WAYA: “Il vero amore è quello per se stessi” | Intervista
“Classico” è ciò che è sempre nuovo. Un po’ come “Metà Dicembre”, il nuovo singolo di WAYA. Parole spudoratamente vere poggiate su una base classica che, anche tra cent’anni, risulteranno attuali. Un messaggio diretto e a tratti struggente. La fine di un amore che potrebbe risorgere, purché non prescinda da quello per se stessi. Grandi cose accadono quando la vita vera e l’amore per l’arte in generale incontrano la musica.
Intervistando WAYA
Ciao! Come mai “WAYA”?
Ciao! Waya è il mio cognome e non esiste nome d’arte che mi possa rappresentare meglio. E poi, suona molto bene.
Sei sempre tu a scrivere i testi? Se sì, da cosa parti di solito?
Sì ho sempre scritto io i miei testi, farei fatica a cantare le parole di un altro, ma mai dire mai nella vita. La maggior parte delle volte parto dalla musica e mi faccio trasportare dalla melodia. Poche volte mi sono prefissato un argomento, perché così facendo blocco il flusso di scrittura.
In “Metà Dicembre” spiccano, da un lato, la tenacia e la forza di chi fa ciò che ama. Ma emerge anche quel senso di sconfitta che si prova quando si capisce che una storia è al capolinea. Può risorgere l’amore secondo te?
In tutti questi anni ho fatto molti lavori per mantenermi (barista, cameriere, pizzaiolo, lavapiatti). La forza e la tenacia derivano proprio dal fatto che ho capito di aver perso qualche anno dietro ad un compenso mensile/giornaliero che sì mi riempiva la pancia, ma allo stesso mi “svuotava l’anima”. Però sarò sempre grato a quelle esperienze perché mi sono state d’insegnamento. Sì, l’amore risorge sempre. Anzi, in un certo senso non muore mai, soprattutto quando si scopre che il vero amore è quello che si prova per se stessi. Se ti ami davvero, hai la capacità di farlo anche con gli altri. Se ti manca quello, nei rapporti farai solo danni.
Come mai la scelta di una base “classica”? Cosa pensi conferisca al brano?
Trovo che una base classica fosse il tappeto giusto per quelle parole. La base che avevo prodotto all’inizio era composta principalmente di suoni trap e non era male, ma riascoltandola non rendeva giustizia al testo. E poi volevo collaborare con un compositore di musica classica perché, da autodidatta, mi ha sempre affascinato quel mondo. Credo che la base classica l’abbia resa una canzone senza tempo, nel senso che anche fra 10 anni potrai riascoltarla e provare qualcosa.
Quanto è importante la parte visiva di un artista (immagine in generale, video) secondo te?
La musica è musica, nel senso che se è forte può anche non avere una parte visiva, sta in piedi da sola. Ma al giorno d’oggi è quasi obbligatorio dare un’immagine/immaginario al proprio progetto. Considero arte tutto ciò che stimola i sensi, tutto ciò che crea un’emozione. Non so se mi spiego.
Finora hai prodotto solo singoli. Hai in programma un album o un EP?
È probabile che dopo l’estate esca un progetto, ma ancora non so se sarà un vero e proprio album o un EP. Il mio obbiettivo per ora è far conoscere la mia musica a più persone possibili e i singoli mi sembrano la via più adatta.
Ascolta WAYA nella playlist di Indie Italia Mag!