Salvatore Altieri: un “Buco Nero” dove esorcizzare il dolore

Salvatore Altieri: un “Buco Nero” dove esorcizzare il dolore

Alle volte, soprattutto negli animi più sensibili, lo sconforto può globalizzare completamente la nostra esistenza e trascinarci progressivamente all’interno di quello che può sembrare un buco nero senza via d’uscita.

Capita poi, col tempo, di riuscire a trovare delle chiavi di lettura a tutto quello che ci sta accadendo e pian piano riusciamo ad esprimere, tramite le parole, la musica o qualsiasi altra forma d’espressività, il tumulto emotivo che ci ha trascinato proprio all’interno di quel buco nero. Quando accade ciò, è proprio il momento in cui iniziamo la risalita da quel buco.

Probabilmente, “Buco Nero”, il nuovo disco di Salvatore Altieri, rappresenta proprio il suo personale percorso, andata e ritorno, all’interno dei meandri della disperazione più buia e la conseguente risalita e fuoriuscita da quello stato, come persona più consapevole e matura.

Nel suo nuovo lavoro, scaricabile gratuitamente dal suo sito internet e su tutti i principali Digital-store, Salvatore Altieri nonostante nel disco canti essenzialmente dei suoi vissuti, riesce a trovare le giuste parole in cui l’ascoltatore può ritrovarsi. Anche se le esperienze che ognuno di noi fa nel corso della vita sono uniche e personali, le sensazioni e le emozioni che provocano possono essere molto simili.

Dunque in questo modo, “Buco Nero” passa dall’essere un disco auto-biografico, ad essere un disco che parla di vita. Ed in un disco che parla di vita davvero chiunque può ritrovare qualcosa di se.

Anche nel sound “Buco Nero” è un disco vario ed eterogeneo. Salvatore Altieri è un musicista versatile e di lunga esperienza e riesce ad offrire sonorità estremamente diversificate tra di loro. Si passa dal classic-pop, al noise-rock passando per una ballata suonata interamente al pianoforte.

Abbiamo quindi contattato direttamente Salvatore Altieri per conoscerlo meglio e fare quattro chiacchiere sul suo interessante nuovo disco.

INTERVISTANDO SALVATORE ALTIERI

Ciao Salvatore. Parlaci un po’di te e del tuo background da musicista. Qual è stato il percorso che ti ha portato a “Buco nero”?

Innanzitutto saluto voi e tutti i lettori di Indie Italia Magazine !

Allora ho cominciato da didatta nel lontano 1999, lo strumento del quale mi innamorai praticamente subito è stata la chitarra, in tutte le sue forme e le sue varie sfaccettature.

Nel 2004 per per migliorarmi sullo strumento, mi sono iscritto al Saint Louise College of Music di Roma, un’esperienza formativa davvero importante per me, seguivo il corso di chitarra moderna e studiare ogni giorno con grandissimi professionisti, mi ha aperto la mente, soprattutto negli ascolti, ma in generale sono cresciuto molto in tutto.

Non ho completato il corso di diploma, purtroppo, e ritornato a casa, ho continuato a studiare ancora da didatta, fino al 2007, quando ho avuto la fortuna e l’onore di studiare con il mio idolo, Marco Sfogli, (James Labrie, PFM) anche in questo caso, grazie a Marco ho fatto un’ulteriore passo in avanti!

salvatore altieri

Nel 2009 c’è stata “L’Accademia di Sanremo” (Samremolab, quest’anno Area Sanremo) un esperienza che consiglio a prescindere dal risultato, a tutti i musicisti, che ti fa crescere tantissimo, almeno così e stato nel mio caso, hai la possibilità di confrontarti con tanti talenti, ed imparare dai migliori insegnanti.

In questo contesto mi sono avvicinato al cantautorato, ed ho cominciato per la prima volta a scrivere e cantare brani miei, ma non avendo mai scritto per me, ne cantato prima di allora, ho dovuto imparare da zero un po’ tutto e soprattutto, lo “strumento voce”.

Dopo un po’ di insegnati disastrosi, per il mio percorso vocale, finalmente nel 2012 ho incontrato la mia attuale maestra di canto: Nunzia Carrozza (Fausto Mesolella / Francesco Cicchella / Vocal-Coach di All Together Now 2020/21) con la quale oltre al rapporto professionale, è nato anche un bellissimo rapporto umano.

Nel 2012 ho pubblicato il primo Ep di 5 brani, “Dove è meglio che tu sia” in realtà era pronto un intero disco di 12 brani, ma non mi convincevano per nulla le sonorità troppo Pop delle canzoni, e scelsi solo quelle più “alternative”, per non cestinare l’intero progetto.

Nel 2013 ho pubblicato il singolo “Terra”, e mentre negli anni successivi stavo lavorando al completamento delle canzoni, e migliorare il mio modo di cantare, esattamente nel 2016 ho avuto purtroppo dei seri problemi personali.

Ho abbandonato l’arte e la musica tutta, per circa 3 anni, non ho più toccato uno strumento musicale, ne ascoltato musica; quando mi sono ripreso, ed ho ripreso in mano le vecchie canzoni, era tutto un altro lavoro ed in una fredda settimana di gennaio del 2019, il vecchio progetto iniziato con “Terra” nel 2013 era diventato “Dalla Cenere” da dove, dopo anni di buio, ero riemerso, come una fenice.

Subito dopo la sua pubblicazione, mi sono rimesso a scrivere altre canzoni, e nel 2020 è nato “Buco Nero”, un disco particolarmente autobiografico, composto e suonato praticamente tutto da me, tranne la fase di missaggio e mastering, la quale è stata effettuata da un mio amico fonico (Raffaele Cervo), che ha saputo nel miglior modo possibile amalgamare le mie registrazioni.

Ed eccomi qua.

Circa un anno e mezzo fa è uscito “Dalla cenere”, tuo secondo disco. In cosa ti senti cambiato o evoluto rispetto al tuo precedente lavoro?

“Dalla Cenere” e perlopiù un demo, nel senso che ho preso le chitarre già registrate da un bel po’ di anni, ed accantonate in un Hard Disk, e molto velocemente in una settimana ho scritto i testi e le melodie vocali di tutti i brani, e poi subito dopo li ho registrati. In due settimane era tutto concluso, volevo solo finire al più presto.

Su “Buco Nero” ho potuto invece lavoraci molto di più, un paio di mesi, invece che un paio di settimane, è un altro mondo praticamente.

salvatore altieri buco nero

Il sound di “Buco nero” è molto eterogeneo. Passi dalle sonorità Classic-pop di “Un pezzo di stoffa”, al noise-rock di pezzi come “Anna” passando per sonorità più particolari come quelle de “Il manuale della vita”. Che lavoro di ricerca sonora c’è dietro a questo disco?

Il mio obiettivo era quello di comporre qualcosa di originale, che non annoiasse me, ne l’ascoltatore, come capita in quei dischi che suonano tutti uguali dall’inizio alla fine, e raccontasse qualcosa di interessante.

Nel giro di tre brani si passa dalla chitarra acustica di “Un pezzo di stoffa”, a quella distorta di “Anna”, al pianoforte di “Questa Panda”.

Sono molto soddisfatto sotto questo punto di vista, non mi annoia ne mi risulta pesante all’ascolto, spero faccia lo stesso effetto anche alle altre persone.

“Buco nero”, ad eccezione di “Laurent”, sembra un disco molto autobiografico. C’è un brano che senti davvero intimo?

“Buco Nero” in particolare, parla di questa mia vita passata praticamente quasi tutta, su queste mie desolate montagne, che, se prima erano verdi ed ospitali, ora con il tempo, sono diventare nere e grigie, praticamente un buco nero, che risucchia ogni giorno della mia vita.

Scrivere questo disco, e questa canzone. mi ha aiutato ad esorcizzare quello che sento e mi fa particolarmente male, dentro.

“Laurent” è un brano che parla di una vicenda molto triste. In che modo è arrivata a scuoterti fino al punto di sentire il bisogno di scriverci su?

Sono rimasto molto scosso da questa storia, purtroppo vera, di Laurent (Ani Guibahi Laurent Barthélémy) era un ragazzo africano, che per inseguire il sogno di una vita migliore, vista in Tv, si nascose nel carrello elevatore, di un aereo in partenza per l’Europa, per morire purtroppo assiderato.

Questa storia mi ha colpito davvero tanto, che non riuscivo a togliermela dalla testa, l’unico modo era quello di trasformarla in una canzone, ed è così nata “Laurent”.

Nella tua biografia si legge che esplori forme d’arte diverse oltre la musica come i racconti o le poesie. Quali sono per te le differenze tra queste forme di espressività?

Amo la scrittura, non passa giorno in cui non scrivo qualcosa, sono sempre con la penna in mano.

La scrittura per me è una forma d’arte più astratta, meno diretta della musica, ma più semplice da comporre.

Di solito per scrivere un racconto impiego un paio di giorni, mentre una canzone, ho bisogno di mesi di lavoro, ma le amo entrambe, anche se prediligo la musica, riesce ad emozionarmi di più.

Ma entrambe sono fondamentali.

salvatore altieri

Come stai vivendo, da artista, questo particolare periodo in cui la musica live è bloccata da tempo?

Non lavoro nel campo musicale, ho un altro impiego che mi permette di dedicarmi nel tempo libero alle mie passioni, anche se mi piacerebbe viverci ogni giorno di arte e di musica, e non solo nelle pause, oppure giorni liberi.

Penso che questo sia un periodo assurdo, un po’ ovunque.

Il settore musicale in particolare, è stato praticamente raso al suolo, conosco degli amici musicisti che hanno cambiato mestiere, per arrivare a fine mese; quelli che vivevano con le serate, ma un po’ per tutti i lavoratori di questo settore, fonici, roadie, la musica è stata praticamente azzerata da questa pandemia.

Gli altri settori si è cercato, e si cerca di farli ripartire pian piano, ma la musica è ferma da quasi un anno, ed è una cosa assurda e sconcertante, sarà difficile ricominciare, ma spero arrivi questo momento davvero molto presto!

Grazie ed in bocca al lupo.

Grazie a voi per la vostra disponibilità e di nuovo grazie a tutti i lettori di Indie Italia Magazine e che crepi questo maledetto lupo.

Salvatore Altieri.

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