Andera: “Scavalco Scale di Grigi tra me e gli altri ” | Intervista
Tra il bianco e il nero esistono diverse scale di grigi, situazioni con una loro logica, comprensibile o meno, che si è costretti a vivere durante la vita. Davanti alle difficoltà bisogna trovare la forza di reagire, mentre non è neanche così scontato glorificare al massimo i momenti felici, vivendoseli in pieno senza preoccuparsi del perché o del poi.
Nella società moderna tutti si sentono in diritto e dovere di giudicare, parlare a sproposito, intervenire aprendo dibattiti superflui fino ad arrivare a inutili contestazioni. Andera vuole ribellarsi a questo malcostume, e per farlo usa la musica come strumento per alzare la propria voce, difendendo chi non ha il coraggio o le forze per ribellarsi a certe situazioni.
“Scale di Grigi” è un grido punk rock di protesta, fatto con rabbia e sentimento a difesa di se stessi e di chi vive situazioni simili, che nasce dalla necessità di far sentire i propri bisogni anche a chi preferisce fare finta di nulla.
INTERVISTANDO ANDERA
Che rapporto hai con Andera?
Andera non è un personaggio ma più semplicemente la versione di me stessa che le persone intorno a me possono vedere. Quindi diciamo che si tratta più che altro del rapporto che ho con me stessa e la mia emotività. Credo sia un rapporto complicato, a tratti tossico che però tenta in tutti i modi di essere sempre più sano. La musica di sicuro mi aiuta a comunicare in modo maturo con me stessa.
Hai un colore che ti rappresenta, perché?
Tendenzialmente mi faccio vedere vestita di nero, mi fa sentire al sicuro. Non credo che mi rappresenti perché il nero è l’assenza di colore. Essendo di rimando il bianco la compresenza di tutti i colori forse dovrei rispondere cosi dato che sono particolarmente caotica e lunatica.
A chi è indirizzata la protesta presente nel brano “Scale di grigi”?
Credo sia indirizzata principalmente alle persone come me, che si trovano tra i gradini più bassi della piramide sociale e sperano di poterla risalire un gradino alla volta. Cerco di raccontare un pezzetto della mia storia nella speranza che qualcuno ci si riveda, possa prendere spunto o possa semplicemente pensare: “Ah, allora non sono da solo”.
Ci sono questioni difficili da trattare senza fare troppi “Giri di parole”?
Credo che tutti ne abbiamo. Io ne ho avute parecchie ed erano molto difficili da affrontare, soprattutto quando si mettono di mezzo legami familiari o amicali di lunga data. Però credo che ci siano alcune questione che è obbligatorio affrontare senza giri di parole, altrimenti si rischia di incastrarsi in situazioni scomode.
Hai mai avuto la sensazione di trovarti altrove?
Un po’ per i primi 20 anni della mia vita. Per molto tempo ho provato quella che oggi ho gli strumenti per chiamare “dissociazione”. Penso che siano in molti a provarla: spesso le nostre vite sono alienanti, non facciamo quello che vogliamo o siamo una versione edulcorata di noi stessi nella paura di dare fastidio a qualcuno.
Verità e giudizio sono due argomenti collegati?
Contando che giudichiamo in base a quello che consideriamo “vero” credo proprio di si. Anche se ognuno di noi ha “la sua verità” e non ne esiste una assoluta quindi di conseguenza anche i nostri giudizi spesso sono errati o comunque imprecisi. Io la mia verità credo di averla trovata e di conseguenza sto costruendo il mio giudizio del mondo e delle situazioni.
Nel tuo percorso artistico ti è capitato di vivere situazioni poco piacevoli?
Una cosa che mi capita spesso è l’essere relegata ad uno stereotipo e a pochissime tematiche. Spesso la gente che ascolta i miei brani li interpreta con una sola chiave di lettura considerando solo il mio essere queer quando magari sto cantando di tutt’altro. Questa è una cosa che mi fa molto male perché io non sono il mio orientamento sessuale ne la mia identità di genere, queste sono solo delle piccole parti della mia personalità e anche se entrano nelle mie canzoni non parlo solo di questo.
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