La vita è un mistero continuo, pieno di bellissime contraddizioni che si mescolano continuamente abbattendo regole e logica. Se si ha la capacità di osservare con gli occhi giusti quello che abbiamo intorno e dentro di noi, si può trovare ovunque un briciolo di poesia. Federico Dragogna, grazie al suo nuovo progetto solista, approccia la via del misticismo diventando uno sciamano dei tempi moderni, che viaggia dentro la propria natura per scoprire chi è veramente, con la possibilità di vedere la realtà da una nuova prospettiva.
Spesso è facile focalizzarsi su un ideale, rifiutando categoricamente di cambiare punto di vista, però in questo modo si vede un qualcosa di fittizio, mondo irreale che obbedisce solamente ai nostri principi e non alle leggi dell’universo.
Durante la nostra esistenza ognuno di noi condivide esperienze, costruendo relazioni con le altre persone o scegliendo di abbandonarsi dentro le proprie paure. Gli artisti cercando di compiere questo viaggio mettendosi in gioco, trovando la forza per instaurare un dialogo profondo tra ragione e sentimento.
Per Dragogna probabilmente questo disco è stato dolore e cura allo stesso tempo, l’occasione giusta per viaggiare verso una nuova direzione, capace di aprire nuove strade personali e artistiche. “Dove nascere” è un disco manifesto delle fragilità di un esistenza umana che si crede indistruttibile, provando, ingenuamente, a ingannare eterne certezze che nascono addirittura dalla morte.
Che anche quando fai qualcosa in cui tutto dipende da te, non può comunque dipendere tutto da te. Ci sarà sempre qualcosa che sfugge al tuo controllo: il destino ma anche più semplicemente l’apprezzamento degli altri, non puoi fare nulla per essere sicuro di piacere agli altri.
La mia vita è stata molto bella, mi andrebbe bene anche riviverla pari pari. Ma dato che amo cambiare, ti direi che mi piacerebbe rinascere in Islanda, ad Amsterdam o a Granada.
I più banali: la vita stessa, nel senso anche di covare qualcosa dentro a una pancia e poi farlo uscire nel nostro mondo e mentirgli su Babbo Natale, ma anche gli elementi, come acqua e fuoco che potrei guardare per ore, o misteri più prosaici come gli stabilimenti balneari in Italia o il fatto che l’usura delle banche sia accettata pacificamente.
Da adolescente parteggiavo per il pensare, poi ho scoperto le meraviglie dell’agire, del fare le cose, buttarsi, provarci. E non sono più tornato indietro, continuando a pensare in tutti gli spazi liberi.
La ricorrente incapacità di ricordarseli che lo porta a comportarsi come se non avesse.
Vedo la Natura alla Herzog, cioè come quella cosa che cerchiamo disperatamente di far rientrare in una narrazione, spesso addirittura in una favola, e che invece può restituirci solo silenzio e violenza. Certo, capita anche invece che ci regali poesia e meraviglia, ma sono solo i nostri occhi creativi e speranzosi a vederle. E com’è possibile che i nostri occhi arrivino dalla natura stessa? Chissà, ed ecco perché ci siamo inventati le religioni.
Perché crescendo ci si lascia dietro tante cose bellissime, una parte delle quali non tornerà mai più, e quando sei lì sul limitare tra i due mondi la senti come una minaccia, come se qualcosa del tuo spirito rischiasse di andarsene per sempre. E forse in effetti se ne va, ma se ne va perché c’è un nuovo spirito da costruire, uno spirito che dovrà affrontare altrettante battaglie e altrettante scoperte.
Mai veramente, sono un mammifero che si è costruito sin da piccolo un mantello per cercare di piacere agli altri, ma non a tutti e forse neanche a molti. Credo di essere un pesce che non piace troppo agli squali e che è buono da mangiare solo con delle preparazioni molto complicate. Forse però esiste una qualche isoletta nel mondo pronta a farmi diventare il suo piatto tipico, chissà.
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