New Indie Italia Music Week #250

New Indie Italia Music Week #250

“Tanto a me piace solo il mare
Anche la musica fa vomitare
Ma che bisogno c’è di lavorare?
A me non serve niente
A me piace naufragare
Sopra i miei sogni da dimenticare
Sopra un amore che mi ha fatto male
L’amore mio è l’Italia”

(Naufragare, Tropico)

C’è chi cerca risposte nella musica e chi invece ci si tuffa solo per galleggiare un po’, come quando guardi il mare senza aspettarti niente, giusto per sentire che l’onda ti prende e ti lascia (ti sembra poco?!. C’è che si perde nelle maree musicali di brani capaci di farci perdere la rotta ma in modo piacevole, ideali per dimenticare ciò che pesa e ricordare ciò che vibra.

Tra sogni mezzi storti, amori che graffiano più del dovuto e quell’affetto inspiegabile per questo paese bellissimo e incasinato, selezioniamo ciò che vale davvero la pena sentire.

Non per trovare un senso — per quello c’è tempo — ma per godersi il viaggio, anche quando è un po’ alla deriva.

Scopriamo i migliori brani della settimana scelti e recensiti dalla redazione di Indie Italia Magazine.

Siamo stati guai (Album)

L’album inizia, di fatto, con un epilogo (“Un fiore”) raccontando quasi con sola voce sua madre che sulla morte pianta un fiore, ricominciando da capo, e finisce con un altro epilogo (“Nuovo inizio”), brano morbido che conclude ma coincide con la narrazione dell’inizio del lavoro a questo album. Un cerchio che si chiude ma apre al futuro, grazie alla musica ma non solo. Grazie a tutto quello che c’è stato prima. E prima c’è stato tanto dolore, ma anche tanta ricerca d’amore per un padre che forse era più figlio. Ma in “Bambina” e “L’amore va” c’è la maturità di capire che genitori o figli lo siamo di indole, a prescindere dal riprodursi, e che non si trova mai un vero motivo per avercela coi genitori, che anche loro sono stati figli di altri e della vita, ma si trova sempre qualcosa per cui ringraziarli (“Siamo stati guai”).

Perché l’affetto c’è da ambo le parti, è intrinseco al dolore e alla debolezza e arriva anche quando vorremmo solo gridare, come nella dichiarazione di “Agente!”, un consegnarsi all’autorevole società contro cui siamo costretti a combattere, talentuosi o meritevoli o forse no. Ma tanto a chi sta in alto non cambia nulla, se ne fregano da dove veniamo. Per fortuna la sofferenza urlata trova conforto in altre voci come la nostra, e fa nascere nuovi legami, nuovi rifugi (“Non vuoi più drogarti alle feste”). Tenera, pura, diretta, spezzata e ricomposta. Rosita butta fuori tutta la sua vita e la sua morte, ed è pronta a partire da qui.

(Stefano Giannetti)

Rosita Brucoli: 9

Lo sai (che non è facile)

Sonorità che avvolgono e conducono una voce calda e delicata. Una confessione, una dichiarazione arresa e sincera. “Lo sai (che non è facile)” è sia per chi vuole consolarsi col messaggio che non ci fa sentire soli nel nostro non essere mai pronti, del sentirci non all’altezza di superare noi stessi, sia per orecchie più esigenti, col suo mix strumentale d’accompagnamento ricercato. E le già citate modulazioni vocali di Kalpa. Un indie-pop-folk malinconico e accogliente, come l’autunno che accompagnerà. Un brano dell’anima e per le anime.

(Stefano Giannetti)

Kalpa: 8

Divento Matta

Il singolo è un’affermazione stilistica: chitarre abrasive, voce che alterna rabbia e vulnerabilità, e una produzione che non nasconde i nervi scoperti. Viene esplorato il conflitto interiore generato da rapporti familiari logorati, nel ritornello si ripete con forza: “Non è colpa mia, non è colpa tua, non è colpa di nessuno.” È una specie di rito liberatorio, la colpa viene resettata, viene rifiutato lo schema vittima-carnefice, per affermare l’umanità che c’è dietro.

Questo pezzo non è un grido individuale, ma una traccia che può risuonare in chiunque abbia subito il peso del mancato riconoscimento o della distanza emotiva in una famiglia.
Il punto di forza è proprio l’equilibrio tra energia rock e sensibilità emotiva: non è fine a se stesso, ma necessario.

(Benedetta Rubini)

Fitza: 8

Ballavi

È una polaroid nitida dell’ultimo istante prima della fine di un amore: quello spazio sospeso in cui tutto è già crollato dentro, ma fuori sembra ancora in piedi. Kaput racconta il brano come appunto una fotografia del momento esatto in cui capiamo che la relazione è finita, mentre l’altra persona è ancora lì nella stessa casa, a ballare per non sentire il terremoto che sta arrivando. È questo contrasto, tra immobilità emotiva e movimento disperato, a definire la forza narrativa del pezzo.

È proprio Francesca Michielin a voler prendersi cura della produzione vocale, assieme a Etta, rendendo il brano ancora più delicato e vulnerabile. Musicalmente, “Ballavi” si muove tra pop elettronico, malinconia notturna e una produzione essenziale, C’è una grande maturità nel modo in cui si sceglie di raccontare la fine, “Ballavi” diventa così un pezzo generazionale: parla a tutte e a tutti noi.

(Benedetta Rubini)

Kaput feat Francesca Michielin: 8

SP1 (Album)

Con l’uscita di “SP1”, Luca Re prosegue un percorso narrativo che ha radici nel suo precedente progetto “SP57” e si prepara all’album completo previsto per il 2026. Il titolo è un riferimento alla Strada Provinciale 1 che quotidianamente attraversa la provincia di Varese e che rappresenta metaforicamente la linea sottile tra provincia e città.

Musicalmente si presenta con sonorità pop e indie e con arrangiamenti puliti ma non piatti. L’EP si muove attorno a due poli: il ritorno e la costruzione, casa non è un luogo fisico che dobbiamo raggiungere, ma un qualcosa che dobbiamo costruire ogni giorno. La scrittura si mantiene concreta: non astratta. Luca parla di viaggi, di sogni, di dubbi, “cara SP1, tu mi hai visto in tutti i modi, piangere tutti i miei sogni”, lo fa senza fronzoli ma con poesia. Luca Re ci ricorda che la musica può essere casa, e che il viaggio verso casa non è solo tornare, ma trovare dove stare davvero.

(Benedetta Rubini)

Luca Re: 8

Lodi TVB

Milano è quella città dove ci vuoi vivere se stai in provincia, ma dopo che ci vivi senti l’esigenza di scappare verso la provincia.

Lodi TVB, è il compromesso geografico che scelgono i Telemagenta, andando contro quella bauscità che si respira in certe zone della città della Madonnina, prendendo in giro tutti quei locali fighetti dove costa anche prendere un bicchiere vuoto. Però ogni tanto l’ego e la voglia di moda ci attira verso le vibes di questa metropoli.

Questa canzone è anche la critica ad un sistema musicale praticamente saturo che obbliga gli artisti ad andare a Milano, per vivere la musica come lavoro dei sogni, rischiando però poi di rimanere bloccati dentro questa grande macchina industriale. Lodi TVB è quel luogo sicuro, ma anche quella scelta che costa passione e sacrificio.

Telemagenta: 7,5

Figli dei film (Album)

La realtà è qualcosa che succede davvero o è il reale che cambia a seconda di come lo percepiamo?

Siamo figli dei film, e quante aspettative abbiamo davanti al futuro? Sentiamo tutti l’esigenza di essere protagonisti anche di storie che non sono nostre, solo per il gusto di mettersi in mostra.

Gionata, s’interroga sull’importanza dell’apparire nella società di oggi, e su quanto sia più importante la visibilità e tutto l’oro che luccica, anche se il materiale non è un metallo, bensì un povero sbrilluccichio

“Lascia che sia, parole di malinconia, sussurrerò per non svegliare nessuno”. Alla fine è più facile sopravvivere adattandosi, piuttosto che lottare contro un sistema più grande di noi. Un disco che porta così una malinconia autunnale.
(Nicolò Granone)

Gionata: 7

Alpha Centauri

Nato da un ricordo adolescenziale, il nuovo brano di Marta Del Grandi diventa un punto di contatto tra il mondo interiore, quello della memoria, e quello esterno, l’universo. “Alpha Centauri” si dilata verso il cielo con fiati e cori arrangiati come nelle produzioni ’70: caldi, stratificati.
Sospeso tra lucidità e sogno, Del Grandi indaga il rapporto tra i desideri personali e l’immensità del cosmo, costruendo un universo sonoro che accoglie l’imperfezione come parte stessa del vivere.
“Alpha Centauri” diventa una finestra su questo viaggio che noi, insieme all’artista intraprendiamo una volta messo play: un sogno ad occhi aperti in cui si cerca il proprio spazio di libertà.

(Ilaria Rapa)

Marta Del Grandi: 8

Considera il mondo

Un brano etereo, quasi sospeso, quello dei Delicatoni, dove melodie pastello si intrecciano a metafore che parlano di responsabilità e appartenenza. «cosa vuol dire essere Delicatoni?», si chiede la band, e dall’esigenza di dare una risposta, ecco che nasce “Considera il mondo”. E così, la canzone è una foglia leggera che prova a volare, per ricordare l’importanza di guardare chi ci sta intorno, di scegliere la bontà e il bene al posto della crudezza del mondo.
Anche in questo brano il gruppo vicentino, mantiene quel suono multiforme che è anche il marchio di fabbrica del progetto: jazz, elettronica, pop sognante si mescolano con arricchimenti. Il singolo diventa così un invito alla gentilezza attiva, e all’importanza di riconoscersi anche e all’interno della società che ci circonda.
(Ilaria Rapa)

Delicatoni:7

CI SALVERA’

Con “CI SALVERÀ”, gli Amore Audio affondano le mani nel punto esatto in cui il pensiero di arrendersi diventa tentazione, vertigine, pericolo. Il nuovo singolo è così un atto di liberazione feroce: un brano che esplode come un corto circuito emotivo, dove disperazione e lucidità si sfiorano fino a confondersi.
Il duo trasforma il trauma in energia pura: drop martellanti, sezioni ritmiche violente, incursioni jungle/dnb che rendono la produzione un campo di battaglia interiore. La musica diventa più brutale delle parole, incastrando armonie e progressioni per raccontare quello che il linguaggio non riuscirebbe mai a dire senza rompersi.
“CI SALVERÀ” è l’atto brutale e necessario di guardare negli occhi il proprio buio, sperando che da qualche parte, sotto la violenza del suono, resti un appiglio per ricominciare.

(Ilaria Rapa)

AMORE AUDIO: 8

Amico lontano

Per Lea Gavino, la musica non è un diversivo ma un’estensione naturale della stessa urgenza che la muove quando è davanti alla macchina da presa. Da sempre canta, scrive, suona il piano; si mostra al mondo per quello che è, e non necessariamente per quello che fa. Ed è forse proprio questa trasparenza radicale a renderla così magnetica. Il recente debutto la vede madre di un terzo singolo intitolato “Amico lontano”: una lettera aperta per chi attraversa distanze: vicine, ravvicinate, lontane che siano, non importa. Se esistono, sembra suggerire l’artista, è perché il destino le vuole così. Niente rincorse a cliché, nessuna retorica di consolazione: la sua voce calma, che a tratti sfiora l’inquietudine, racconta tutto con un realismo sincero, quasi disarmante. La ballad è pop, con leggere linee elettroniche e con un ritornello dalla vena cantautorale che arriva con gentilezza, a mo’ di invito per entrare nel centro della pista. “Amico lontano” conferma la nascita di un nuovo talento dalla linea artistica intimista ed autenticamente riconoscibile.

(Mariangela Caputo)

Lea Gavino: 8

Polo Nord (EP)

Su di lei, ho scritto e continuerò a farlo. Indubbiamente una delle voci più vibranti che ho scoperto in questo duemilaventicinque. Calore, autenticità, malinconico desiderio di rinascita sono la base di quel cocktail perfetto di cui vuoi saziarti ancora e ancora. In questo lavoro, preannunciato dai singoli “Casa nostra” e “Wendy”, Henna ci regala la versione migliore di sé.  L’EP, intitolato “Polo Nord” non contiene solo pezzi da ascoltare ma mappe emotive da tratteggiare fatte di distanze da accorciare e di lunghi inverni da far passare velocemente. Personalità ibrida che guarda all’elettronico ma anche all’acustico, “al serio e all’assurdo” come lei stessa dichiarò. Henna non cerca l’effetto speciale: preferisce il dettaglio, lo spazio bianco incastrato tra una o più parole. Sentimentalmente sincera, ti invita a guardare il suo mondo per come realmente è, senza trucco né inganno. 

(Mariangela Caputo)

Henna: 8 

Alto il mento

Alla dolcezza delle nostre piccole cose, ai nostri pensieri sommessi in cui siamo immersi fino al collo, alla forza che ci serve per alzarci sempre in piedi e andare avanti a testa alta, alla dedizione che mettiamo nelle cose. Alto il mento, è la nostra canzone”. Queste, le parole di Altea, cantautrice salentina che pochi giorni fa ha dato alla luce questo nuovo singolo. Alto il mento, è un manifesto silenzioso, intriso di autodeterminazione e speranza. Inevitabilmente, un segno che tocca una maturazione più estesa di fronte alle difficoltà emotive che continuamente ci investono. Cresciuta a pane e taranta, (suo padre fondò il gruppo Alla bua), Altea si immerge in due acque: una più istintiva, l’altra più contemporanea. L’arrangiamento intimamente essenziale lascia spazio alla parola, alla voce quasi tremante che rivendica riscatto. Il pezzo è una dichiarazione d’intenti pronunciata a voce bassa, un invito a una carezza collettiva capace di non far sentire nessuno escluso.

(Mariangela Caputo)

Altea: 8 

Coyote (Album)

Parola d’ordine: sperimentazione. Un mix di personalità, la rappresentazione di varie sfaccettature dell’amore: questo è “Coyote” di Giovanni ti amo, il suo secondo album in studio. Il progetto è condensato in dieci tracce, ognuna con la sua particolarità: si passa da ritmi più marcati e decisi in pezzi come “prima della sete”, “rettile”, “cambiare per te”, all’esplorazione di una sfera più intima con “amare, tradire”, “il mare”, “un mondo in cui siamo io e te non esiste”, pezzi in cui Giovanni ci lascia in mano il suo cuore, mettendosi completamente a nudo. Tornando alla parola d’ordine: questo progetto è ricco di influenze musicali diverse. Non parliamo solo di testi variegati, ma di basi e sound studiati per non passare in secondo piano: l’equilibrio tra le componenti di ogni brano è perfettamente bilanciato, e crea un’atmosfera che si adatta ad ogni tipo di emozione. Un album che consiglierei a chi vuole farsi sorprendere e lasciarsi andare. “Coyote” è un viaggio in cui l’artista sperimenta, rischia, cambia pelle, ma allo stesso tempo matura e prende coraggio: un disco che non ha paura di mostrare tutte le sue forme e che, proprio per questo, riesce a parlare a chi lo ascolta con una sincerità rara. 

(Sara Vaccaro)

Giovanni ti amo: 9-

Penso a te

Un pezzo tanto leggero nel sound quanto profondo nel testo. “Penso a te” è un brano simpatico, a tratti vivace, dalla base quasi spensierata, che nasconde un significato che, a detta dell’artista, è “mi verrebbe da dire felice, ma in realtà dipende”. Quando pensi ad una persona così tanto da scordare tutto il resto può essere una forma d’amore, ma anche di distruzione. Labadessa vuole intrecciare queste due dimensioni: la felicità nell’emozionarsi pensando ad una persona speciale, unita allo stress estenuante del non avere una via di fuga dai propri pensieri. Un brano che ci ricorda quanto possano essere potenti e contrastanti i sentimenti quando il cuore prende il sopravvento.

(Sara Vaccaro)

Labadessa: 8

Mattone

Gestire una perdita non è mai semplice: come un mattone, il peso del lutto può trascinarci giù nell’abisso e cambiare profondamente la nostra vita. È un tema delicato, di cui si parla ancora troppo poco, che Angelica Bove affronta con grande sensibilità nel suo brano “Mattoni”, in gara a Sanremo Giovani. Con una voce delicata ma al contempo graffiante, l’artista si mette a nudo, mostrando le proprie incertezze e fragilità, e trasportando l’ascoltatore in un viaggio che va dalla morte alla rinascita. “L’ha detto il dottore che mi devo abituare a stare male in modo normale, come tutte le altre persone”: è proprio questa sincerità che rende il brano così intenso e autentico. Attraverso la musica, l’artista trova una via per affrontare il dolore e dare un senso alla sofferenza; così, quel mattone che inizialmente ci schiaccia diventa un mezzo per costruire qualcosa di nuovo, un segno della nostra capacità di rialzarci anche dopo un vuoto così grande.

(Sara Vaccaro)

Angelica Bove: 8,5

torto o ragiona

“Torto o Ragione” segna il ritorno di Sigarettewest con un brano che non è solo un singolo, ma una confessione a voce alta. C’è qualcosa di profondamente umano in queste nuove sonorità: quel sapore anni ’70, caldo e vissuto, che avvolge l’ascoltatore già dalle prime note. È musica che non ha paura di essere nuda, vera, imperfetta. È musica che respira.
Nel raccontare l’amore senza maschere, Sigarettewest sembra parlare da un luogo interno che di solito si tiene chiuso a chiave. Qui, invece, lo apre e lo offre con un candore quasi disarmante. “Torto o Ragione” diventa il punto in cui si smette di giudicare e si comincia ad ascoltare: ascoltare ciò che stringe, ciò che brucia, ciò che libera.
Il tema del lasciare andare non è gridato, ma accennato con delicatezza, come un pensiero che arriva a fine giornata quando tutto tace. C’è un fragile equilibrio tra il desiderio di scappare e quello di rimanere, tra il bisogno di libertà e la paura di perdersi davvero. E in mezzo a questo spazio sottile, l’artista trova il suo rifugio: un mondo interiore che non chiede permesso, che non deve essere compreso fino in fondo, ma solo rispettato.

La produzione elegante, dal tocco soul e funky, accompagna le parole senza sovrastarle; anzi, sembra quasi accarezzarle. Quel “suono black” raffinato, che appartiene alle influenze più sincere di Sigarettewest, incontra la tradizione narrativa italiana, creando un’estetica che profuma di modernità ma non rinuncia alla profondità. “Torto o Ragione” è un gesto di coerenza, un atto di identità. Un modo per dire: <>. È il preludio di un disco che promette di andare oltre la superficie, e che inizia, già da qui, a battere con il ritmo di un cuore che ha trovato il coraggio di raccontarsi.

(Viola Santoro)

SIgaretteWest: 7,5

ragnatela

Fragilità e tensione si intrecciano come fili invisibili in “ragnatela”, il nuovo singolo di Ceneri. Il brano prende forma attorno a un’immagine che affascina e spaventa allo stesso tempo: la ragnatela, simbolo di bellezza fragile ma capace di intrappolare chi vi si avvicina. La voce morbida di Ceneri attraversa questo intreccio, raccontando un rapporto intenso con la scrittura: fonte di piacere e gratificazione, ma anche di frustrazione, capace di far vacillare tutto ciò che sembra più solido.

Soffi elettronici, atmosfere scure e un sound soffuso costruiscono un paesaggio musicale in cui la vulnerabilità diventa corpo e respiro. La produzione firmata da Stabber e Rocco Giovannoni accompagna senza sovrastare, lasciando spazio alle pause e ai silenzi che rendono ogni parola e ogni sospensione ancora più significativa. “ragnatela” non è solo un canto di delicatezza: è un invito a farsi leggeri, a non restare intrappolati nelle proprie paure, a proteggere ciò che amiamo senza che diventi gabbia. Un brano che parla di equilibrio, coraggio e di quella sottile linea tra attaccamento e libertà.

(Serena Gerli)

Ceneri:8

GDL

Un colpo satirico e tagliente che fotografa con lucidità il nostro tempo. GDL, in nuovo singolo dei Voina, dipinge un’epoca in cui guru digitali, profeti del web e personaggi costruiti a colpi di algoritmi diventano fari culturali di una collettività che si informa, e si deforma, attraverso uno schermo. Il brano ribalta il paradosso alla radice: più si produce rumore, più si teme il silenzio; più si comunica, meno si ha da dire.

Musicalmente il pezzo si muove in pieno stile Voina: chitarre ruvide, un’attitudine punk che non ha perso né denti né veleno, e una scrittura che alterna frustrazione e un’ironia corrosiva. È il suono di una band che continua a guardare il presente con un misto di insofferenza e lucidità, aggrappata alle proprie radici rock come a un’ultima forma di resistenza.

Il concept del brano è dichiarato senza filtri: GDL non è solo un acronimo, ma un simbolo di un immaginario pop fatto di influencer, reality, relazioni esposte e narrazioni prefabbricate. I Voina, trentenni che non vogliono rassegnarsi al funerale della loro musica, si confrontano con un mondo in cui tutto deve essere mostrato, ottimizzato, monetizzato. E lo fanno rivendicando l’unica cosa che sembra rimasta davvero libera: una canzone scritta senza algoritmi, senza brand, senza collaborazioni, senza strategie. Solo una presa di posizione, ruvida e sincera, contro l’obbligo di esistere “a favore di pubblico”

(Serena Gerli)

Voina:8

Tutto quello di cui avevamo bisogno (Album)

Un rullino che si riavvolge, frammenti che ritornano a fuoco: “tutto quello di cui avevamo bisogno” è il nuovo album di problemidifase, un viaggio breve ma netto dentro le crepe e le evoluzioni del post-adolescenza. Vecchie istantanee sbiadite riprendono colore, rivelando quanto poco davvero fosse definitivo ciò che avevamo creduto immobile.
Musicalmente il disco alterna elettronica minimale, glitch, arpeggi nostalgici e voci che si incastrano con precisione, restituendo un sound intimo ma vibrante. Tra i brani spicca “altrove”, punto di equilibrio in cui viene trasformato il paradosso della distanza in un dialogo sonoro morbido e sospeso.

Con questo lavoro, il collettivo continua a raccontare fragilità, contraddizioni e piccoli terremoti emotivi con sincerità e spontaneità: fotografie interiori che parlano di crescita, paure, relazioni e desiderio di riconoscersi. Un disco che non offre soluzioni, ma un senso di vicinanza: quel momento in cui ascoltando ci si sente, anche solo per un attimo, un po’ meno soli.

(Serena Gerli)

problemidifase: 8+

L’amore visto dall’eternità

Mille e Amalfitano danno voce a un sentimento che sembra sottratto allo scorrere degli anni con “L’amore visto dall’eternità”, il nuovo singolo disponibile da oggi per TAIGA / ADA Music Italy. Pubblicata a sorpresa a poche settimane dall’uscita di Risorgimento, la traccia si inserisce come un tassello inedito nell’immaginario del disco, ampliandone il lato più emotivo e visionario.

In questa collaborazione si intrecciano due delle personalità più singolari della nuova scena cantautorale italiana, unite in una canzone d’amore sospesa tra immaginazione e concretezza. Il pezzo, un mid-tempo dal gusto quasi cinematografico, porta con sé quell’atmosfera tesa e sensuale tipica delle colonne sonore tarantiniane, alternando abbandono emotivo ed eleganti sfumature di ironia.

“L’amore visto dall’eternità” diventa così un dialogo tra universi affini, un sentimento che supera la quotidianità e si fa insieme terreno e metafisico. È un amore che scuote con un solo sguardo, che trova in una danza la sua forma più fisica e libera. Una storia assoluta, carnale e spirituale allo stesso tempo: lucida, febbrile, capace di sfidare il tempo stesso.

Mille, Amalfitano: 8

Opopomoz (Album)

Scritto, composto e prodotto a sei mani da SANO, Rainer Monaco (produttore di Thru Collected) e Drast (PSICOLOGI), Opopomoz è un lavoro che spazia dal cantautorato italiano al rap, fino all’urban napoletano e alle nuove derive della trap 3.0.

Eterogeneo nelle produzioni e nei riferimenti, il vero filo conduttore del disco è la scrittura diretta e personalissima di SANO, che guarda al lirismo istintivo come forma espressiva ma non rinuncia a una profondità concettuale. Scrive con la furia di chi non ha paura di essere frainteso e con la grazia di chi sa che, anche nel caos più sporco, c’è sempre una forma di verità.

È il risultato dell’esigenza di fare ordine nella propria arte, di emanciparsi e di riformulare la propria attitudine al fare musica cercando di essere più comprensibile, più immediato, senza abbandonare o rinnegare le radici e il percorso intrapreso fino ad ora.

E questo SANO lo fa mettendo nel disco qualcosa che gli è sempre appartenuto ma non aveva mai esplicitato: la sua anima (anche) pop, l’approccio melodico nella scrittura dei pezzi e la voglia di fare “canzoni” nel senso più puro del termine.

Sano: 7.5