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A me fa schifo l’America | Indie Tales

Quando si beve non si deve guidare. Quando si è ubriachi non si devono fare neanche le promesse. Fare entrambe le cose contemporaneamente è molto pericoloso. Anche avere 20 anni lo è.

I giovani iniziano ad avere paura del mondo quando si esce di casa per andare a fare la spesa con l’ansia di dimenticarsi il burro o le chiavi e rimanere così chiusi fuori, senza nessuno che possa tornare in tempo per preparare cena o rimboccare le coperte. Quando si  fa una valigia e si va via, non importa a quanti km di distanza, si sceglie di diventare grandi.  Alice e Luca si erano appena conosciuti, ma quell’estate aveva già un altro sapore. Profumava di vita e di baci.

La panda rossa sfrecciava nel silenzio del lungomare, dove anche i semafori, per non disturbare la notte, si stavano riposando. Gli unici rumori erano le onde in sottofondo e un karaoke improvvisato, a dirla tutta molto stonato, ma a tratti addirittura radiofonico. Le canzoni sono sempre un modo per comunicare. E così tra segni d’amore improvvisati, vecchi ritornelli mai dimenticati e scheletri nella playlist, il viaggio stava proseguendo senza davvero una meta. La serata era arrivata ad un punto morto, un po’ quando non si capisce se bisogna salutarsi con un buongiorno o una dolce buonanotte. Tanto valeva godersi il panorama, cantare e lasciarsi trasportare dalla strada.

Le relazioni che iniziano all’improvviso, quasi per gioco, probabilmente porteranno con il passare dei giorni molte complicazioni. Sarà scontato prendersela non con i sentimenti, ma con il freddo, la pioggia e la malinconia di un inverno che vale come un abbonamento alla tristezza. Bisogna lasciare perdere troppi programmi, certe volte non si sa neanche cosa si farà domani e se alla prossima curva ci può essere un posto di blocco, quindi Alice e Luca si stavano godendo quel perfetto momento di euforia.

Tutti quei giorni felici, quegli happy days come amavano dire i due ragazzi, nascevano dentro uno sguardo, morivano dentro un bacio e davano fastidio. Sì, erano un fanculo a tutti gli altri, una dedica speciale a tutte quelle persone che hanno paura di alzare la testa e guardare avanti, preferendo cercare pace nel caos dei ricordi.

Non era neanche una questione di geografia, di terre e di luoghi, o di due esploratori che per fortuna avevano scoperto una nuova versione di se stessi tra le onde del mare e le note di una canzone. Luca, ad un certo punto, guardandola negli occhi disse: ” Non so in questo momento dove stiamo andando io e te. A dirla tutto non so bene cosa farò da grande. Qualsiasi cosa vorrei farla con te” Lei, emozionata e anche un po’ spaventata per il peso di queste responsabilità stava per replicare ma.. “Si, andiamo pure in America, se vuoi ti ci porto”.

Stavano correndo troppo o era l’alcool a parlare? In realtà la macchina non stava andando neanche troppo veloce, anzi l’amore aveva messo la freccia e superato, in modo azzardato e pericoloso. Chi non conosceva davvero Luca, come Alice, non poteva immaginare che per lui gli Stati Uniti erano da sempre un modello sbagliato, un sogno nato per diventare incubo. Per lui i grattacieli erano abusivismo edilizio, un grande contenitore per persone tutte eleganti che mettevano la sveglia presto e andavano a lavorare controvoglia, prima di ritornare nel loro piccolo monolocale, in un altra struttura piena di piccole finestrelle e alta parecchi metri. Non vedeva autenticità in quel modello. Tutto sembrava plastificato e fatto per vendere o per rispondere ad una richiesta di slogan. Alice però aveva come sfondo New York, sognava di passeggiare per Central Park mangiucchiando qualche schifezza tipica del posto.

Per lei gli Usa erano un esempio di speranza, un desiderio di libertà, un posto dove scoprire la possibilità di crearsi un nuovo futuro, anche se non aveva mai confessato a nessuno che stava pensando proprio di trasferirsi laggiù, così lontano. Beh in quel momento di romanticismo e imbarazzo era impensabile sbattere in faccia  a Luca questo bisogno di spazio e voglia di ricostruirsi passando in volo sopra un Oceano d’incertezze.

Come poteva reagire a quella proposta tanto seria quanto interessante? “Ferma la macchina” disse, con un certo imbarazzo. Scese, sentendo anche una botta di freddo, aprì la portiera del guidatore e disse: “Dai guardiamo il panorama, dammi un bacio e un abbraccio, al resto ci pensiamo poi. L’estate non è ancora finita!”

RACCONTO LIBERAMENTE ISPIRATO AL BRANO A “ME FA SCHIFO L’AMERICA” DI LIVRIZZI

 

Nicolò Granone

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