Aspettativa: “Cantiamo a tutti i costi i nostri pensieri” | Intervista
Aspettativa, più un mood che un nome. La giovane band toscana è composta da tre fratelli (Elia, Ester e Gab) e dal bassista Il Catta. In un mix di influenze e sonorità, gli Aspettativa affermano che “per una band del 2000 scrivere le nostre esperienze, belle e brutte che siano state, metterle nero su bianco ci fa sentire meglio, ci aiuta a crescere, ad esorcizzarle e a riderci su a volte. Riascoltarle è bello lasciarle correre fra di voi è come fosse sempre venerdì.”
Saracinesche è il nuovo singolo degli Aspettativa, prodotto da Marco Carnesecchi e mixata e masterizzata da Massimo Barbieri per UnderRoof. E’ un risveglio la mattina in camera con una birra in lattina sopra la scrivania, un cinema all’aperto mentre nevica e la perenne paura di non riuscire a dimenticare l’ennesima storia d’amore.
Intervistando gli Aspettativa
“Aspettativa, più un mood che un nome”: quanto incide il peso delle aspettative sulla generazione del 2000?
Nella nostra generazione sicuramente le aspettative hanno una grandissima importanza. Non sempre possono essere soddisfatte ovviamente, siamo giovani ed è bene che siano altissime perché sono ciò che ci spinge a fare sempre meglio, a dare il meglio di noi stessi. Avere delle alte aspettative per la nostra generazione è fondamentale perché si traduce con la fame di poter dire a tutti i costi quello che proviamo e pensiamo.
Saracinesche è il vostro secondo singolo: quali sono i primi feedback del pubblico? Con quale spirito affrontate questa nuova release?
Il pubblico ha fin da subito apprezzato questo brano! Non ci immaginavamo di fare così tanti stream in nemmeno di un mese, è stato come finalmente essere compresi da un amico che ti da una pacca sulla spalla e ti dice “io ci sono“. Ovviamente speriamo che il pezzo non si fermi qui e che possa arrivare a più persone possibili, per far capire come ci siamo sentiti quando lo abbiamo scritto e far sentire meno solo chi, come noi, ha vissuto un post relazione con ansie e paure.
“Ansia no, voglia si” questo è il motto che usiamo sempre per ogni nostro lavoro, siamo ragazzi e cerchiamo di vivere questa nostra passione con impegno e costanza ma anche con spensieratezza.
Come è nata la band? Cosa vi ha spinto a dire “suoniamo insieme”?
Gli aspettativa sono un gruppo che nasce in una cameretta a Scandicci, città vicino Firenze, composto da 3 fratelli che avendo molti strumenti in camera non vedevano l’ora di suonare insieme. Si avvicinano alla musica grazie ai genitori che ascoltavano molte canzoni sia in macchina che in casa. Quasi ricoperti da cd, il padre fa avvicinare i due ragazzi più grandi Elia e Ester che suonano oggi rispettivamente chitarra e tastiere e sono anche le voci del gruppo, al pianoforte classico fin da subito, mentre il terzo, Gab, si avvicina alle percussioni in un primo momento per poi darsi totalmente alla batteria.
Il Catta, invece bassista, entra nella band in un secondo momento nel 2014, grazie a un consiglio del loro produttore Marco Carnesecchi che ci aveva visto lungo. Gli Aspettativa sono quindi si può dire un quartetto di soggettoni fiorentini che non si stancherà mai di fare musica, che suona insieme per non aver paura di dire cosa prova.
Arrivati al secondo singolo, cosa possiamo aspettarci per le prossime uscite?
Quest’estate uscirà ELASTICO, una canzone estiva molto catchy e spensierata, sarà sicuramente un qualcosa di divertente e molto nelle nostre corde, per progetti più consistenti aspettiamo però settembre e lì ne vedremo delle belle.
Potete condividere un palco prestigioso con tre artisti che vi hanno influenzato: chi sarebbero e perchè?
Il primo in assoluto sarebbe Kayne West che a nostro avviso è l’artista più influente del 21esimo secolo grazie alle sue sonorità avanti anni luce e alla sua capacità di riuscire a mescolare arte, musica, spettacolo e moda. Il secondo sarebbe un gruppo che ci ha trasmesso la foga di suonare in una band, niente di meno che i Blink182, capaci di trasmettere energia e voglia di fare casino anche soltanto accordando una chitarra. L’ultimo ma non di importanza, sarebbe Coez che ci ha passato la voglia di potersi esprimere anche in italiano con una poetica più urban, non necessariamente convenzionale e non necessariamente rap, come non ci definiamo.
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