Ventitré | Indie Tales

Sono sempre stato troppo sensibile, o almeno così dicono i miei amici.

Non ho mai capito se lo dicevano per prendermi in giro o perché erano effettivamente stanchi di vedermi stare male per l’ennesima ragazza che doveva essere quella giusta. 

All’improvviso nella mia vita sei arrivata tu. Sei stata per mesi una ventata d’aria fresca e mi facevi vivere a sei metri dal suolo. Con te sentivo il cuore più leggero e ogni volta passavo ora a guardarti, cercando di imprimere nella mente ogni singolo millimetro della tua pelle così chiara e costellata di lentiggini. 

Eri bella, ma bella davvero. Quando stavo con te mi sono sempre sentito un po’ come Icaro, hai presente? Voleva arrivare vicino al sole ma nel farlo ci ha rimesso la vita. Ecco, a stare con te mi sono bruciato, e anche tanto. 
Ci avevo creduto, in te e nel nostro amore, ma tu in un attimo hai distrutto tutto quello che sognavo per noi. Che coglione che sono stato.

I miei amici non sanno più cosa fare con me. Vorrebbero prendermi a sberle piuttosto che vedermi con quella faccia afflitta, tutti i venerdì, mentre mi sforzo di bere un Long Island o un Gin Tonic o qualsiasi cosa mi arrivi. La mia testa però è sempre altrove, sempre a cercare i tuoi occhi tra la gente e tra quei soliti bar dove prima andavamo insieme. 

Ho anche provato a non uscire qualche volta, ma stare a casa è mille volte peggio. Lo sai come sono fatto, poi penso troppo e quando inizio è la fine. Mi prendevi in giro per questo, ti ricordi? Ridendo mi dicevi che ero un caso perso e che mi facevo più pare di te. Poi mi baciavi e mi univo alla tua risata, dimenticandomi anche a cosa stavo pensando. Avevi questo effetto su di me e mi piaceva.

Ogni volta che incrocio per sbaglio una tua amica mi sento morire. La mia mente corre a qualsiasi tipo di pensiero: “chissà se stanno raggiungendo lei”, “le diranno che mi hanno visto?”, ma poi mi do del cretino perché tu sei andata avanti, mentre io rimango ancorato al fondo. 

Vorrei scappare, mollare tutto e cambiare città. Ogni posto mi ricorda te e quello che ho perso. Ogni bar, ogni panchina e ogni vicolo. Se ci penso mi manca il respiro e mi sale il panico. Quanto sono debole. Ma è colpa tua. Hai rovinato tutto andando con lui

Ho ancora una nostra foto come sfondo del telefono sai? Ogni tanto la guardo e penso a tutte le cose che non ti ho detto ma che avrei dovuto dire. Penso a come mi hai ridotto. Una patetica imitazione di me stesso. Un cretino che con gli amici ride per fingere che vada tutto bene, per non dartela vinta ‘sta battaglia.

Vorrei vederti un’ultima volta. Vederti ballare in un locale o vederti ridere con le tue amiche. Vorrei offrirti l’ultimo Gin Tonic e vederti mentre ti stringi nella giacca, rigorosamente di jeans, per ripararti dal vento estivo. Vorrei vederti studiare, con i capelli raccolti in modo disordinato, mentre picchietti nervosamente la matita o mentre agiti la gamba in quel modo fastidiosissimo. 

C’è un’ultima cosa che vorrei fare.Vorrei farti capire quanto io sia stato male, farti provare le stesse cose e finalmente prendere il coraggio di dirti l’unica cosa che ti meriti. 
Vaffanculo, stronza. 

Racconto liberamente ispirato al brano “Ventitré” di M.E.R.L.O.T