Di Benedetta Minoliti
Erre marcata e street style. Sono questi i marchi di fabbrica di Pietro Giay, 22enne di Torino. Studente di filosofia nel quotidiano, cantautore per passione, e direttore artistico di Sofa So Good nel tempo libero.
Dopo aver girato mezza Italia, portando nei bar la sua musica, lo scorso 26 novembre ha pubblicato il suo primo Ep, “Cose a tre”, che racconta le vicende di Anita, Sophia e Pablo. Tre sconosciuti, con personalità diverse, si incontrano per la prima volta, ma è come se si conoscessero da sempre.
Ciao ragazzi! Ci sono nato immerso nella musica. Dodici anni dopo ho iniziato a suonare il basso e cantare nelle prime band rock adolescenziali. Qualche anno più tardi irrompe nella mia vita la chitarra acustica e la canzone d’autore.
Presi singolarmente sono tre persone diverse, ognuna con la propria storia da raccontare e che ad un certo punto si attorciglierà a quella delle altre in una “Cosa a tre”. In realtà, immagino questa “Cosa a tre” non tanto come un vero e proprio threesome quanto più come la tripartizione dell’anima di cui filosofi e psicologi ci parlano da più di 2 millenni.
Dunque, nell’insieme, Anita, Sophia e Pablo sono tre personalità che convivono in una stessa persona con pregi, difetti e contraddizioni che la caratterizzano: i tre lati di un triangolo, scaleno, irregolare, imperfetto come tutti noi.
Pablo, delle tre, è quella a cui tengo di più, la storia più personale e quella che più mi fa emozionare quando la canto dal vivo (sì perché ci si emoziona anche sopra il palco). Sono anche molto soddisfatto del sound che abbiamo creato in studio con l’aggiunta dei chitarroni distorti per mano del mio grande amico Domi che creano un bel contrasto con l’intimità della canzone per lo più chitarra e voce.
Sulla carta non era un video facile da girare trattandosi di un piano sequenza (unica ripresa) di 3 minuti molto movimentato, ma con l’aiuto di Giorgio Blanco e la partecipazione di altri amici siamo riusciti a cavarcela in pochi tentativi.
L’abbiamo girato fuori e dentro una delle sedi dell’università, Palazzo Nuovo, nome autoironico tanto quanto la canzone dato che in realtà è una delle strutture più vecchie di UniTo, costruito a fine anni 60. Nonostante i molti difetti la facoltà si affaccia sulla Mole Antonelliana, che dalle giuste aule è possibile ammirare anche a lezione.
Non ne vado né fiero né lo considero un handicap. La mia erre è così e me la tengo. Molte persone negli anni mi hanno consigliato di correggere questo “difetto” dal logopedista ma penso che potrei avere una crisi d’identità. Mi piace pensarla come l’hai appena chiamata, un “tratto distintivo”.
Direi molto, Sophia è la prova più evidente ma ho scritto anche altre canzoni ispirate da letture o riflessioni filosofiche, che presto spero sentirete. Purtroppo Sophia mi inchioda allo stato di “studente di filosofia” e potrò laurearmi solo quando sarò stanco di cantarla 🙂
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