La Plastique: “Sul filo di un presente inedito” | Intervista

Malleabile e resistente come la plastica. Divisa tra forma e contenuto come Giano Bifronte, divinità adorata dai Romani. Laura Gismondi, in arte La Plastique, non la puoi contenere, né cercare di capire fino in fondo. La sua musica è ricca di contrasti e in continua evoluzione. Se fosse un filosofo, probabilmente sarebbe Kant, ma potrebbe cambiare idea molto presto. Un’artista che non teme il cambiamento, anzi lo abbraccia e ne fa un segno di stile. Il suo singolo di debutto si chiama “The Ghost of my past”, ed è sia un traguardo che un punto di partenza.

INTERVISTANDO LA PLASTIQUE

Ciao! Come mai “La Plastique”?

Ciao! La Plastique è un nome che ho scelto qualche anno fa con una mia amica, che ha il merito di avergli conferito una sfumatura fonetica più francese (all’inizio era pensato come “La Plastic”). Innanzitutto, si riconduce ad un appellativo che mi è stato dato in passato: qualcuno mi definiva “plastica” perché sono davvero molto sbadata e maldestra nelle mansioni pratiche da svolgere, tipo le faccende domestiche. In secondo luogo, penso alla plastica come un materiale plasmabile, versatile, ma anche resistente. Potendo assumere qualsiasi tipo di forma, presenta una costante tendenza alla metamorfosi che, tuttavia, avviene dentro confini precisi e determinati. Mi sento sempre alla ricerca di qualcosa, di nuove versioni di me stessa: impegnata e in continuo mutamento dentro il perimetro definito del mio carattere.

Far pace con i fantasmi del passato è fondamentale per poter evolvere. Per questo “The Ghost of the past” è il tuo primo singolo?

Credo di sì. Penso che il momento in cui si riesce ad oggettivare la propria condizione e a vedersi dall’esterno sia allo stesso tempo un grande traguardo ed il punto di partenza di un nuovo percorso che, in quanto tale, va celebrato. Guardarsi allo specchio e riuscire a vedere il proprio riflesso dall’esterno, dall’alto, indica la fine di qualcosa, o per lo meno il neutralizzarsi di un effetto che non esercita più alcun tipo di potere su di noi. E allora tutto diventa più nitido: i contorni vengono tracciati e le sfumature sono ben visibili: non possono più sfuggire al nostro controllo né tanto meno vincerci. E così si è pronti per rimettersi in cammino e ricominciare: come si vuole, con più consapevolezza di sé e, soprattutto, forza. Inizia un nuovo viaggio ed una nuova metamorfosi. “The Ghost of my Past” per me è un’impronta lasciata sul sentiero del  passato per camminare sul filo di un presente inedito.

Come nasce il tuo stile musicale, così sui generis e ricco di contrasti?

Nasce sicuramente dall’istinto e da un’incontrollata voglia di portare fuori qualcosa che sento dentro: a volte come un peso a volte no. Può essere immediato come richiedere qualche minuto di riflessione in più per assumere una forma. È un processo abbastanza spontaneo che termina, nella maggior parte dei casi, in un inconscio contrasto stilistico tra musica e parole. Tendo a cambiare idea spesso e dimostrarmi anche un po’ ambivalente. Essendo una persona parecchio impulsiva ed assecondando sempre il lato “emozionale” delle cose, uso l’istinto come una sorta di guida per esplorare il terreno della mia arte.

Musica, scrittura e filosofia vanno di pari passo per te. A quale corrente di pensiero ti senti più vicina?

Su due piedi, direi idealismo trascendentale kantiano e fenomenologia. Entrambe per la loro priorità soggettivista ed il margine di apertura che lasciano alla realtà di svelarsi sotto nuove forme, commisurate alle nostre capacità di intenderle.

Vedi un album o un EP nel tuo futuro?

Forse sì, forse no. Ho tanti pezzi vecchi e nuovi che forse resteranno inediti o forse verranno inglobati in un progetto in particolare. Posso tuttavia anticipare che prossimamente uscirà un secondo brano, che sarà pubblicato sia in inglese che italiano. Si chiama “Overthinking” ed è molto diverso da “The Ghost of my past”.

Nella tua bio di Instagram c’è scritto “Two-faces Janus”. Cosa avete in comune tu e Giano Bifronte?

La divergenza tra forma e contenuto, tra ciò che sembra e ciò che è, che si ritrova in tutte le cose. Il mondo appare sotto vesti diverse a seconda dei punti di vista da cui lo si guarda, che si perdono in un relativismo infinito. Tuttavia, il bello è proprio quello: andare dentro quelle determinate prospettive, scavarci dentro e scoprire tutto l’altro che c’è dalla parte opposta di esse.

Ascolta La Plastique nella playlist di Indie Italia Mag!