“Lumache”, uscito l’11 settembre per Futura dischi, è l’ultimo singolo di Gabriele Troisi. In comune con questi piccoli animaletti indifesi però il brano non ha molto. Venuto fuori quasi alla velocità della luce dopo la recente Nonsense, Lumache torna a farci tuffare tra le braccia di un sapiente pianista e a galleggiare sui pensieri e sulla voce del cantautore Irpino.
Un flusso di coscienza che segue la fine di un amore che si porta ancora dietro strascicando i momenti del passato. Non solo di Lumache, ma nell’intervista abbiamo cercato di scavare a fondo nella vita dell’artista irpino, uno per tutti il suo rapporto quasi simbiotico con la musica e l’importanza valore identitario con la sua terra. Scorrete giù per capire di cosa stiamo parlando.
Poco o nulla. È un po’ falso, è bello piangere.
No, no però sono stato bambino in quegli anni ed il video di Monelli’s è stato girato con la videocamera con cui mio padre filmava le mie recite scolastiche. Si è nostalgici delle cose felici, e quelle le trovo pure nel 2019.
In realtà negli ultimi anni ho visto live DPG, Rkomi, Ernia, Speranza, FSK e ascolto abbastanza di quello che viene oggi considerato trap in Italia. Cioè per me Sfera Ebbasta è un caposaldo e amo Tedua. Questo non mi impedisce di ascoltare Mina che canta Il cielo in una stanza a tutto volume con i finestrini abbassati.
Sinceramente credo sia Solofra, il mio paese, circondato dalle montagne. Una leggendaria quanto falsa etimologia del nome lo fa derivare da “solo fra i monti”. Bello no?
Certo, i miei genitori. Io non ci pensavo proprio, cioè non c’era nessun musicista in famiglia ma mio padre ascoltava tanta musica e lui e mia madre mi chiesero se volessi iniziare lezioni di piano. Avevo 7 anni e un po’ a caso dissi di sì. Poi è facile avvicinarsi alla musica, ma è altrettanto facile scappare, quindi dovete ringraziare le mie insegnanti di pianoforte che non mi hanno fatto scappare e sono state praticamente delle mamme per me.
Semplicemente condivido le mie conoscenze e le mie esperienze con i miei alunni e cerco sempre di mettermi nei panni di ognuno di loro. In questo mi aiuto non soltanto ripensando al “me” alunno, ma anche a tutti i miei vecchi compagni di classe, come una sorta di “campionario” umano. E poi li ascolto.
Non esattamente, ma ci sto pensando. Devo solo capire meglio come dire tutto quello che ho da dire.
Nella società del tutto e subito anche le esperienze vengono vissute, e soprattutto processate dall'essere…
"Have you ever been compelled? Under a spell? From a protagonist who knows you far…
Come writers, and critics, who prophesize with your pen, and keep your eyes wide, the…
Per fare una rivoluzione si può iniziare prendendo in mano una chitarra, dando così una…
Gianluca Todisco sperimenta viaggiando attraverso il ritmo, il suono e il silenzio per ascoltare le…
L'arte è un sistema complesso con il quale l'uomo entra in contatto per esplorare nuove…