Roberto Cavalli Nonlostilista: “Anche un addio ha bisogno d’amore” | Intervista

Ufficio Stampa

Roberto Cavalli Nonlostilista: “Anche un addio ha bisogno d’amore” | Intervista

Le relazioni possono finire e bisogna accettare questa situazione, senza aver pregiudizi che limitano possibili nuove conoscenze, evitando di mettersi in gioco perché intanto poi rischierà di andare male.

Capiterà di guardarsi in faccia, scendere dalla giostra e capire che non c’è più tempo e modo per andare avanti. In quel momento uno dei due penserà “Lasciami qui” in uno spazio non definito, però sicuro.

Roberto Cavalli Nonlostilista scrive sui titoli di coda di una storia d’amore, cercando una via di fuga non solo dai sentimenti provanti, ma anche da ricordi collezionati, evitando di nascondersi dietro ad una speranza illusoria e codarda. La partecipazione di Jack Ohma aggiunge rabbia e delusione alla possibilità di dirsi addio, con la consapevolezza che è comunque necessario andare avanti portandosi dietro dolcezza e malinconia.

INTERVISTANDO ROBERTO CAVALLI

Per accettare la fine di una relazione bisogna illudersi che va bene così?

Non credo. Probabilmente è una delle prime risposte che ci diamo per far fronte al dolore o alle verità che ci si pongono davanti e che non siamo pronti ad affrontare. Credo piuttosto che il processo di accettazione passi dalla conoscenza delle proprie profondità che portano pian piano maggiore consapevolezza. La fine di una storia, alle volte, può essere considerata come una sorta di “lutto” e come tale ha bisogno di tempo e d’ un processo che richiede pazienza, dolore per poi poter maturare, rifiorire e vedere ciò che è stato con occhi diversi, riconoscendo i propri sbagli e perdonando, magari, quelli dell’altra persona. Le relazioni finiscono, è nella natura delle cose, credo che anche un addio abbia bisogno d’esser fatto con amore.

Perché rimane la speranza anche dopo l’addio?

Non amo molto il concetto di speranza, lo vedo come un tentativo d’ aggrapparsi ad un’ illusione. È subdolo perché inizialmente sembra essere salvifico, ma col tempo credo sia causa di malessere per l’ essere umano. Nonostante questo mio pensiero anche a me capita, ed è capitato, di cadere in questo tranello. La paura, a volte, porta ad attaccarsi alle illusioni e ad un passato che non ritornerà piuttosto che affrontare un cambiamento per il quale non ci sentiamo all’altezza.

Ufficio Stampa

“Lasciami qui” quale luogo potrebbe indicare?

Personalmente con “Lasciami qui” non intendevo nessun luogo fisico, ma la possibilità di riuscire a staccarmi dal ricordo di una storia finita e dall’idealizzazione di una persona per poter esplorare e conoscere me stesso con più serenità.

Il tempo non va alla stessa velocità per tutte le persone?

Credo che la percezione del tempo sia influenzata da diversi fattori e possa essere differente da persona a persona a seconda anche dei momenti della vita. Io mi trovo spesso in difficoltà rispetto all’ esasperazione del ritmo che caratterizza questo momento storico anche se poi cado in contraddizione nel manifestare poca pazienza e poca propensione alla rinuncia delle comodità e dell’ avere tutto subito. Rischiando di cadere nella retorica, direi che bisognerebbe concedere il giusto tempo a tutti i processi e rallentare all’ occorrenza per poter godere degli attimi e cercare di trovare “un tempo” il più possibile adatto a noi, che conceda il giusto spazio per assaporare profumi, sguardi, sorrisi, colori e un pizzico di malinconia.

Odio i luoghi comuni ma devo ammettere che dopo i trent’ anni il tempo pare correre molto più velocemente. 

Ti è capitato di vivere l’amore come ideale?

Nella mia vita ho vissuto un’ unica storia d’ amore ormai finita da anni, durante la quale l’ idealizzazione mi aveva portato (insieme alla poca maturità, alla mancanza di consapevolezza e all’ egoismo)a non rendermi conto di non aver fatto nulla per rendere quell’ amore speciale, con presunzione pensavo però che la mia storia avesse qualcosa di unico rispetto alle altre.

Ufficio Stampa

Cosa ti affascina della psicologia?

Più che dalla psicologia sono affascinato da quanto possa essere meravigliosa e allo stesso tempo complicata l’ esistenza e ammiro chi con coraggio esplora il proprio abisso per poterne dare un senso. A me personalmente il percorso psicoterapeutico (che tuttora sto affrontando) ha aiutato moltissimo ed ha acceso un bellissimo sentimento di curiosità verso ciò che ho dentro e anche verso ciò che mi circonda.

Sei una persona che ama collezionare ricordi?

Collezionare fisicamente no. Ma ad oggi il mio grande limite è quello di non riuscire a staccarmi dal passato e di conseguenza anche ai ricordi. Inizialmente navigare in queste acque da una sensazione di dolce malinconia, il rischio però poi, è quello di annegare nel rimpianto e non riuscire a vivere il momento presente. Quando cammino ciò che vedo intorno lo associo sempre a un ricordo passato e senza rendermene conto finisco per fantasticare e perdere contatto con il “qui ed ora”.

Amo il ricordo ma devo ancora imparare a trovare un equilibrio.

Scrivere canzoni è un modo intimo per svelare alcuni segreti e conoscersi meglio allo stesso tempo?

La forma canzone è per me, forse, il processo finale del conoscermi meglio, mette nero su bianco ciò che ho già  analizzato. Diciamo che potrei definirla una sorta di diario emotivo-musicale. Poi però ,è vero anche di scoprire significati nascosti e inconsci nelle proprie canzoni, questo accade quando chi le ascolta, da una chiave interpretativa diversa dalla tua che però ti apre nuove riflessioni.