
Illustrazione di: Michela Di Cecio
Lentamente, mi racconto dentro una lettera | Fuoriposto
LETTERA
Definizione: Comunicazione scritta, diretta a una o più persone nell’ambito di rapporti privati o di ufficio.
“Cara Pierina, ma tu, per quanto inaridita e quasi cinica, non sei alla fine della candela come me. Tu sei giovane, incredibilmente giovane, sei quello che ero io a vent’otto anni quando, risoluto di uccidermi per non so che delusione, non lo feci – ero curioso dell’indomani, curioso di me stesso – la vita mi era parsa orribile ma trovavo ancora interessante me stesso. Ora è l’inverso: so che la vita è stupenda ma che io ne sono tagliato fuori, per merito tutto mio, e che questa è una futile tragedia, come avere il diabete o il cancro dei fumatori.
Posso dirti, amore, che non mi sono mai svegliato con una donna mia al fianco, che chi ho amato non mi ha mai preso sul serio, e che ignoro lo sguardo di riconoscenza che una donna rivolge a un uomo? E ricordarti che, per via del lavoro che ho fatto, ho avuto i nervi sempre tesi e la fantasia pronta e decisa, e il gusto delle confidenze altrui? E che sono al mondo da quarantadue anni ? Non si può bruciare la candela dalle due parti – nel mio caso l’ho bruciata tutta da una parte sola e la cenere sono i libri che ho scritto.
Tutto questo te lo dico non per impietosirti – so che cosa vale la pietà, in questi casi – ma per chiarezza, perchè tu non creda che quando avevo il broncio lo facessi per sport o per rendermi interessante. Sono ormai aldilà della politica. L’amore è come la grazia di Dio – l’astuzia non serve. Quanto a me, ti voglio bene, Pierina, ti voglio un falò di bene. Chiamiamolo l’ultimo guizzo della candela. Non so se ci vedremo ancora. Io lo vorrei – in fondo non voglio che questo – ma mi chiedo sovente che cosa ti consiglierei se fossi tuo fratello. Purtroppo non lo sono. Amore.”
L’ultima lettera di Cesare Pavese a Romilda Bollati, Agosto 1950.
Illustrazione di: Chela_ illustrations
LENTAMENTE, MI RACCONTO DENTRO UNA LETTERA
Ho imparato a mie spese
Che i sogni li stringi
O li lasci volare come palloncini
Che c’è differenza tra esistere ed essere vivi.
Quindi rispettiamo il patto e non telefoniamo
E lascia stare l′imbarazzo quando ci incontriamo
Nessuno potrà mai portare via quello che abbiamo.
Malgrado tutto è una vita che ti penso
Questo rancore marcio che le porto contro
Non va più via da quando Diego è morto
Questa città non è più mia perché non è la tua.
Aspettando che cambiasse il mondo
O che cambiassi tu
Sono cambiato io
E senza accorgermene
Adesso sono di destra.
Piangermi addosso, voltarmi indietro
Forse ha avuto senso, mo conosco me stesso
Dirmi chi sono, dirti chi ero.
Quando esco ondate di clacson frenate urla immonde
E ululanti fantasmi sfavillano tra il cielo e i portici.
È come na storia d’amore
Certe volte bisogna fare tabula rasa
Anche solo per riscegliersi.
Siamo in tanti, seduti distanti
Arrivati in orari distinti
E tutti quanti convinti
Di essere arrivati per primi.
Ho tutti i pelucchi dei calzini sui piedi e penso alla nonna,
A quando mi portava al mercato e io ero solo un bimbo cicciottello e rotondo
Che si aggirava mano nella mano a questa donna meravigliosa e mediterranea.
Quando dico “loro” intendo “noi”
Quando dico “noi” intedo solo me
Che mi dico in una lettera
Non piaci a nessuno e sarai salvato
Quando dico “ora” intendo “poi”
Quando dico “poi” intendo “quasi mai”.