Lorenzo Giustozzi non è pop, non è rap, non è indie ma è semplicemente Barry Mad! Il 5 luglio è uscito il suo primo Ep intitolato Barry a pezzi, un progetto ricco di varie sfaccettature e influenze musicali, che si uniscono creando qualcosa di diverso e particolare nella nuova scena italiana.
Si passa dalle strade di Tokyo a salotti asettici di relazioni sintetiche in Casa di plastica, ci si mette un paio di vans rotte in Come i sedili in gita, per arrivare con il bus dell’Io fino a Giallini, la più intima e viscerale, per poi chiudere con un tributo voluto ai “The Black Keys” con Black Out Mirror, che affronta ispirandosi alla serie la trasformazione sociale e social generazionale dei nostri giorni.
Oltre a queste canzoni che appaiono dentro l’Ep Barry Mad racconta le sue passioni e le sue paure in brani usciti nel 2018 come Wimbledon, Scappa o rimani, Io tu e i miei mostri
Siete pronti a entrare dentro la testa di Barry?
C’è una frase in particolare che ha permesso al Barry di prima di fare un passo successivo, la trovate sulla terza strofa di Tokyo “Conosco metà di me che dice forse si ma quello che serve a me è una metamorfosi…”
Il brano dove ho sviscerato parti di me che dovevano uscire è Giallini, è un po’ il mio link in bio per la vita quel brano e un promemoria per ricordarmi sempre cosa voglio e perché.
Penso che è terapeutico creare in qualsiasi forma, nel mio caso scrivere mi ha aiuta a superare fasi difficili e a sottolineare momenti buoni della mia vita e dato che Barry nel mio caso ha diverse personalità, diciamo che la musica è stata sempre una sorta di terapia di coppia per convivere con me stesso e con gli altri.
Devi sapere che il mio rapporto con le altre persone tranne quelle più strette non sempre è da attore protagonista mi sento spesso in un loop di un monologo di Woody Allen con balbettii annessi mentre provo a spiegare cosa penso, questo mi ha permesso di trovare un perno artisticamente parlando dove agganciare la mia creatività ma nella quotidianità davvero non capisco tante persone, quindi tornando a noi, penso che chi segue davvero Barry ha anche lui/lei una guerra che si porta dentro invisibile e di conseguenza riconosce la mia, spero di lasciare qualche briciola di me con tutto quello che sto facendo.
Ho paura della fine ma non solo in senso di ciclo vitale ma della fine delle esperienze, la mia più grande paura è rimanere bloccati in una vita non tua come assegnata a forza spinta a calci dentro gli occhi.
Sono cresciuto in un posto dove si misura sempre il giudizio degli altri e per togliermi la paura delle persone e trovare il coraggio di uscire dal guscio ci è voluto molto tempo, in Io tu e i miei mostri parlo proprio di questo, vivere con una costante presenza di voci dentro pronte a sabotare la tua parte vera, originale che contiene sogni e progetti, quindi tornando alla domanda, più che paura della fine è paura di un fine.
Andrei alla finale di Wimbledon e porterei mio padre, il tennis l’ho scoperto grazie a lui, però se proprio devo scegliere un baratto li scambierei per registrare un album a Londra e con i soldi delle vendite comprerei due biglietti per la finale di Wimbledon (ahahahah), questa roba è da logica sotto l’ombrellone.
Assolutamente si e si ricollega anche alla mia paura di rimanere bloccati in una vita che non senti tua, non ti nascondo che è un argomento molto caldo da qualche anno, quando ho scritto Scappa o rimani a parte il vestito del sound volutamente estivo e ironico il testo ha una sua component Black Humour generazionale. Io non mi sento così bene qui in Italia, penso che stiamo affondando, ma ci distraggono mettendo il Titanic in tv come per dire a noi non succederà.
Un cervello in fuga non è altro che un cervello che tiene alla sua dignità, spero che cambino le cose questo si, perché dato che sono qui risulta molto contraddittorio come discorso, però ammiro e porto con me storie di amici e amiche che hanno trovato quel coraggio e fuori ce l’hanno fatta.
Penso che il problema sociale più grande oltre alla crisi economica è la mancanza di realizzazione in questo paese, si fa finta di niente e si aspetta il prossimo stronzo mitomane narcisista, buffone, pagliaccio, ignorante, represso politico che sceglie per noi, che ti ritrovi in tv a parlare dei problemi degli altri quando in realtà sta li solo per risolvere un suo problema con se stesso.
Perché molti rapper seguono un filone già conosciuto e impresso nell’immaginario di chi ascolta il genere, è una sorta di sicurezza per molti trattare gli stessi argomenti hanno la loro zona di comfort anzi “zona di comFLOWrt” ci sono artisti che ascolto che quella vita se la sono guadagnata, oggi invece sembra che ognuno sboccia e per usare una metafora poi appassisce nel giro di poco tempo, penso che chiunque fa musica e scrive ha il dovere di essere cosciente di ciò che racconta, avere soldi e donne agli occhi degli altri ti fa essere vincente, Instagram ci ha puntato su questo se oggi prendi un ragazzino di 13 anni l’ambizione è già nella sua testa.
Questo non vuol dire che non devi aspirare ad avere una vita di successo chi non la vuole ma devi anche capire che succede per averlo.
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