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Cal Birbanthe narra spunti di vita personale miscelati a confessioni altrui | Intervista

Per raccontare una storia bisogna aver molta fantasia o aver vissuto un certo tipo di avvenimenti, anche in maniera indiretta come attraverso il racconto di un amico. Cal Birbanthe trae ispirazione dal fantastico o complicato mondo delle relazioni, nel quale tutti siamo immersi.

L’amore diventa un modo per unire le persone, incrociando destini simili o avventure di una notte, che il mattino dopo o con la fine del legame, lasciano ricordi da raccontare per cercare consolazione o approvazione.

In questa società di oggi sempre più digitale, anche i rapporti rischiano di diventare sempre più asettici e meccanici, ma Cal Birbanthe ha la capacità di coinvolgere l’ascoltare nel suo mondo, riuscendo a rompere la distanza tra pubblico e artista.

INTERVISTANDO CAL BIRBANTHE

Citando una frase del disco come ti piacerebbe rompere il ghiaccio per presentarti?

Ma dove va Birbanthe?  Io me ne andrei in Erasmus, anzi mi vado a fare una birra.

Chi sono i protagonisti delle tue “Storie”?

Sono amiche, amici,  conoscenti, sconosciuti, sono io! Spunti di vita personale miscelati a confessioni altrui.

Che effetto fa innamorarsi dentro ad un pub?

Che sparisce il pub e tutto ciò che ti circonda. Rimani in connessione solo con la persona di cui ti sei appena fulminato. Chissà come sarebbe sull’Everest…

PH: Elia Vecchioni

“Mal di mare” nasce dai postumi di un hangover?

Non è proprio un hangover legato all’alcol della sera prima, ma un hangover lento, creato dalla pandemia; ricordo la prima notte  ‘’liberi tutti’’ in spiaggia a far festa, dopo tutto il piattume vissuto due anni  tra divieti e coprifuoco, al mattino seguente mi svegliai dicendo a me stesso: ‘’non me li ricordavo più sti ritmi’’.

Ti piace la solitudine?

Si. Mi piace condividere certi momenti da solo con me stesso, dal semplice sedermi nelle notti d’estate a bere una tisana e fumare del tabacco guardando le stelle, al bestemmiare e inveire contro l’Inter quando gioca male.

PH: Elia Vecchioni

Perché a volte  preferiamo avere ragione, ma essere meno felici?

Semplice, mettersi in discussione è più difficile, c’è il rischio che potremmo avere torto. Pretendere la ragione è la scorciatoia più facile per dare la colpa agli altri, ma in cuor tuo sai di star facendo na’ cagata sopprimendo la tua di colpa e questo porta inevitabilmente a uno stato infelice. 

Hai fatto delle promesse per il tuo domani?

SI. Equilibrio tra scuola e musica, le sto già mantenendo.

Nicolò Granone

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