PH: Ufficio Stampa
Come stai?
Il 90% delle persone che sta leggendo quest’intervista, probabilmente e di getto, risponderebbe un semplice bene e via, evitando di stare a pensarci troppo.
Il cantautore michiamanojack è partito da questa domanda per interrogarsi non solo sulle sue emozioni, ma anche su quel senso di vuoto che lascia non sapere cosa sta succedendo nella vita di alcune persone, le stesse che vivono ormai solamente dentro i ricordi, perfette sconosciute nel nuovo quotidiano.
Abituarsi ad un assenza è una risposta che la ragione impone, anche se il cuore proverà sempre a tirare fuori la questione.
“Come stai?” è una domanda che nella sua banalità e nella sua fragilità è disarmante. Racchiude un mondo, ed è forse la domanda con il maggior numero di risposte false mai esistita.
Perché è vero, rispondere non è facile, ma soprattutto fa paura.
Rispondiamo sempre “bene”, per tagliare corto e perché sappiamo che è quello che si aspettano come risposta.
Se rispondessimo sinceramente ci sarebbe la paura di mettersi a nudo, con la convinzione che in fondo sia semplicemente una domanda di rito. E alla fine, chi avrebbe veramente voglia di ascoltare?
Penso che a modo suo ogni canzone che scrivo lo sia, a volte nemmeno mi rendo conto di cosa sto parlando, è un flusso di coscienza a cui do un senso dopo aver riletto/ascoltato il tutto.
Nelle canzoni ci si confronta con le paure, a volte le elaboriamo, magari non saranno del tutto risolte, ma metterle nero su bianco e condividerle dà un certo senso di sollievo.
Accettare credo che sia fondamentale, ma non dobbiamo fare l’errore di confondere l’accettare con la rassegnazione o con il dimenticare, perché se lo si fa è proprio lì che diventa deleterio a lungo raggio. Accettare qualcosa significa averci fatto pace, averla metabolizzata e sapere che è lì, che è successo.
Se questo lavoro interno non viene fatto correttamente allora si, la vita ti presenterà il conto prima o poi.
Molto.
Più che l’incertezza, perché alla fine non sono mai stato una persona in cerca di sicurezze, mi spaventa il fatto che le cose mi capitino, che il tempo passi e io non me ne accorga, per poi ad un certo punto aprire gli occhi e capire che non sono felice perché non ho costruito la vita che avrei voluto.
Io in realtà sono sempre stato della corrente di pensiero opposta, il “fascino del mistero” lo trovo un po’ anacronistico, ho sempre preferito la trasparenza sin dall’inizio.
Essere se stessi è sempre l’arma vincente, no?
Purtroppo vivo perennemente in ritardo e dopo anni ho esaurito qualunque tipo di scusa plausibile.
Per quanto mi abbiano salvato la vita in un sacco di occasioni credo che ci sia un’unica cosa che non può essere insegnata con un tutorial su YouTube, o in nessun altro modo: L’estro, la creatività
La prima risposta che mi viene in mente di getto è Gazzelle, ma semplicemente perché secondo me la sua voce sopra ci starebbe molto bene e perché credo sia un artista con una sensibilità tale da entrare nella canzone, e quindi nella vita, di un altro, con la delicatezza necessaria.
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