Di Alessandra Ferrara
Attendi lì in coda con mille aspettative credendo già in principio di sapere quale canzone ti emozionerà di più, quale invece non farà una piega al tuo stato d’animo, non sapendo che forse da lì a pochi minuti potrebbe succedere anche il contrario. Ti trovi lì ad aspettare con tanti altri che non vedono l’ora di cantare a squarciagola tutta la scaletta: forse questo è uno dei motivi che ha stimolato la mia curiosità nello scoprire il pensiero di altri “miei simili” sull’artista che da lì a poco dovrebbe avere il potere di cambiarti la giornata.
Ho assistito al live di Calcutta del 20 gennaio al Mediolanum Forum e ho posto delle domande ai fan per conoscere l’artista attraverso le parole dei suoi supporters.
Mainstream è il classico album indie, genuino, un po’ nostalgico come il suo autore, come il primo amore: non si scorda mai! E’ come una pianta sempreverde perché riesce ad emozionare sempre anche a distanza di anni. Vi è difatti un filo conduttore con Evergreen, l’album del momento, anche se forse in realtà è una nuova nostalgia, se di nostalgia si può parlare, matura, pensata. Insomma, Mainstream è un Evergreen ed Evergreen è un Mainstream.
Nonostante lo spazio, il palco dell’Arena di Verona è l’Edo dei circoli. Atmosfera raccolta, lui con il pubblico ed il pubblico con lui, lì ad un passo pronto ad esprimere le proprie gioie o amarezze. La grandezza è solo una dimensione mentale, per Edo è come stare al bar con gli amici.
Un po’ di genialità allo stato puro mista a voglia di farsi apprezzare attraverso le proprie canzoni e non per il personaggio interpretato. Non è da sottovalutare il fatto che lo stereotipo che si crea intorno a te forse genera molta popolarità e perché no, anche curiosità di conoscere chi c’è davvero dietro “Calcutta”.
C’è chi cita “Oroscopo” per le sue sonorità reggae e per le emozioni che evoca. ”Cosa mi manchi a fare” come medicina per cuori spezzati. “Frosinone” per la sua semplicità e tagliente veridicità. “Pomezia” per la sua delicata dolcezza. Al contrario la nuovissima “Rai” è un po’ “una corsia di un ospedale”, la stessa “Milano” perché è una sorta di inno per chi vive in una città che non è la sua.
La risposta è una domanda: come fa a non essere un’emozione?! Puoi stare mesi a non ascoltarlo, al punto da non sopportare più neanche una nota. Ma appena riparte un pezzo, la nostalgia, il ricordo trasforma tutto in un’emozione perché tutti abbiamo negli occhi una botte che perde. Forse aggiungerei anche sul cuore, ma cerchiamo sempre un pretesto per lasciarci andare e abbandonare i nostri pensieri che si infrangono come il mare sulla battigia.
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