CARTAGINE: “Il Punk non morirà mai” | Intervista
Un album sul tema della guerra quello dei CARTAGINE, duo originario del Mugello nato lo scorso anno.
Ma di quale guerra si tratta? Quella del quotidiano, contro l’ipocrisia della società. Quella della fatica di crescere e di imparare ad amare senza farsi male.
“Molotov” è la disillusione tipica dei 20 anni, arricchita da spirito punk e parole oltremodo penetranti.
“A 20 anni far la guerra al mondo” e ancora “E tu sei un fucile che è pronto a sparare / ultimo colpo / vietato sbagliare”. Sonorità a metà strada tra indie-rock e pop elettronico.
L’urlo soffocato di una gioventù in cerca di un futuro migliore, qui identificato nell’American Dream e si evince dal fatto che quasi tutti i brani hanno titoli in inglese (uno di questi è proprio “American Dream”). In “Los Angeles”, poi, c’è proprio il mito di una terra lontana, vista solo attraverso il filtro di serie TV e pubblicità: “e a Los Angeles non piove quasi mai”.
Intervistando CARTAGINE
Cartagine, Molotov. Tutto di voi sembra parlare di guerra. Di quale guerra si tratta?
La nostra è una guerra interiore contro se stessi, come si può intuire dal nostro primo album. È una continua lotta tra gli errori e i rimpianti del passato che ci tormentano e la consapevolezza di dover imparare da questi e voltare pagina.
“E menomale che c’è Instagram a ricordarmi la vita di successo che avete tutti quanti”. Che uso fate voi dei social?
Crediamo che i social al giorno d’oggi svolgano un ruolo fondamentale per la diffusione della propria musica, per questo siamo molto attivi, in modo particolare su Instagram. Tuttavia crediamo che spesso quella dei social sia una realtà distorta, un limbo nel quale ognuno possa far credere agli altri ciò che vuole, un gioco pericoloso.
L’American Dream è solo una metafora o sognate davvero di andare oltre oceano?
L’American Dream raccontato nel disco è ad oggi una metafora, che si riferisce ad un periodo adolescenziale delle nostre vite nel quale, tra coverband e brani originali in inglese, sognavamo di diventare delle rockstar come quelle d’oltreoceano. Anche nel brano “Los Angeles” il riferimento a questo immaginario è ben presente. L’American Dream rappresenta quindi il coronamento di un obbiettivo, che nel nostro caso è quello di suonare sui grandi palchi della scena indie italiana.
L’elettronica è potente in voi. Che tipo di lavoro c’è, da questo punto di vista, dietro a Molotov?
In Molotov abbiamo cercato di coniugare due mondi che ci piacciono molto. Da una parte il nostro background indie-rock, al quale siamo molto affezionati e dall’altra le nuove tendenze Pop e Trap, per cercare di creare qualcosa che ci piacesse e che risultasse innovativo e giovane. In questo è stato fondamentale il lavoro del nostro produttore Mike Defunto, che opera in particolare nel mondo della Trap.
È quasi impossibile darvi un’identità musicale, vista l’originalità del vostro album d’esordio. Cosa ascoltate su Spotify?
Su Spotify ascoltiamo sia vecchi classici dell’indie-rock internazionale ed italiano (Strokes, Arctic Monkeys, Ministri, Verdena, ecc.), sia nuovi talenti che hanno fatto e continuano a fare un grande lavoro di innovazione a cavallo tra il rock e le nuove tendenze (Yungblud, Psicologi, Lil peep ecc.), dai quali traiamo molta ispirazione.
Il rock è davvero morto come dite in “Stuntman”?
Il discorso da intraprendere su questo argomento sarebbe davvero ampio. Per farla breve crediamo che il rock, non riuscendo a far presa sulle nuove generazioni, sia un genere ormai “morto” e destinato ad entrare nel limbo del rock-pop. Tuttavia, ciò che non morirà mai è lo spirito Punk che da sempre ha mosso l’innovazione musicale e che ad oggi appartiene a generi come la Trap ed il rap.
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