New Indie Italia Music Week #248
“Young hearts be free tonight
Time is on your side
Don’t let ‘em put you down
Don’t let ‘em push you ‘round
Don’t let ‘em ever change your point of view”
(Rod Stewart – Young Turks)
C’è un senso di urgenza nell’aria, come se ogni battito chiedesse di essere vissuto fino in fondo. Cuori giovani che si muovono nella notte, liberi e ostinati, con lo sguardo rivolto avanti e la musica come unica direzione possibile. È la promessa di una stagione che non vuole arrendersi alla routine, ma continuare a cercare, a cambiare, a bruciare.
Le nuove uscite della settimana nella scena indie italiana raccontano proprio questo: la libertà di sbagliare, di restare fedeli al proprio punto di vista, di lasciarsi attraversare dal tempo senza subirlo.
Dalle ballate intime alle esplosioni elettroniche, dai ritorni attesi alle nuove voci da scoprire, ogni canzone è un passo deciso verso qualcosa di autentico — un invito a non lasciarsi mettere giù, a restare in movimento.
Sumia
Con “Sumia”, Cosmo torna con energia fresca e un po’ scanzonata, ma sotto la superficie emerge la solita cura per il suono. Nasce come una “canzone da pista”, un pezzo pensato per il club, “una pura idiozia da pista”, come dice lo stesso artista. Il titolo, che in piemontese significa “scimmia”, suggerisce già un mood giocoso e animalesco: Cosmo sembra voler mettere da parte almeno per un momento la riflessione profonda per abbracciare il movimento. Tuttavia, sotto quella superficie leggera c’è la firma stilistica dell’artista: un groove che mescola funk techno, grovigli di sintetizzatori e beat che sanno di pista.
(Benedetta Rubini)
Cosmo: 7,5
Appassirò(?) (album)
L’EP alterna momenti densi a spazi sospesi: l’inizio con “intro/forse accolto” ha un tono crepuscolare, mentre brani come “felice mai” e “ mangiami” mostrano la capacità di Versailles di passare dal sarcasmo al grottesco, dalla rabbia al desiderio. Inoltre l’uso di sample jazz, glitch, voci distorte e bassi saturi racconta un artista che non accetta facili etichette.
“Mi hanno detto: ‘Funzioni troppo meglio da solo’…/ io però ho sempre sognato di cantare in un coro.” Il verso cattura la disillusione dell’artista che si sente fuori dalle regole, che non vuole funzionare secondo uno schema, ma dare spazio alla propria voce. Appassirò(?) è un EP che non teme la complessità: non cerca il successo facile, ma mette in gioco l’identità, la trasformazione, il conflitto. Versailles dimostra maturità narrativa e sperimentazione sonora, restando fedele a se stesso ma ampliando gli orizzonti.
(Benedetta Rubini)
Versailles: 8,5
Cuore Ribelle
“I Boschi Bruciano” accendono la scena con “Cuore Ribelle”, un brano che fonde intensità emotiva e spirito rock con una scrittura sincera e viscerale. Le chitarre graffianti e l’andamento incalzante accompagnano un testo che parla di fragilità, fuga e desiderio di libertà, fotografando una generazione in bilico tra sogni e disillusione. Le immagini di fantasmi, bombe e nuove Americhe evocano un mondo che brucia ma continua a danzare. “Cuore Ribelle” è una promessa di pace in mezzo al caos — un inno a chi sceglie di amare, nonostante tutto.
I Boschi Bruciano: 7
Vento Forte
Delvento raccoglie in questo progetto le sue molte anime, dando vita a un lavoro sincero e vibrante, dove la dimensione pop incontra arrangiamenti caldi, melodie limpide e una scrittura che sa guardarsi dentro. Siamo di fronte ad una sorta di mappa emotiva, ci sono sia lezioni delle sconfitte sia vittorie che spingono ad andare avanti, infatti ogni brano va visto come una tappa.
Il titolo “Vento Forte” diventa metafora dell’esistenza stessa: la vita che ti spinge, che ti fa perdere l’equilibrio, ma anche ti tiene vivo.
Dal punto di vista musicale si distingue per una produzione curata e pulita: non c’è artificio, solo equilibrio.
(Benedetta Rubini)
Delvento: 8
Fantasmi
“Quante volte ci tiriamo schiaffi, senza che nessuno mai ci tocchi”. Il mondo della nostalgia è, come il brano stesso, onirico, cinematografico, poetico. Ma è una maschera della sua aggressività. Marta ci conduce nell’aldilà del passato, dopo l’addio a una persona. Dolce, attraente, fatto di quei parchi, quei fiumi e quei cieli che fanno parte dei nostri ricordi condivisi, e di tanti elementi che il nostro attaccamento a ciò che è stato ha reso migliore o aggiunto di sana pianta. Perché il regno dei fantasmi ci alimenta e ci dà luce dentro di esso, mentre non riusciamo a tagliare il buio fuori (“il corpo pieno di bugie, la mente sempre instabile”). Visionario e realistico insieme. Una poesia cruda e delicata.
(Stefano Giannetti)
Marta Guidoboni: 8,5
Non sei te
La voce delicata, un sussurro ruvido di Tamì accompagnato dall’altra carezza che è la tonalità di Uale. Consolano e incoraggiano insieme al messaggio del brano. Non sei te invita ad ascoltare solo noi stessi, alla fine. Che spesso non solo i conoscenti, ma anche chi amiamo o abbiamo amato ci porta fuori. E lì siamo troppo più facili da convincere. Un dolce incitamento all’amor proprio, non privo di strascichi di una relazione passata, né di una cicatrice su cui “ripassare” la lezione che la vita ci ha dato.
(Stefano Giannetti)
Tamì&Uale: 8
Crudele Dipendenza
“Crudele Dipendenza” nasce nel 2022 da una session in garage con gli amici, un urlo intenso e viscerale che racchiude al suo interno tutta l’inquietudine e la rabbia del distacco.
Scritta di getto, il brano nasce come sfogo spontaneo che ritrae in maniera diretta e di impatto il momento in cui la dipendenza emotiva e il dolore si intrecciano fino a portare alla separazione inevitabile e sofferta.
La produzione attinge da universi sonori lontani ma complementari conservando la ruvidezza e l’urgenza delle origini: strumenti suonati dal vivo, atmosfere sporche e un cantato diretto, che racconta la vulnerabilità senza filtri.
Piccolo: 8
Pita Gyros
Un susseguirsi di parole scritte per essere cantate con la voce rotta. Quando i ricordi prendono il sopravvento, la malinconia provoca un nodo in gola difficile da sciogliere, e il dolore si insidia tra la mente e il cuore. “Pita gyros” è il nuovo singolo di Emili Kasa, un inno struggente, ma anche estremamente puro. “La mia seconda figlia” la considera l’artista, proprio perché il brano, oltre a richiamare le sue origini, è lo specchio della sua anima: se spesso l’amore viene raccontato con dolcezza, in modo quasi fiabesco, in questo caso la narrazione viene completamente ribaltata. L’amore può essere confusione, fraintendimento, fragilità. Un amore può smettere di essere bello: ciò non significa, però, che non ti possa lasciare qualcosa.
(Sara Vaccaro)
Emili Kasa: 8
Burnout
Nel cuore dell’autunno e nel giorno più pauroso dell’anno, Gionata torna con “Burnout”, un brano in cui anche tu che ascolti non puoi che rivederti. La voglia di sparire per ritrovarsi, di stare soli per tornare integri, per mettere insieme i pezzi dopo una catastrofe emotiva. “una bambina che piange in cortile, un cane che abbaia senza sosta”, queste le immagini che ci suggerisce l’autore, diventano frammenti di realtà che si fanno simboli di un logorìo interiore, quotidiano, condiviso. Il gatto antropomorfo in copertina ci osserva: è la parte di noi che sceglie il silenzio, che rimane quando tutto si consuma. Con questo nuovo brano Gionata scrive la colonna sonora di una generazione esausta ma ancora capace di resistere, con delicatezza e verità.
(Ilaria Rapa)
Gionata: 8
Tavolo tondo
Partorito il 31 ottobre con il sostegno dell’etichetta Dumbadischi, Tavolo tondo è presentato come un viaggio emozionale nella memoria della cantautrice calabra. Un ritorno al passato vivido e istantaneo, capace di far riaffiorare immagini e di evocare odori dimenticati. La figura della nonna si fa presenza discreta e radice profonda: madre silenziosa che, con piccoli movimenti della mano, tracciava il perimetro di quel tavolo in cucina, divenuto centro e teatro di riti quotidiani.
L’ascoltatore entra senza bussare in questo mosaico di ricordi, accompagnato dolcemente dalle voci delle due protagoniste — Tabascomeno e Acqua Distillata — che si intrecciano in continui abbracci sonori. Le sonorità, intime e oniriche, si fondono e si dissolvono nell’aria, lasciando sospesa la sensazione di trovarsi dentro un sogno condiviso.
(Mariangela Caputo)
Tabascomeno e Acqua Distillata, 7.5
La noche en que te fuiste
Con “La noche en que te fuiste”, Arya firma un nuovo passo che la porta dritta verso il mondo dei suoi sogni. Fin dall’introduzione, si respira un’aria sospesa, rarefatta — un’atmosfera che nasce dai synth morbidi, dai suoni riverberati e da una voce che sembra provenire da un luogo lontano, quasi a voler sussurrare un segreto all’ascoltatore. Dolorosamente intensa è la percezione di una lontananza in arrivo, qualcosa che deve inevitabilmente giungere e che, nel suo compiersi, lascia dietro di sé emozioni non dette e sentimenti rimasti in bilico tra ricordo e desiderio. Non vi è retorica, solo un fluire naturale di immagini semplici: ombre, echi, distanze che si fanno orizzonti. Arya sceglie la sottrazione come forma espressiva: ogni parola è calibrata, ogni silenzio ha un peso. È in questo equilibrio fragile che si manifesta la sua maturità artistica, capace di trasformare la malinconia in luce tenue e di restituire, in musica, la purezza di un’emozione autentica.
(Mariangela Caputo)
Arya: 8
Wendy
Dopo “Casa nostra”, a distanza di pochissimi giorni, Henna ritorna con “Wendy”, un singolo che mescola maturità e leggerezza pop. Con la sua voce calda e sospesa – quella voce che sembra uscita da un vecchio giradischi ritrovato in soffitta, e che quando lo riaccendi ti riporta indietro nel tempo – l’artista ci regala una nuova versione di sé: più intima, a tratti introspettiva. Wendy, la bambina che amava Peter Pan ma che alla fine decise di crescere, diventa la protagonista di questo nuovo viaggio che sembra dirottare verso l’isola che non c’è.
La bimba “dal miele tra i capelli”, che offre baci in punta di piedi, si trasforma in alter ego e rifugio da un mondo fatto di soli adulti che non vogliono più ascoltare. Suoni morbidi e sintetici si intrecciano a vibrazioni elettroniche e immagini delicate, mentre Henna esplora quel confine sottile tra desiderio e paura di perdersi. “Wendy” è una canzone che conquista per sincerità e misura: non ricerca effetti speciali, non si incolla addosso etichette ma parla con semplicità e grazia. Un passo decisivo per un’artista che sembra aver finalmente trovato il suo locus amoenus all’interno del panorama musicale italiano.
(Mariangela Caputo)
Henna: 8
Let’s Make a Circle Around My Life and Then Stay Out of It
Avete presente quel rock alternative inizio anni 2000, con quella rabbia fresca vera, sincera? Allora per i nostalgici del genere non possono che amare “Let’s Make a Circle Around My Life and Then Stay Out of It”, il nuovo singolo dei TA GA DA che tornano con un brano che è un pugno in faccia e un salto sul palco allo stesso tempo.
Il loro sound, già celebrato per l’approccio selvaggio al dance-punk, qui si fa ancora più viscerale: chitarre scattanti, batteria incalzante, un groove che sembra voler aprire la pista e distruggere le pareti. Eppure, attenzione. Non è semplice revival: è reinvenzione, è urgenza. I TA GA DA vogliono agitare, far muovere, far sentire vivi, vogliono disegnare un cerchio e farci entrare dentro solo le persone prese bene.
(Ilaria Rapa)
TA GA DA: 8,5
Amore Immenso
Un’uscita non casuale, a ridosso della notte di Halloween, tra la fine della stagione del sole e l’inizio dell’oscurità, TACØMA accende la sua fiamma personale. “Amore Immenso” è un viaggio tra elettronica, big beat e rock alternativo, con richiami alla scena anni ’90 ma con uno sguardo moderno e autentico.
“Ho un amore immenso, che fatica sai portarlo appresso.
La farò durare più che posso, questa fiamma che mi brucia nel petto.”
Tacoma: 7
La Morte (Album)
“La Morte” è un album metamodernista che esplora la coesistenza degli opposti: vita e morte, sensualità e spiritualità, luce e oscurità, tradizione e urbanità. È un’opera che abita la complessità, dove la fine diventa inizio e la vulnerabilità si intreccia alla forza. L’immaginario visivo e lirico di Diora Madama affonda le radici nel Sud, rendendo l’Abruzzo, terra d’origine dell’artista, un simbolo universale di contraddizione, identità e rinascita.
Musicalmente, “La Morte” unisce il folclore abruzzese a ritmi e sonorità globali: bossa nova, baile funk, taranta e influenze afro-latine convivono con un approccio urbano e jazzistico. L’estetica dell’album può essere definita come “oscurità calda”: restituisce un’atmosfera notturna ma viva, sensuale e sospesa, dove la produzione diventa linguaggio narrativo. Ogni brano è una tensione tra decostruzione e appartenenza, tra intimità e ribellione. A sostegno della sua volontà di portare la sua terra nel suo primo album troviamo solamente due featuring, entrambi abruzzesi: Troyamaki, figura di punta dell’hyperpop italiano, e Leslie, voce rap intensa e viscerale.