PH: Andera
Tra il bianco e il nero esistono diverse scale di grigi, situazioni con una loro logica, comprensibile o meno, che si è costretti a vivere durante la vita. Davanti alle difficoltà bisogna trovare la forza di reagire, mentre non è neanche così scontato glorificare al massimo i momenti felici, vivendoseli in pieno senza preoccuparsi del perché o del poi.
Nella società moderna tutti si sentono in diritto e dovere di giudicare, parlare a sproposito, intervenire aprendo dibattiti superflui fino ad arrivare a inutili contestazioni. Andera vuole ribellarsi a questo malcostume, e per farlo usa la musica come strumento per alzare la propria voce, difendendo chi non ha il coraggio o le forze per ribellarsi a certe situazioni.
“Scale di Grigi” è un grido punk rock di protesta, fatto con rabbia e sentimento a difesa di se stessi e di chi vive situazioni simili, che nasce dalla necessità di far sentire i propri bisogni anche a chi preferisce fare finta di nulla.
Andera non è un personaggio ma più semplicemente la versione di me stessa che le persone intorno a me possono vedere. Quindi diciamo che si tratta più che altro del rapporto che ho con me stessa e la mia emotività. Credo sia un rapporto complicato, a tratti tossico che però tenta in tutti i modi di essere sempre più sano. La musica di sicuro mi aiuta a comunicare in modo maturo con me stessa.
Tendenzialmente mi faccio vedere vestita di nero, mi fa sentire al sicuro. Non credo che mi rappresenti perché il nero è l’assenza di colore. Essendo di rimando il bianco la compresenza di tutti i colori forse dovrei rispondere cosi dato che sono particolarmente caotica e lunatica.
Credo sia indirizzata principalmente alle persone come me, che si trovano tra i gradini più bassi della piramide sociale e sperano di poterla risalire un gradino alla volta. Cerco di raccontare un pezzetto della mia storia nella speranza che qualcuno ci si riveda, possa prendere spunto o possa semplicemente pensare: “Ah, allora non sono da solo”.
Credo che tutti ne abbiamo. Io ne ho avute parecchie ed erano molto difficili da affrontare, soprattutto quando si mettono di mezzo legami familiari o amicali di lunga data. Però credo che ci siano alcune questione che è obbligatorio affrontare senza giri di parole, altrimenti si rischia di incastrarsi in situazioni scomode.
Un po’ per i primi 20 anni della mia vita. Per molto tempo ho provato quella che oggi ho gli strumenti per chiamare “dissociazione”. Penso che siano in molti a provarla: spesso le nostre vite sono alienanti, non facciamo quello che vogliamo o siamo una versione edulcorata di noi stessi nella paura di dare fastidio a qualcuno.
Contando che giudichiamo in base a quello che consideriamo “vero” credo proprio di si. Anche se ognuno di noi ha “la sua verità” e non ne esiste una assoluta quindi di conseguenza anche i nostri giudizi spesso sono errati o comunque imprecisi. Io la mia verità credo di averla trovata e di conseguenza sto costruendo il mio giudizio del mondo e delle situazioni.
Una cosa che mi capita spesso è l’essere relegata ad uno stereotipo e a pochissime tematiche. Spesso la gente che ascolta i miei brani li interpreta con una sola chiave di lettura considerando solo il mio essere queer quando magari sto cantando di tutt’altro. Questa è una cosa che mi fa molto male perché io non sono il mio orientamento sessuale ne la mia identità di genere, queste sono solo delle piccole parti della mia personalità e anche se entrano nelle mie canzoni non parlo solo di questo.
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