessi”. Perché siamo “tutti quanti solo dei rimpiazzi”, ma nei rapporti, non quelli aziendali, possiamo ancora impedirlo.
Dolce e necessario, urgente e delicato.
(Stefano Giannetti)
TFR: 8,5
Rettile
Tra una passeggiata e l’altra, tra un geco, un camaleonte e un drago, tante aspettative e speranze: il nuovo viaggio di Giovanni Ti Amo continua con “Rettile”, un pezzo giocoso, sospeso tra chitarre frenetiche e una vulnerabilità più nascosta. La leggerezza del brano si riassume con l’immagine del rettile, un animale freddo fuori e ardente dentro, proprio come l’artista, che a contatto con i suoi sentimenti non può far altro che sciogliersi. L’atmosfera è calda, forse troppo, e Giovanni deve inevitabilmente arrendersi davanti all’amore: dopotutto non è un rettile, non resiste al sole, come può resistere a te?
(Sara Vaccaro)
Giovanni Ti Amo: 8
Rizoma
Il rizoma, in botanica, è un fusto sotterraneo che si collega ai suoi simili nei modi più improbabili, svolgendo il compito fondamentale di mantenere in vita la pianta. Con questa metafora, i Queen of Saba tornano con un nuovo brano del loro progetto “Canzoni per Bimbu”, raccontando con parole semplici e leggere cosa significa vivere in comunità, sostenersi a vicenda e costruire dal basso. “Sono uno, ma non sono solo, la mia casa è il mondo”. Con un sound calmo e avvolgente, Sara e Lorenzo trasformano una lezione di botanica in un insegnamento di vita: come i rizomi, anche gli esseri umani sono fatti per collaborare e fare rete, soprattutto quando il mondo intorno a noi sembra cadere.
(Sara Vaccaro)
Queen of Saba: 7,5
FA;FO
Una mescolanza di idee, sound, testi e persino lingue. FA;FO è il prodotto di una collaborazione speciale tra Generic Animal e il frontman dei “Delta Sleep” Devin Yü, due anime che sembrano incastrarsi alla perfezione, nella musica e nella vita. In questo brano, uno scorcio di realtà ci viene presentato da due prospettive diverse, che si uniscono in un viaggio attraverso la propria esistenza, alla ricerca di un senso, di una speranza e di un presente in cui poter rimanere sospesi. Trovare la propria strada, unire i pezzi della propria vita è difficile e spesso frustrante. “Fuck around, find out” è la risposta: un invito a lasciarsi guidare dall’esperienza, sbagliare, provare, cadere e rialzarsi. È così che si cresce, così che si impara.
(Sara Vaccaro)
Generic Animal: 8
Cu Ti Lu Dissi / Kaleí
Doppio singolo per l’esordio degli ESERA che hanno ben pensato di fare il loro ingresso nella scena alternative italiana con una scelta musicale di un’intensità rara. Il trio toscano intreccia in “Cu Ti Lu Dissi” e “Kaleí” tradizione e sperimentazione, costruendo un ponte tra il terreno e il trascendentale a colpi di musica elettronica.
“Cu Ti Lu Dissi” nasce da un antico canto siciliano che la band reinterpreta in maniera egregia come una preghiera emessa da un sintetizzatore: una melodia che sopravvive al tempo, avvolta da una malinconia ancestrale che parla dell’amore e della sua fine. Con “Kaleí” (dal greco “chiamare a sé”), gli ESERA scavano invece nella vertigine interiore: un brano che cresce come un’onda, trasformando il disagio in catarsi e il vuoto in un richiamo ipnotico.
(Ilaria Rapa)
ESERA: 8,5
Dadamatto
Un ragazzo percorre la strada che lo condurrà (forse) ad una crescita interiore, ma le sue orme sono già cancellate. “Fumo” è il ritorno poetico e disincantato dei Dadamatto, la band di Marco Imparato, Andrea Vescovi e Michele Grossi. Un brano che è insieme diario di viaggio e confessione esistenziale: un racconto picaresco dell’eroe moderno, spaesato, che attraversa confini invisibili tra Nord e Sud, tra sogno e realtà. “Fumo”, come dice il titolo stesso, non si lascia afferrare, racconta di un’esperienza che non sapremo mai se è davvero accaduta oppure solo immaginata, eppure, dopo l’ascolto del brano non si può che uscirne cambiati. In attesa di ascoltare l’intero album della band, con la speranza di poter compiere insieme a loro il viaggio dell’eroe moderno fallibile e pieno di contaddizioni.
(Ilaria Rapa)
Dadamatto: 8
Acqua alta / Pufu
A pochi mesi da GAS, il loro album d’esordio che ha acceso i riflettori su una delle realtà più originali della nuova scena italiana, i TARE tornano con due brani che non completano soltanto la tracklist, ma ne ampliano l’universo sonoro: “Acqua Alta” e “Pufu”. In Acqua Alta c’è tutta la forza evocativa del loro immaginario. Il brano nasce dal suono della sirena veneziana, quell’allarme profondo e sospeso che annuncia la marea e che i TARE trasformano in materia musicale. Diventa così un’onda ambient, una distesa scura e magnetica che ricorda Brian Eno ma conserva l’imprevedibilità della notte in laguna. Basso, batteria, synth, archi e fiati si fondono in un equilibrio ipnotico, dove la tensione cresce come l’acqua, lenta ma inesorabile.È una canzone che non descrive: trasporta. Ti trascina nel buio liquido di un luogo che respira e si muove da solo.
Pufu, invece, è la parte più istintiva e giocosa del progetto, un incontro tra il mondo dei TARE e quello di Pufuleti, capace di aprire un varco tra groove e sperimentazione. Qui l’elettronica si sporca di hip-hop, i fiati si intrecciano al beat, e il risultato è un pezzo che vibra di energia urbana e libertà creativa. Dove Acqua Alta è un’esperienza sensoriale, Pufu è un colpo di adrenalina, un cortocircuito tra due linguaggi che trovano un terreno comune nel rischio e nell’istinto. Con queste due nuove tracce, i TARE confermano di non voler restare fermi: ogni loro uscita è un’espansione, non un’aggiunta. È musica che nasce dal corpo, dall’ascolto e dal movimento come la loro, instancabile, voglia di portarla dal vivo.
(Viola santoro)
TARE: 8
tutto quello che non sai
C’è sempre un momento, dopo la fine, in cui il silenzio pesa più di tutto. È lì che nasce “Tutto quello che non sai”, il nuovo singolo di punto., in una stanza vuota, tra il rumore di un orologio e quello dei pensieri che non smettono di girare. Un brano che trasforma la fragilità in forza, la malinconia in ritmo, la perdita in movimento.Il miracolo di punto. sta proprio qui: nel riuscire a far ballare il dolore.La sua scrittura è ironica e sincera, leggera ma mai superficiale. Ogni parola si muove con naturalezza dentro un suono che vibra di groove e libertà, capace di far sorridere anche quando racconta di ciò che brucia. C’è qualcosa di profondamente umano nel modo in cui un cuore spezzato trova la propria voce dentro un ritornello che invita a danzare.
Tutto quello che non sai è una canzone che parla di chi ha imparato a convivere con l’assenza, di chi ha trasformato le lacrime in passi di danza, di chi sceglie di guardare avanti anche quando fa male. Perché a volte l’unico modo per superare qualcosa è attraversarla con leggerezza, lasciandosi trascinare dal ritmo, finché il dolore diventa musica.
(Viola Santoro)
punto.: 8
La Stessa Canzone
In questo brano, Mecna racconta quel forte legame che resta invariato anche dopo che qualcosa finisce: un ricordo talmente bello da diventare indipendente dalla persona con cui è nato.
Musicalmente non ci sono barocchi, piuttosto una produzione che lascia spazio al respiro, all’ascolto, alla riflessione.
“Sembra una maledizione senza via d’uscita, come la stessa canzone per tutta la vita.” La “maledizione” è metafora potentissima: non tanto della relazione finita, quanto del ricordo che dentro resta, dell’eco di qualcosa che ha avuto significato. La “stessa canzone” diventa simbolo di qualcosa di condiviso con quella persona, di un momento che ci ha unito a qualcuno, che poi ritorno come un’ossessione o un conforto.
(Benedetta Rubini)
Mecna:8,5
Hey There
Dopo la carica incisiva e quasi catartica di Lovers, Drirfters, Foreigners, i Leatherette alzano la posta con Hey There, secondo estratto in vista del loro terzo album Ritmo Lento in uscita il 28 novembre 2025. L’arrangiamento si apre con poche note, si trattiene, respira e poi si innalza: non è un’ esplosione immediata, ma una tensione che cresce. In questo contesto Hey There appare come un atto di introspezione collettiva: un invito a guardare la fragilità come forza e la tensione come possibilità, a smettere di correre e iniziare ad ascoltare. Il pezzo si presenta come un doppio registro: da un lato la confessione proposta dalla voce centrale, dall’altro la cornice sonora che la sostiene. La band emiliana ha avuto il coraggio di rallentare, di smontare, di rendere la canzone come spazio di disvelamento.
(Benedetta Rubini)
Leatherette:8
Uscita Di Emergenza
“Uscita di emergenza” segna un nuovo capitolo per Giorgio Nieloud: uscito il 17 ottobre 2025, questo LP conferma la scelta del cantautore torinese di mettere al centro la sua voce e la sua scrittura. Già dal titolo si intuisce la tensione dell’opera: “emergenza” non nel senso catastrofico, ma come urgenza di espressione e verità. Musicalmente, l’album costruisce un ponte tra la tradizione del cantautorato italiano e sperimentazioni sonore che non cercano l’effetto ad ogni costo, infatti le tracce sono essenziali, a volte scarne, ma mai banali. Il cuore dell’album sembra essere l’introspezione, la presa di coscienza, la volontà di dare un nome a stati d’animo che spesso restano indefiniti. Giorgio Nieloud è una voce autentica, capace di guardare al passato del cantautorato e di guardare al futuro senza dimenticare l’umanità delle parole.
(Benedetta Rubini)
Giorgio Nieloud:7,5
I fumi di Bangkok
“I fumi di Bangkok”, è il singolo che segna il ritorno del cantautore salentino Blumosso. Il brano, prodotto da RafQu, è un intreccio di vulnerabilità e salvezza reciproca. Il testo evoca una profonda connessione emotiva: un viaggio attraverso momenti intimi silenziosi e improvvisi, quasi viscerali, nella percezione dell’altro. Si percepisce la fragilità condivisa di un legame che può dissolversi nell’aria come fumo, ma anche la purezza dei sogni e la forza di combattere insieme il dolore. L’intensità sensoriale è palpabile anche dal ritmo ossessivo delle percussioni che fanno da tappeto su tutto il brano che musicalmente è scuro e incalzante.
Blumusso: 7
Carrousel (EP)
Classe ‘94, sarda. Con gli occhi puntati su un progetto che mescola sonorità jazz, pop, melodie profonde e influenze internazionali. Un progetto che parte dalla sua terra e che rimbalza a Bruxelles dove entra in contatto con mondi alternativi, colorati. La sua cifra stilistica è autentica: smuove le cose da dentro e ci riesce. Il suo ultimo ep “Carrousel”, uscito il 16 ottobre scorso si presenta come un passaggio importante all’interno del suo percorso: cinque brani dal movimento circolare che si ripetono senza fermarsi mai. Da “Cosa resta” a “Senza bussola”, ritroviamo il gioco delle ripetizioni della vita: frasi che diciamo quotidianamente, scuse che usiamo, ruoli che abbiamo; ma anche senso di disorientamento, difficoltà nel trovare la propria strada. L’elettricità del suo “Carrousel” merita ascolti profondi, umani.
(Mariangela Caputo)
Bianca Frau: 7+
Casa nostra
Non artista dai mille lustrini, non si incolla addosso etichette, non gioca al gioco del personaggio eppure ti entra in testa velocemente. Forse, colpa di quella voce che sembra uscita da uno di quei giradischi lasciati in soffitta che quando li riprendi sembra di tornare indietro nel tempo. Per non parlare poi del suo nome d’arte; un omaggio, certo – ad uno dei più grandi cantautori della musica italiana – Lucio Dalla, ma anche un modo per definire il suo mondo, i suoi intenti, le sue positive vibrations. Tematiche che spaziano dal folklore a emozioni più introspettive come: solitudine, intimità, ironia.
Figlia della metà degli anni novanta, si trasferisce dalla Valtellina a Milano, per conseguire il diploma in canto popolare presso il CPM Music Institute. Qui diventa corista di artisti come Mario Lavezzi, Paolo Jannacci proseguendo poi con la sua carriera da solista. Il suo nuovo singolo, “Casa nostra” testimonia quanto la sua arte sia un viaggio tra cantautorato e contemporaneità. E’ il fermo immagine di vite passate all’interno di quattro mura: <>. E’ un mondo chiuso dentro la stanza, fatto di silenzi,
ubriacature, sguardi. Non urla ma la sua voce si fa sentire, proprio come la sua musica: diretta e fulminea.
(Mariangela Caputo)
Henna: 7+
Messe Sporche (Album)
Un impeto rock attraversa “Messe sporche”, il nuovo album di Edda, portando con sé la forza e la spontaneità di chi non teme di abitare il suono con piena libertà. È un disco che pulsa tra strappi elettrici e momenti più raccolti, dove la voce del cantautore si muove tra determinazione e sfumature intimiste, restituendo l’impressione di un racconto vissuto fino in fondo.
Ogni brano racconta frammenti di vita e stati d’animo con una potenza che non cerca concessioni: le chitarre graffiano, la batteria scandisce con precisione, eppure nello spazio tra un accordo e l’altro si avverte la misura di chi sa dosare energia e introspezione.
Non c’è artificio, ma un equilibrio tra artigianalità sonora e tensione emotiva, come se ogni nota fosse scolpita e al tempo stesso respirasse. Pubblicato esclusivamente in edizione fisica, cd e vinile, ad eccezione di due singoli disponibili sulle piattaforme di streaming, “Messe sporche” non si limita a mostrare la forza di un cantautore maturo: è un invito ad abbandonarsi all’energia del rock e alla sincerità di un musicista che mette a nudo la propria voce e la propria storia, tra slanci e pause, tra impeto e riflessione.
(Serena Gerli)
Edda: 8
Quelli che ti danno la droga
Un’ombra elettrica attraversa “Quelli che ti danno la droga”, il nuovo singolo di Novamerica, sospingendo l’ascoltatore in notti urbane dove pulsazioni elettroniche e ritmiche incessanti definiscono il tempo. La voce si fa strada tra strati densi di vocoder, oscillando tra lucidità e abbandono, trasformando il brano in una litania metropolitana che vibra tra desiderio e pericolo.
Il pezzo esplora contrasti: la tentazione e la memoria, l’ebbrezza del passato e la prevedibilità del presente.
Ogni suono è calibrato per evocare quella sensazione di attrazione irresistibile verso l’ignoto, mentre il ritornello martellante diventa simbolo di mancanze e ossessioni che restano irrisolte.
“Quelli che ti danno la droga” non è solo un racconto delle notti berlinesi: è un invito a farsi attraversare dal lato oscuro delle esperienze, un viaggio tra dipendenze, desideri e fragilità, dove il confine tra follia e controllo rimane sottile e affascinante.
(Serena Gerli)
Novamerica: 8,5
Francesca a 3km da te
Il mondo delle illusioni che vengono vissute con disillusione è un canone tipico dell’indie e PANI lo sa bene, ma anche la cosa più interessante che riesce, con il suo primo singolo, “Francesca a 3km da te” ad adattare il genere a se stesso e non viceversa.
In questo pezzo c’è tutta la tristezza di una generazione che viene abbindolata da false speranze, dopo che si è promessa di non cascarci più. Non è tutto oro quello che luccica, anzi, però quando si sogna una svolta basta anche un minimo presagio accende delle possibilità. Per riprendersi da questa sbronza di desiderio si corre il rischio di diventare apatici, chiudendosi totalmente in se stesso, diventando così cinici da confondere anche i possibili successi reali con inutili bugie. Volevo solo star tranquillo, e mi ritrovo intorno al caos.
(Nicolò Granone)
PANI: 8-
Un cane (come si sente)
Gli ADA ringhiano ancora una volta abbaiando di rabbia e dolore, che sbrana l’ipocrisia del va sempre tutto bene! Il brano inizia con un bel vaffanculo, che non appare maleducato, bensì sa di salute verso un certo perbenismo e intanto introduce l’ascoltare nel mood di questo pezzo ruvido e scontroso, allo stesso tempo estremamente sincero.
Senza dubbio questa è una scelta stilistica che rispecchia lo spirito punk e sferzante della band, utile ad evidenziare il bisogno di sentirsi parte del discorso solo se si ha la possibilità di utilizzare non solo le parole che servono, ma anche quelle che devono fare rumore inserite in un preciso contesto. Un errore comune è quello di giudicare senza sapere, in effetti cosa ne può sapere l’essere umano di un cane come si sente.
(Nicolò Granone)
Ada: 7,5
Pensieri sporchi
Crescere è un processo che coinvolge tutti, ognuno però reagisce senza regole precise, convivendo necessariamente con pensieri sporchi.
Questo percorso si nutre sia di scoperte sia di rinunce Si possono ascoltare i consigli degli altri con la consapevolezza che nessuno potrà avere delle soluzioni costruire su misura su situazioni che non si vivono sulla propria pelle al 100%. Tutto si mischia, a volte si confonde dando vita a qualcosa di nuovo, un infusione di emozioni che lasciano dei segni sulla pelle e tra i ricordi.
Gli elettrica con il loro sound rock sbattono contro le sonorità più pop e riflessive di Dae, riportando in musica quella sensazione tipica dell’adolescenza. Tutto può essere un gran casino, però si può gestire con alcune accortezze, trasformandola in esperienza unica e personale.
(Nicolò Granone)