Daniel Mendoza: il mio viaggio nel rap | Intervista

Daniel Mendoza è un artista poliedrico, attento alle musicalità originarie della musica nera, con un grosso bagaglio di esperienze personali e di collaborazioni di rilievo. Completamente slegato dai classici stereotipi collegati al rap, propone testi ricercati che lo avvicinano ad un pubblico alternativo.

Dopo aver pubblicato diversi album con gli ultimi singoli ha voluto sperimentare sonorità più contemporanea che sono piaciute sia ad un pubblico più indie, senza deludere però i suoi vecchi fan.

Il nuovo pezzo, Trolley, diventa così sinonimo di bagaglio personale, di emozioni, di vissuto. Quello che  rimane di noi , quello che si dovrebbe portare nel viaggio della vita. Un invito a seguire i propri sogni e le proprie ambizioni senza scordarsi chi siamo e delle nostre origini.

Scegli un posto qualunque, basta che sia lontano. Metti i sogni nei trolley giuro che li portiamo.

 

INTERVISTANDO DANIEL MENDOZA

Qual è stato il viaggio più assurdo che hai fatto? 

Sicuramente il primo dato che ho sempre avuto fin dall’infanzia la fobia dell’aereo. Questo non mi ha permesso di viaggiare per anni. Poi ho superato questa paura e ho girato un po’ l’Europa. Berlino essendo stata la prima tappa mi è rimasta dentro. Infatti ho avuto modo di andarci poi nuovamente. 

A distanza di 3 anni stai lavorando a un nuovo disco?

Si ma in un modo completamente diverso. Ho in mente quello che voglio e invece di uscire con un disco pronto farò uscire l’80% dell’album come singoli. La rete va veloce tocca stare sul pezzo. Gli anni che ci metti a produrlo un disco vieni dimenticato. Per ora ho già fatto uscire due singoli che stanno ricevendo ottimi feedback. La cosa mi gratifica avendo cambiato quasi genere. Il mio rap si è fatto meno aggressivo, quello che faccio oggi è più vicino al mondo indie rispetto al rap e se mi chiedessi quale genere mi identifica in questo momento ti direi: Indie Rap.

Com’è cambiato il rap rispetto a quando hai iniziato a scrivere le prime barre?

Tutto. Il rap che conoscevo io è percepito ora come old school e spesso relegato a raduni per nostalgici. Definire però il rap inizio millennio old è un’offesa verso pionieri veri come Mc Shark, Ice One, Gruff e altre colonne portanti che ci sono dalla notte dei tempi. Quello che ho sempre fatto io può essere considerato al massimo middle school. Questa distinzione old / new nasce con l’avvento della trap che per me non è rap,  ma un genere distinto più vicino al pop. É una sperimentazione del pop che attinge dalla black music ma non è rap e soprattutto non è hiphop. Non fraintendiamo, ci sono cose molto interessanti anche nella stessa trap. Generalizzare è da ignoranti.

Che storia vive la ragazza nel video Colpa di Freud?

Aspetta qualcuno che forse non arriverà mai perché perso nella propria autoanalisi. Sono molto contento di come sia andato Colpa di Freud, su Youtube ha avuto un vero boom senza campagne Google né acquisti inutili di views (oltre 170mila). É stata una sorpresa, ritornavo dopo tempo con qualcosa di più vicino all’indie. Avevo annunciato dei cambiamenti profondi con il timore di essere frainteso. Invece è andata bene e mi sono aperto le porte per una nuova fase 2 della mia carriera musicale. Ora è appena uscito il video del secondo singolo Trolley, sono fiducioso.

La tracklist di Rivincita è un omaggio al cinema. Qual è il tuo film preferito?

Rivincita è il mio ultimo disco rap. Lì finisco e rinasco nuovo. Tutto il background acquisito però farà sempre parte del mio modo di scrivere. Sto pensando e facendo le cose in modo però diverso e forse dopo tempo inizio nuovamente a divertirmi. Il mondo qui fuori è cambiato e tutti i dogmi “hiphop” con cui sono cresciuto ora hanno poco senso. Si comunque il cinema mi piace, l’ho studiato e spesso nei miei lavori ci sono citazioni o spunti che partono da li. Film preferito, Fuori Orario, il film  meno conosciuto di un grande regista come Martin Scorsese. I suoi gangster movie sono capolavori ma questo è follemente geniale.

Hai scritto l’Italia non è e Italians/Itagliani. Come descriveresti oggi il nostro paese?

Diciamo che ho fatto tutti i check up possibili ai miei connazionali (ehehe). Italia non è, un brano che da speranza nonostante il quadro generale sia grigio. Ma avendo ormai 7 anni è figlio quasi di un’altra Italia. Comunque in crisi ma meno razzista. Italians è molto più sarcastico, ci autoprendiamo in giro coi nostri luoghi comuni che sarebbe il caso di superare visto che spesso sfociano in offese. Ma il pezzo è volutamente divertente, deve far riflettere facendo sorridere. 

Qual è stato il momento più bello della tua carriera?

Domani. Tutto quello che ho fatto fino ad oggi resta lì, ma va superato. Un avversario con cui fare i conti. Sono in eterna sfida con me stesso quindi spero di fare sempre qualcosa di migliore che si porti dietro tutto quello che ho fatto prima. 

ASCOLTA DANIEL MENDOZA NELLA PLAYLIST DI INDIE ITALIA MAG