Rokas tra sacrificio e salvezza in quella casa in fiamme | Indie Talks
Sembra un atto necessario quello di ragionare più sulle conseguenze di ciò che accade piuttosto che sulle cause. Se ne frattempo è necessario levare la ragione dall’azione perché bisogna fare qualcosa si può agire d’impulso o rimanere impassibili.
Se davanti a noi ci fosse una casa che brucia, o una società che sta implodendo su se stessa, quale potrebbe essere la tua reazione? Immagina che qualche persona a te cara fosse in pericolo, e solo tu potresti salvarla avresti il giusto coraggio?
Se tu ti trovassi nei guai quando arriveresti a chiedere aiuto?
Rokas con il suo album “In quella casa in fiamme ci sono dei bambini” s’infila in una situazione di pericolo, con la sicurezza della musica come strumento attraverso il quale è possibile comunicare, trovandosi in bilico tra sacrificio e salvezza.
ROKAS X INDIE TALKS
Chi c’è davvero in quella casa in fiamme?
Ottima domanda, saperlo renderebbe tutto semplice, perché se ci fossimo noi o qualcuno che amiamo, tutti sapremmo immediatamente cosa fare. La vera domanda è : “abbiamo visto questa casa in fiamme, anche se ci siamo davanti?“
Com’è nato il concept per questo disco?
Guardando “Profondo Rosso”, precisamente nella scena iniziale, dove il protagonista nota dalla piazza la scena che fa in modo che lui entri nella casa. Era un periodo in cui ho iniziato a essere particolarmente sensibile riguardo a diversi argomenti che mi sembravano lasciassero molti indifferenti. Per questo motivo ho cercato di costruire un racconto all’interno del disco: la storia di una persona che, davanti a una situazione di pericolo, deve decidere se intervenire o girarsi dall’altra parte.
Pensi che ci sia una tendenza all’azione quando ormai è troppo tardi?
Sì, soprattutto a schierarsi su posizioni sicure. Avverto molta paura tra le persone: di esprimersi, agire. A volte anch’io mi sento così.
Scappare è una salvezza apparente?
Nel disco precedente (“Mostri contro Fantasmi”) cantavo della paura e di quello che temo di più. È un sentimento che spesso ti immobilizza e ti spinge a prendere una decisione, ad agire. Scappare di fronte al pericolo è istintivo, spirito di sopravvivenza, ma è anche un modo facile per stare meglio. Non per stare bene.
Ti è mai capitato di rimanere intrappolato in una situazione?
Moltissime volte, come credo a chiunque. L’importante è cercare di essere consapevoli della propria posizione o trovare un modo per uscirne. Con la musica vorrei riuscire a toccare temi e argomenti complicati con uno spirito non dico risolutivo ma sicuramente propositivo. Soffriamo, ci arrabbiamo, siamo delusi o abbattuti, l’importante è abbracciare queste emozioni e lasciarle andare.
Chiedere aiuto è un atto di coraggio?
Vorrei avere delle risposte esatte a queste domande. Alle volte lo è, altre è inevitabile.
Credo sia importante chiederlo così come lo è che chi si accorge che qualcuno necessita di aiuto faccia ciò che è in suo potere per aiutare.
La paura di non farcela è uno dei difetti più grandi dell’uomo?
Non mi sento di fare l’ambasciatore del genere umano, come dice Frank Ocean, i’m just a man i’m not a god.
Perché la violenza e il dolore sono spettacolarizzati?
Credo per diverse ragioni. Ci rassicura vedere che quella cosa esiste ma non siamo noi a subirla, così come se la vediamo e la subiamo, egoisticamente ci rassicura sapere che non siamo gli unici ad essere in quella situazione. Banalmente sì spettacolarizza, si commercia, si crea ciò che le persone vogliono o vogliono vedere.
Un certo egoismo protegge dall’impotenza di non riuscire a poter salvare il mondo?
Credo non bisogna confondere egoismo con preservare.
È vero che non siamo dei supereroi, così come è vero che anche una piccola azione conta, nel lato positivo così come negativo. Ognuno si vede per quello che è e di conseguenza vediamo il mondo per quello che siamo. Partendo da essere tutti una versione migliore di noi stessi possiamo pensare di avere un luogo migliore dove stare. Tutto questo ovviamente mettendomi nell’equazione.
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