New Indie Italia Music Week #247

New Indie Italia Music Week #247

“Oh with a european stain within me
And a european suffering in me
Dancing with the europeans
I got a european stain within me
And a european suffering, I want to be
Dancing with the europeans”

(Dancing with the Europeans – Suede)

Ci sono strade che scorrono come fiumi, fatte di luci al neon e di campagne addormentate, di padiglioni improvvisati e di città che sembrano danzare al ritmo di un’eco europea, dolente e vitale allo stesso tempo. È in questo fluire che la musica indie italiana si inserisce, settimana dopo settimana: come una corrente sotterranea che attraversa piazze, club e camere solitarie, portando con sé la voce dei fantasmi che diventano nostri, e dei sogni che resistono anche quando tutto sembra spegnersi.

Qui, tra la voglia di appartenenza e la necessità di correre liberi, si colloca il nostro viaggio: un itinerario fatto di nuove uscite, di album e di brani che ci guidano a ritrovare il battito nascosto nelle parole e nei suoni di chi sceglie ancora di cantare controvento.

Cara allegria

“Un vuoto cosmico è la vita che passa quando non ci sei (…) Cara allegria, proteggiti da me (…)”. Un refrain allegro per chiedere scusa all’allegria. Un virtuosismo filosofico, di testo e di tecnica in cui si esprime al meglio come spesso ci sentiamo oggi. Senza citare condizioni di precariato, ansie sociali che vengono da vicino o da lontano. Quante volte ci siamo sentiti dire che dovremmo pensare alle cose che ci sono andate bene, e per queste dovremmo sorridere. Ma la malinconia “che non ci somiglia neanche un po’” è parte di noi. Siamo più abituati ad avere paura, a stare sempre en garde. E la cosa più triste è il riconoscere l’inevitabilità del fatto che non saremo pronti ad accogliere l’allegria e l’ottimismo nemmeno la prossima volta. Allora meglio mettere le mani avanti. Con una canzone che è un inno e una preghiera. Alla vita e a noi stessi.

(Stefano Giannetti)

Giulia Mei & Mille: 8

Traumafabrik Again (Album)

Traumfabrik Again è il nuovo lavoro discografico della cantautrice Miglio, nome d’arte di Alessia Zappamiglio, in uscita il 24 ottobre 2025 per Peroni Dischi, etichetta parte del collettivo creativo HOM – House of Music nato da un’idea di Asian Fake. Il disco, anticipato dai singoli Musica elettronica e Love mai love, è il risultato di due anni di scrittura e produzione, durante i quali l’artista ha cercato di raccontare un universo fatto di contrasti, alternanze, incertezze e sperimentazioni, trasformando la fragilità stessa in una risorsa creativa.

Miglio descrive il progetto come un percorso che alterna tensioni e nuovi equilibri, in cui la musica si fa mezzo per liberarsi da condizionamenti esterni e per restare vicini a un sentire autentico. Il titolo, che in tedesco significa “fabbrica dei sogni”, rimanda anche a Bologna, città di adozione della cantautrice, dove tra la fine degli anni Settanta e i primi Ottanta un appartamento occupato chiamato Traumfabrik divenne luogo di fermento culturale e punto di incontro per fumettisti, musicisti e outsider. Riprendendo quel nome, Miglio lo rielabora oggi come contenitore personale e simbolo della propria urgenza creativa.

Miglio: 8

1000 persone

Dopo il successo ottenuto con “Zero”, il duetto con Lauryyn che ha trovato spazio nelle radio europee e nelle playlist editoriali di Spotify, YOF torna con un nuovo progetto. Il giovane produttore romano ha scelto di collaborare con Ainé, tra le figure più autorevoli della NuSoul italiana. Questa unione testimonia la crescita di un movimento che in Italia sta guadagnando sempre più spazio.
Emergenti e artisti affermati si incontrano per dare forza e visibilità a una scena in piena evoluzione. Il rapporto tra YOF e Ainé nasce da collaborazioni pregresse, live condivisi e produzioni già intrecciate. Esperienze come il festival R&B TakeOver di Roma e le sessioni di The Cottage hanno consolidato un’intesa naturale. Da questa sintonia è nato “1000 Persone”, un brano costruito su un groove profondo e su atmosfere che intrecciano soul e hip hop.

Yof – Ainè: 7.5

Niente di niente

I Soloperisoci ci hanno abituati alla trasparenza. Sono struggenti mentre mettono sul tavolo le cose come stanno, senza poesie artefatte. Un esempio lampante fu “Caterina”. Ma qui sembrano fare un passo in più. Forse più crudo, ma dalle intenzioni più positive nella sua pragmaticità. Niente di niente racconta delle battaglie combattute nella coppia contro l’altro e contro sé stessi solo per rimanere insieme. Molto prima di ammettere che per salvarsi era necessaria la separazione. Un brano arrabbiato ma morbido nei modi, nella base, nella conduzione e nel ritornello. Per più ascolti dedicati. Riflettendo su quanto la paura della solitudine ce la faccia demonizzare, mentre l’inferno è restare nel loop e provare a resistere.

(Stefano Giannetti)

Soloperisoci: 7,5

Sai (L’esperto)

Sembra una danza fatta a passi piccoli, coi piedi nudi sotto il pigiama, nella propria camera, mentre si ride per salvarsi dai modi dell’esperto di cui parla il brano. Quella categoria di persone che snocciolano sapienza per sentirsi fighi mentre usano i nostri occhi annoiati come specchi. Millealice ci invita con virtuosa leggerezza a lasciarci più andare. A non essere ossessionati dal dimostrare qualcosa. Che non serve a nulla, poi. Le lancette scorrono sia per chi conosce tutte le strade, sia per chi si consola nel sentirsi perso e si lascia stupire, sorridendo.
Provocatoria, deliziosa e dallo stile ricercato.

(Stefano Giannetti)

Millealice: 8

Pugili impazziti

Niente hype, niente annunci, un featuring inaspettato ma che ha scaldato il cuore di tutti: i mondi di Tananai e Baustelle si incontrano sulla stessa traccia, regalandoci una canzone profonda e struggente, senza filtri, con il solo obiettivo di trovare anime affini in questo mondo perso. “A chi si sente perduto nel mondo, a chi pensa di fare la rivoluzione ma gira a vuoto, a chi si blocca dopo il primo disco e a chi avrebbe voglia di bloccarsi per sempre, a chi non ha una casa, e a chi la casa ce l’ha ma ha il cuore disperato come se non ce l’avesse”. Un inno di conforto e di pace, a ricordarci che non siamo soli al mondo, che ovunque andiamo può esserci una casa, che siamo tutti sulla stessa barca. Una ferita aperta che rimargina sé stessa: questa insolita collaborazione è tutto ciò di cui avevamo bisogno.

(Sara Vaccaro)

Baustelle, Tananai: 9,5

’Nu veleno amaro

Come una sostanza, l’amore tossico è un veleno amaro: crea dipendenza, ci logora lentamente e poi ci abbandona, lasciandoci senza fiato prima ancora di accorgercene. Con il suo nuovo singolo “‘Nu veleno amaro”, Anna and Vulkan racconta proprio questo: la dimensione di una relazione avvelenata, in cui la manipolazione emotiva si nasconde nei piccoli gesti quotidiani, fino a diventare sempre più ingestibile e soffocante. Senza mai rinunciare ad un sound mediterraneo e passionale, che è ormai la sua firma, l’artista dà voce anche ai sentimenti più intimi e complessi, trasformandoli in musica travolgente e d’impatto: perché a volte è proprio dal dolore che nasce la forza di ricominciare.

(Sara Vaccaro)

Anna and Vulkan: 8

Milano tt ok

Un pezzo fresco e giovane, proprio come Milano, con la sua vita frenetica e instancabile. “Milano tt ok” è una bomba fatta a canzone, un pezzo che ti prende e ti entra in testa dopo due ascolti, una simpatica lente sulla città che ne evidenzia tutti i dettagli, positivi o negativi. Vins ci racconta le sue giornate milanesi con leggerezza e ironia: “è davvero un film o è solamente la mia vita?”. Forse non saperlo distinguere è ciò che rende il tutto molto più interessante: comunque sia, qui è tutto okay. Un brano che ti trascina dentro Milano e non ti lascia più.

(Sara Vaccaro)

Vins: 8-

YODA

“YODA” è il ritorno dei MOOD dopo otto anni che non concede appigli: un rito elettronico, tribale e corrosivo, dove ogni suono sembra provenire da un punto remoto della coscienza.
I big beat distorti e le percussioni dal respiro ancestrale si fondono con synth taglienti e melodie arabeggianti, creando un ibrido che vive tra la pista da ballo e il deserto, tra il rave e la preghiera. L’ascolto diventa un viaggio ipnotico, fisico, dove il corpo è chiamato a resistere e ad abbandonarsi allo stesso tempo. C’è qualcosa di profondamente rituale in questo brano: la ripetizione ritmica diventa mantra, il groove si fa trance, la distorsione è catarsi. E se il titolo vi ricorda il maestro Jedi di Star Wars non vi state sbagliando: la band ha infatti deciso di omaggiare questo personaggio per sottolineare l’importanza della resistenza interiore oltre alla capacità di restare saldi anche quando ci si ritrova in mezzo al caos. Esistere e resistere nonostante tutto.

(Ilaria Rapa)

MOOD: 8

Un modo

Una sola frase – «Un modo lo troviamo» – viene ripetuta come un mantra disperato, una bugia, ci dicono gli stessi Amore Audio, necessaria, pronunciata dai due amanti che sanno di non potersi più salvare. Il duo trasforma questa micro-narrazione in un viaggio claustrofobico nella musica elettronica di contaminazione internazionale, dove bassi profondi e sintetizzatori distorti diventano il battito vitale di un legame al collasso. Perché dirsi una bugia, vi starete chiedendo: per difenderci dal dolore a volte è necessario muoversi su un confine sottile tra la speranza e l’inganno. È l’eco di un addio che non si riesce a pronunciare, di un gesto reiterato nonostante la consapevolezza della sua inevitabile fine. Gli Amore Audio sono anche legati all’arte, se ci fate caso infatti, l’artwork è ispirato al celebre dipinto “La morte di Socrate” di Jacques-Louis David, che aggiunge così una chiave di lettura perfetta: come l’uomo che porge il veleno sapendo di commettere un errore, così i protagonisti di “Un modo” si avvelenano a vicenda nel tentativo di salvarsi.

(Ilaria Rapa)

Amore Audio:8

Luci Spente

C’è un momento, nella vita di tutti e nella musica, in cui le luci si abbassano davvero, perché serve buio per guardarsi dentro. “Luci Spente” nasce proprio lì e ci parla di paura e accettazione, di quella fatica che proviamo quando tentiamo di mostrarci per ciò che siamo, senza filtri. Il brano procede come un lento respiro, alternando momenti di sospensione a picchi emotivi che esplodono solo nel ritornello, quando il pianoforte e la voce si intrecciano. Jacopo Sol con questo singolo non vuole illuminare la stanza, ma spegnerla, per ricordarci che nel buio si vedono meglio le cose che contano davvero.

(Benedetta Rubini)

Jacopo Sol: 8,5

Nomadi

Con “Nomadi”, Gonzalo Baby Boy ci fa ascoltare un’ibridazione di suoni che mescola groove new disco, teatralità alla Buscaglione e il calore emotivo di Napoli. Il risultato è un brano che vibra tra malinconia e libertà, un inno al movimento e all’appartenenza, anche quando non si ha più una casa da chiamare tale.
“Nomadi” diventa metafora di uno stato dell’anima, non parla solo di spostarsi, ma di cercare dentro e fuori di sé un luogo dove sentirsi vivi. “Nomadi” non è chi fugge, ma chi rifiuta di restare immobile. È un brano corale, costruito per la strada e per la gente in cui Napoli non è solo un riferimento geografico, ma un un modo di stare al mondo.

(Benedetta Rubini)

Gonzalo Baby Boy: 8

Niuman

Scippa confeziona un album in cui pone al centro la realtà complessa e instabile che ognuno di noi attraversa ogni giorno. Musicalmente, il disco gioca con l’equilibrio tra suono essenziale e arrangiamenti che mischiano acustico ed elettronico: chitarre, sintetizzatori, momenti quasi elettronici che emergono tra le pieghe del pop. “Per quieto vivere si vivono vite inquiete…/ se sei te stesso non sei più lo stesso.” La contraddizione è esplicita: vivere per quiete può creare inquietudine. Spesso l’autenticità diventa un paradosso: per essere se stessi non dobbiamo più essere noi stessi come ci aspettavamo. “Niuman” è un album che pone più domande che soluzioni. SCIPPA mette in scena la realtà che cambia, la precarietà dell’identità, la necessità di scegliere tra apparire e essere.

Scippa:7,5

se questo è crescere

Crescere non è mai come ce lo raccontano. Fa rumore, graffia, a volte ti lascia senza fiato. È una vertigine, un equilibrio che si perde e si ritrova a metà strada tra rabbia e resa.
“Se questo è crescere”, il primo album dei Flowers for Boys, nasce proprio lì: nello spazio fragile dove finisce l’adolescenza e comincia qualcosa che non si sa ancora nominare.
Otto brani che si muovono come ferite aperte, in bilico tra alt-rock ed emo, con improvvise sfumature post-punk che fanno vibrare tutto ciò che è rimasto in sospeso. La loro musica è un urlo e un abbraccio insieme, ruvida, sincera, piena di vita.

C’è la voglia di scappare e quella di restare, la nostalgia di ciò che non torna e la forza di chi prova comunque a ricominciare. “Fragile”, “Polaroid”, “Come Stai” e “Va Bene Così” non cercano risposte: raccontano la verità nuda, quella che si prova quando non si sa più da che parte stare. Ogni canzone è una scheggia di riconoscimento collettivo, un frammento di quella malinconia che tutti, almeno una volta, abbiamo cercato di nascondere. “Se questo è crescere” è un disco che non pretende di guarire, ma di restare accanto.
È onesto fino in fondo: urla le crepe, abbraccia la vulnerabilità, si sporca di vita vera. Dentro ci sono smarrimento, urgenza, speranza e, soprattutto, quella lucidità che arriva solo dopo aver toccato il fondo e aver deciso di tornare su.

I Flowers for Boys lo dicono senza troppi giri di parole: crescere fa male, ma è necessario. E se questo è crescere davvero, allora che almeno ci trovi insieme, con le mani sporche di musica e il cuore ancora aperto.

(Viola Santoro)

Flowers for boys:7,5

Opopomoz

Riconoscersi, sapere cosa siamo davvero, decidere di rimanere fedeli ai propri ideali, al di là di ogni successo autoimposto o derivante dalle circostanze esterne. Opopomoz di SANO è un brano che sa di libertà e magia, elementi che si mischiano sia nel quotidiano sia nella possibilità di scegliere a seconda di quello che si vive o che si percepisce. L’inizio sembra una scena del crimine, spunto quasi che sfocia nel paranormale, la soluzione sviene svelata poco dopo, quando tutto diventa pop, qualcosa cambia e bisogna riuscire ad abituarsi al cambiamento. Non c’è una formula magica, SANO però riesce sempre a creare le sue alchimie, anche flirtando con un mondo meno alternativo, senza essere costretto a cedere la propria identità.

(Nicolò Granone)

SANO: 8

Umana

“Umana” è un viaggio dentro l’esistenza, un ritratto collettivo di fragilità e resistenza, dove ogni voce trova spazio, anche quella che la società preferirebbe non ascoltare.
Con questo secondo album, i Brucherò nei pascoli mettono in musica un mondo fatto di persone ai margini, vite imperfette, destini sospesi. Coppie divorziate, angeli caduti, padri lontani, anime dimenticate: ognuno trova qui la propria dignità, una piccola verità in mezzo al caos. È un disco che guarda in faccia la realtà senza giudicarla, trasformando la disperazione in poesia, la rabbia in suono. Musicalmente, Umana è un mosaico in continuo movimento: un intreccio tra post-punk, rap ed elettronica, dove il rumore incontra la melodia e l’emozione si fa ritmo. La produzione di Tommaso Colliva amplifica la complessità di un progetto che non ha paura di cambiare pelle, di passare dal crudo realismo a un lirismo intimo e struggente.

La title track “Umana” è il cuore pulsante del disco, un delicato racconto di smarrimento e ricerca di sé, tra pianoforte e chitarra, dove una ragazza qualunque diventa simbolo universale di chi non si sente mai abbastanza. “Manila” apre un varco politico e poetico insieme, “Sale” reinterpreta De André con disarmante sincerità, “Andrea” commuove nel suo sguardo sull’autismo, arricchito dalla collaborazione con la cooperativa AllegroModerato. Ogni brano è un frammento di un’umanità in pezzi, ma viva, pulsante, vera. “Umana” è un album che non cerca di piacere: vuole scuotere, ferire, riconnettere. È un disco che abbraccia le contraddizioni e ci ricorda che la fragilità non è una colpa, ma un linguaggio.

Dentro c’è tutto: la rabbia, la dolcezza, la paura, la speranza. E soprattutto quella sensazione di esserci ancora, anche quando il mondo sembra dimenticarci. Perché, alla fine, essere umani è proprio questo: sentire tutto, anche quando fa male, e continuare a cantarlo.

(Viola Santoro)

Brucherò nei pascoli:7,5

Editto dal Sottoscoglio

Marco Castello torna a bussare alle porte del cantautorato italiano con in bocca un nuovo pezzo, travolgente e resistente. Un piccolo manifesto ambientato in un’isola immaginaria che richiama la sua Sicilia: qui, un gruppo di dissidenti locali cercano di rovesciare l’occupazione militare americana in atto. Vi è urgenza e scatto istantaneo verso un fine comune, a tratti illusorio: la libertà collettiva. Sonorità anni settanta mescolate a forti legami di identità culturale, cari al cantautore siculo che da sempre utilizza la musica come strumento di denuncia e riflessione. “Editto dal sottoscoglio” ha un segnale forte che proviene dal basso, da un sottoscoglio arenato e lontano dalla vista principale e da sguardi indiscreti; un luogo che evoca isolamento e marginalità ma anche fermento e resilienza. Un provvedimento che parte da qui e che in men che non si dica, riesce a raggiungere sempre più occhi, sempre più mani. Una musica che si fa eco, e che fa nascere la vera rivoluzione.

(Mariangela Caputo)

Marco Castello: 8

Cit.

C’è qualcosa di particolarmente vero in “Cit.”, nuovo singolo di De.Stradis. Non un semplice brano ma un susseguirsi di memorie dal sottosuolo che il cantautore prende in prestito per farle sue – o meglio, di tutti. Con la complicità vocale di Nico Arezzo e la produzione di Filippo Bubbico, il pezzo s’impone come una dichiarazione d’intenti: il basso elastico, le chitarre pulite e le voci dei due artisti si rincorrono in dialoghi fatti di consapevolezza e ironia. Quello di De. Stradis è un gioco musicale certo, ma anche una riflessione profonda come lui stesso afferma: “L’umorismo che spesso gioca sul cambio di prospettiva è qualcosa di fortemente umano e di difficile replica. In un mondo dove la musica inizia a essere scritta con Al, ciò che è irreplicabile è la prospettiva del singolo artista nel giocare con musica e testo”; un pensiero questo che restituisce il senso più autentico di “Cit.”, liberandolo dal male e da copyrights indesiderati per rivendicare al contempo, libertà di citazione e contaminazioni artistiche continue.

Anche la copertina del singolo rimanda a tale idea: invita a guardarsi attorno, a raccogliere quante più informazioni possibili per descrivere ciò che ci circonda e che viviamo quotidianamente. La pipa di Magritte, tratta dalla celebre opera “Ceci n’est pas une pipe” e posta sopra la sagoma del cantautore, simboleggia perfettamente l’obiettivo di De.Stradis: mentre il pittore francese ci ricordava che un’immagine non è la cosa che rappresenta, allo stesso modo De. Stradis, ci dice che una citazione non è l’originale ma una sua personale rielaborazione. Con “Cit.”, De.Stradis conferma la sua capacità di trasformare la musica in uno spazio di riflessione e creatività, ove ogni citazione diventa una nuova prospettiva.

(Mariangela Caputo)

De. Stradis feat Nico Arezzo: 7,5

Permafrost

Bloccati in uno strato emotivo denso, freddo e sporco, trappola o forse bozzolo, con la speranza che diventa un ultimo tentativo di ribellione. I se e i come rimangono sospesi del dolore di un rapporto tossico che con il passare del tempo non evolve, restando bloccato in contraddizioni che fanno male, anche se non lo si vuole ammettere.

L’atmosfera di questo brano si fa cupa rappresentando una situazione dove, probabilmente, solo uno dei due sa che non esiste una via d’uscita, rimanendo però in silenzio davanti a questa convinzione.  Le parole replicano un loop emotivo che sembra non chiudersi mai, dal quale non ci si riesce a districare, come una dipendenza al tempo stesso romantica e tossica. Diventa una gara a perdere, quella di andare avanti, rimanendo fissati su convinzioni ormai molto lontane dalla realtà.

(Nicolò Granone)

Santatango:7,5

Arco-íris

Linee sinuose e colori in movimento attraversano “Arco-íris”, il nuovo singolo dei CousCous a Colazione. Un brano che parla di ricerca e di ritorni, di quella luce interiore che si riscopre solo imparando a guardarsi davvero. Tra onde elettroniche e una scrittura dal respiro poetico, “Arco-íris” costruisce un viaggio dentro sé stessi: la voce si muove tra pensieri e intuizioni, cercando equilibrio tra confusione e consapevolezza. Il ritmo accompagna senza travolgere, lasciando spazio al silenzio e alle sfumature.
C’è un invito sottile ma costante in queste note: smettere di cercare altrove, ritrovare dentro di sé la parte più autentica. I CousCous a Colazione lo fanno con grazia e colore, trasformando l’introspezione in una danza leggera e luminosa.

(Serena Gerli)

CousCous a colazione: 8

Mezzanotte e Mezza

Funky, ironico e irresistibilmente notturno: “Mezzanotte e mezza” è la risposta disinvolta a tutte le notti che finiscono prima di cominciare. I Melodrama e Diorama intrecciano groove e sarcasmo in un brano che suona come un piccolo inno generazionale — per chi preferisce tornare a casa piuttosto che perdersi tra le luci stanche della città. Tra linee di basso elastiche e chitarre che scivolano leggere sul beat, la voce gioca con le parole con un’ironia contagiosa, raccontando la libertà di scegliere di fermarsi, di non dover sempre inseguire la frenesia. C’è ritmo, ma anche misura: Mezzanotte e mezza balla sull’orlo tra euforia e lucidità, con una leggerezza che non rinuncia all’intelligenza. Un funk luminoso, compatto, che riesce a far convivere il divertimento con un sottotesto quasi riflessivo: anche restare a casa può essere una dichiarazione di stile.

(Serena Gerli)

I Melodrama & Diorama: 8

Quello che non so

L’incertezza che si trasforma in comprensione attraversando una fase di vuoto e buio, le domande diventano risposte solamente con lo scorrere del tempo. In una relazione il rapporto deve essere sempre condiviso, seguire la stessa direzione anche riuscendo a stare a distanze differenti. Quando però iniziano ad emergere dei dubbi, la solitudine diventa non solo una conseguenza, ma anche una scelta, certamente difficile da fare, ma necessaria per proteggere la propria essenza, senza diventare l’inutile tentativo di coprire le delusioni altrui.

L’essere umano, per differenziarsi dagli animali, si affida spesso alla sua parte razionale, adottando un comportamento fisico e sociale che lo manda in crisi quando qualcosa finisce e  diventa non è così scontato accettare la situazione. Questo brano nasce dalla fragilità del mettersi a nudo, di guardarsi allo specchio senza il bisogno di nascondere le cicatrici, con la consapevolezza che la nostalgia è un ricordo che rimane, anche quando la paura è andata via.

(Nicolò Granone)

Ioemeg: 7

Lacrima VHS

Un carosello di ricordi potrebbe essere registrato su una vecchia VHS, ma adesso anche i lettori DVD rischiano di andare in pensioni con le piattaforme digitali e lo streaming. Ecco, ci sono storie d’amore che con il passare del tempo diventano vecchi oggetti ormai in disuso, a volte l’orgoglio e la rabbia vorrebbero arrivare addirittura a bruciarli, invece che far finta di niente, provando a nasconderle nel cassetto dei ricordi.

Fofoforever cantano un brano dal gusto vintage, che riavvolge sentimenti complicati con la malinconia di chi, prima di andare a dormire, sceglie di mettersi davanti alla Tv e rivedere ancora una volta il cartone che guardava da bambini.

(Nicolò Granone)

Fofoforever:7,5