Vanilla Boulevard: “Individualità collettiva” | Intervista

Chi dà troppa importanza alla coerenza musicale, non ricorda o non apprezza il Jamming: unione improvvisata di più strumenti e generi che, come per magia, creano qualcosa di perfetto e fortemente evocativo.

I Vanilla Boulevard, non si considerano una band, ma un gruppo di jammers liceali (e sottolineano liceali) di Udine che vogliono farsi spazio a suon di diversità. Diversi tra loro e dalla scena della loro città e italiana in generale, che sembra virare sempre più verso la trap e l’hip-hop. Un riff di chitarra e via, partono. Da ascoltare se ci si vuole perdere in un universo color vaniglia.

INTERVISTANDO I VANILLA BOULEVARD

Ciao” Come mai “Vanilla Boulevard”?

Ciao! Vanilla Boulevard è un nome che è arrivato un po’ da solo. Siamo sempre stati molto affezionati alla via dove abita del nostro chitarrista, ovvero dove proviamo sempre. Questa nostra affezione alle radici della band si è tradotta man mano in un nome che ci rappresentasse. Per noi quella strada è un po’ come un vialone di vaniglia (Vanilla Boulevard) dove, essendo astratto e immaginario, tutto è possibile e i nostri sogni si possono realizzare. Noi sogniamo di vivere di questo e di portare la nostra musica ad un pubblico sempre maggiore, e pensiamo che la strada dove proviamo sia come una rampa di lancio, un punto di partenza verso il successo.

Che suono ha, secondo voi, la vostra città?

I ragazzi che fanno musica dalle nostre parti al 90% sono artisti hip-hop/trap, il che è un bene in quanto sono pur sempre artisti super rispettabili ed esponenti di una scena musicale che va sempre crescendo. Di band, tuttavia, ce ne sono poche: la maggior parte sono formate da universitari e manca quel tanto desiderato ponte liceali-band. È questo che vogliamo fare: stabilire il ritorno delle band liceali di Udine e portare un sound tutto nuovo per le strade della nostra città. L’indie rock non è mai stato troppo presente tra le band locali, tanto meno tra gli artisti liceali; per questo motivo siamo entusiasti dell’idea di far tornar le band ad essere fighe!

Come è avvenuta la vostra unione e qual è il background di ognuno di voi?

Tutto è cominciato il 23 maggio 2020 nel mitico Bar Moroldo, il bar del nostro batterista (Leonardo Moroldo). In quel periodo appena post-lockdown i bar erano ancora chiusi e quindi avevamo la possibilità di provare proprio nella sala principale. Il nostro chitarrista (Edoardo Panella) era l’unico che conosceva tutti: il cantante (Filippo Colautti) da quando sono all’asilo, il bassista (Tommaso Dorigo) dalle medie e Leonardo dato che hanno suonato assieme in una band organizzata dal maestro di chitarra di Edoardo. Eravamo quattro personalità completamente diverse riunite in un bar chiuso con un unico scopo: suonare. Edoardo ha un background musicale e delle influenze molto variopinte, che passano dall’hip hop al funk, dal post-punk all’indie rock e dalla french house al synthwave. Tommaso, invece, fonda le sue radici sul blues più classico di Stevie Ray Vaughan alla psichedelia dei Pink Floyd, dai virtuosismi di Eddie Van Halen al prog-metal dei Tool. Leonardo, forte della sua passione per il rock classico, prende fortissima ispirazione dai suoni alternativi di John Bohnam alla strabiliante batteria di Mitch Mitchell, con un’innovativa influenza neo-jazz che caratterizza i più minuziosi dettagli delle nostre canzoni. Filippo, d’altro canto, vanta un background musicale diverso dagli altri, basandosi principalmente su due sfere: il rock/country classico e il pop acustico. Trae ispirazione dai classici di Bruce Springsteen fino ai suoni pop che hanno radicalmente cambiato gli anni ’10. Nonostante le evidenti differenze nelle ispirazioni, abbiamo capito che eravamo destinati a suonare insieme fin dal primo incontro: è stata una simbiosi istantanea che ci ha portato a jammare anche per 20 minuti non-stop, senza stancarci minimamente. Sono state delle giornate magiche che ricordiamo con un sorriso e che ci hanno cambiato per sempre la vita.

Avete in programma un EP o un album?

Ora come ora stiamo lavorando a molti singoli, alcuni dei quali andranno probabilmente a costituire un EP. Per la riuscita di un progetto come questo ci piacerebbe molto introdurre anche delle tracce strumentali, un po’ per caratterizzare di più il nostro sound (che, per ora, è un miscuglio di diverse influenze) e un po’ per sperimentare. Per quanto riguarda un album preferiremmo aspettare ancora un po’, così da poter realizzare qualcosa che ci rappresenti veramente, e non soltanto una compilation di singoli sparsi.

Da cosa partite, di solito, nella composizione di un pezzo?

A noi, prima di definirci “band”, piace chiamarci “jammers”: i Vanilla Boulevard sono nati jammando e moriranno jammando. Ogni nostro pezzo parte da un iniziale riff di chitarra/basso, che poi viene arricchito sul momento provandolo un milione di volte ed aggiungendo sempre più strati: è un processo di continua sperimentazione, un continuo buttarsi che molte volte non arriva da nessuna parte. Una volta che, però, cominciamo a sentire veramente il riff, a viverlo e ad immaginarcelo, allora lì incomincia il reale processo di scrittura: mettiamo insieme tutte le idee che abbiamo raccolto jammando e buttiamo giù una struttura. L’arrangiamento viene un po’ da sé, anche se ogni elemento è pensato bene. Molte volte ci capita di svegliarci alle 3 di notte, metterci al nostro strumento e mandare un video su whatsapp per avvertire gli altri della figata che abbiamo sognato. Spesso e volentieri, quella “figata notturna”, la mattina dopo si rivela essere una grande schifezza ma ogni tanto funziona, dai.

Come descrivereste, in generale, il vostro immaginario?

Non ci piace definirci con un unico genere, tuttavia pensiamo che Alternative possa effettivamente descrivere in un’unica parola quello che facciamo e che desideriamo fare. Con alternative non ci riferiamo soltanto alla generale accezione al genere (il quale è una delle nostre influenze), ma definiamo proprio il nostro modo di essere: il non fare un genere specifico è un’attitudine alternativa! In questo modo stiamo dicendo che non ci basiamo soltanto su un unico genere, bensì vogliamo unire diverse sonorità alternative che caratterizzino collettivamente l’individualità di tutti noi.