A due anni dal suo primo EP “Cielo Incerto”, Umberto Ti. torna con “Alaska”, primo album che vede di nuovo la produzione artistica di Giuliano Dottori.
Un’evoluzione, rispetto al lavoro precedente, che si nota soprattutto nelle sonorità rock e alternative, con l’inserimento di chitarre elettriche e batteria. Un suono diretto, con riff più corposi ad enfatizzare i testi del cantautore.
Umberto Ti. è legato alla tradizione cantautorale italiana, ma in questo nuovo lavoro strizza l’occhio anche al rock, all’indie e al pop, con un approccio personale alla metrica e alla lingua italiana.
L’approccio che ho adottato con il mio nuovo album “Alaska” è stato quello di lavorare per immagini, perché aevo in mente un’atmosfera “Americana”, con motel desolati, piscine abbandonate, laghi e t-shirt scolorite.
Rispetto al mio primo Ep, “Alaska” è un album vero e proprio composto da nove canzoni. Abbiamo lavorato molto inserendo parti di pianoforte, Mauro Sansone ha suonato una batteria compressa e Alexya Salari ha fatto i cori su alcuni pezzi. Insomma, ci sono molti più elementi rispetto al primo disco.
Con Giuliano Dottori oltre che una collaborazione professionale ormai è nata un’amicizia. Noi due viaggiamo sulla stessa lunghezza d’onda musicale, che ritengo una cosa molto importante tra produttore e musicista, e con i suoi arrangiamenti è riuscito ancora una volta a tirare fuori l’anima che cercavo nelle mie canzoni.
Giuliano ha regalato a questo disco l’eleganza che desideravo.
Il titolo “Alaska” non ha molto a che vedere con il luogo geografico, l’unica cosa che forse c’è in comune è che su alcune canzoni racconto di relazioni che possono avere a che fare con il freddo dell’anima. Sono partito da questo nome perché avevo visto un film italiano intitolato “Alaska”, un nome di un club che racconta una storia sentimentale molto forte e carnale.
I temi che tratto sono relazioni personali passionali, sogni intimi, che ognuno di noi porta con sé.Alaska è metafora del ritrovarsi dentro luoghi abbandonati. Se ci pensi bene i personaggi delle mie storie si amano dentro luoghi desolati come motel, roulotte, vecchie stanze, ma anche dentro sogni lontani.
L’amore forse è una via per poter arrivare a raccontare anche altre cose. Nelle mie canzoni parlo molto delle relazioni umane, è vero, ma è anche il modo di raccontare uno stato d’animo, un conflitto interiore che magari ognuno di noi porta dentro. Posso definire le situazioni che racconto come una battaglia sociale con cui ogni giorno, dobbiamo fare i conti.
Padova è una città ricca di locali dove poter suonare. Si possono trovare piccoli club, ma si organizzano anche dei bei festival, basti pensare allo Sherwood. Ci sono molti gruppi e cantanti conosciuti che sono di Padova. Insomma, c’è una bella energia e molte opportunità di esibirsi.
Oggi più che mai c’è molta attenzione sul mondo del cantautorato italiano.
Si parla molto di indie ma non so se il mio genere si possa definire proprio così in quanto attingo molto dal rock anni ’70.
Ci sono molte contaminazioni. Mi piace intrecciare il cantato quasi recitato con il rock, guardo più ad un sound americano che viene dagli anni ’70, al folk. Sono legato alle origini del cantautorato italiano, cerco a mio modesto modo, di portarlo avanti con rispetto ed eleganza.
I miei punti di riferimento sono i grandi cantautori italiani come Fabrizio de André, Francesco de Gregori e Francesco Guccini. Questi grandi maestri mi hanno completamente colpito con i loro diversi modi di comunicare, di descrivere la società. Da qui ho cominciato a conoscere Claudio Lolli, Piero Ciampi, Ivan Graziani, insomma dei veri e propri filosofi di pensiero.
Per quanto riguarda la musica internazionale i miei riferimenti sono i The Verve, Oasis, Radiohead, Nirvana, fino ad arrivare ai Counting Crows e al mio mito Elliott Smith. Questi ultimi artisti citati hanno influenzato molto questo mio ultimo Album. Nel panorama italiano mi hanno ispirato Afterhours, Marlene Kuntz e CSI.
Diciamo che sono legato un po’ a tutti i brani ma in particolare a Bugie che è il primo singolo estratto dall’album, è un brano ermetico, una ballata acustica piena di sottofondi fatti di feedback, chitarre slide e shoegaze. Ho voluto dargli un taglio psichedelico vicino ai My Bloody Valentine.
Le storie che racconto in “Alaska”, ma che poi è il mio modo di approcciarmi alle canzoni, partono da relazioni sentimentali che poi diventano metafora di sogni, ricordi, immagini, che nella vita riaffiorano in noi. L’album è accompagnato da uno stato d’animo che oscilla tra il sognante e il carnale.
Si, è vero, c’è irrequietudine e tormento nei miei testi, ma è un modo per trovare anche nelle storie più difficili la bellezza. Tutto questo processo avviene in maniera naturale, come un fiume in piena che poi trova la via del mare.
Posso dire che sto lavorando già a nuove canzoni, ma l’obiettivo ora è di portare il mio nuovo album in giro per i locali della provincia insieme all’amico Leonardo che mi accompagna con la sua chitarra elettrica.
Di Stefano Giannetti 23 dicembre 2023, mattina «Sì, vabbè. Se dovevo parlare da sola, venivo…
Scappare è un sintomo di paura, andare via può essere invece l'unica soluzione che rimane…
L'Ep di esordio di Numb, cantautore veronese, porta il nome di un consiglio, della speranza…
Arriva da Parma una ventata d'ottimismo e forte energia positiva grazie a "Bellissimo", terzo album…
"Please stay. I want you, I need you, oh God. Don't take. These beautiful things…
Un ponte è una costruzione che unisce due sponde di un fiume, attraversarlo significa quindi…